Segnalazioni Letterarie | “Chi dà luce rischia il buio” di Giulia Ciarapica | Le recensioni di aprile 2023 | Recensione di Alberto Raffaelli

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In questo romanzo, seguito del suo esordio “Una volta è abbastanza”, piccola e grande Storia approfondiscono il proprio intreccio, con una saga circoscritta ma al contempo impregnata di echi provenienti da orizzonti sempre meno remoti. Vengono narrate, secondo un andamento diaristico che accosta particolare e generale, le vicende della famiglia Verdini e il costituirsi – in un frangente tardivo ma cruciale del boom economico italiano – di quel “modello marchigiano” fattosi poi paradigma di un’economia basata su aziende medio-piccole e distretti produttivi specializzati.

A suo modo “Chi dà luce rischia il buio” è perciò inquadrabile anche nel  filone della letteratura industriale, smascherando tuttavia con puntuale realismo le contraddizioni di qualsiasi supposta “età dell’oro”, qui ritratta nei termini di incipiente avvenire che pare ancora da assaporare nella sua interezza, per quanto ne appaiano già valori e dinamiche: su tutti la nettezza dei contrasti (omologa a quella della composizione sociale) e il principio di una ricchezza indotta dal lavoro nobilitante (e non dall’asettica e astrusa volubilità della finanza globale).

Ma il libro è anche un’attenta analisi biografica, che accomuna persone case e strade in una ricostruzione delle proprie radici, elevando il borgo a personaggio (anche grazie a vivaci incursioni dialettali, foriere di un sapido “lessico famigliare”  dall’effetto realistico) su uno sfondo però quantomeno nazionale che si erge quasi come sempre più inevitabile convitato di pietra, reagente in base al quale commisurare abitudini e modalità inveterate.

La Storia resta un panorama da osservare e certo da non ignorare (magari con uno spirito diverso dalla canzonatura con cui i tre padroni brindano dal terrazzo, di mattino, mentre gli operai sotto di loro manifestano), sempre però ricordando – pur nella rilevanza della dialettica piccolo centro-grandi avvenimenti che lì arrivano inevitabilmente solo di rimbalzo – che questo piccolo mondo moderno ha un cuore orgoglioso e un nucleo a suo modo irriducibile, “una cattiveria che non si amalgama con il resto. La provincia espande il suo potere in modo costante: trattiene, solleva, separa dall’interno e quando occorre espelle”.

Ma al di là delle costanti antropologiche che pure Ciarapica tiene a sottolineare, ci sono i sentimenti, sempre fluttuanti e modernamente tesi – secondo le parole dei protagonisti più giovani – al credere solo nelle cose che piacciono: anche se un’atmosfera seventies da Gioia e Rivoluzione si percepisce appena, lontana nello spazio, il racconto dosando stilisticamente tra sfera collettiva ed individuale concede spazio pure a scampoli di romance.

La trama scorre liscia su elementi topici quali l’amore contrastato per ragioni di classe, gli ingenui entusiasmi giovanili, la concorrenza sleale e, su tutti, le incomprensioni familiari (le cui origini precedono il benessere, che ha solo aggravato frustrazioni e risentimenti): che “Ogni famiglia [sia] preda di se stessa” è il fulcro psicologico e anche ideologico delle vicende, dato che quelle familiari si sovrappongono in buona parte a quelle della fabbrica. L’ambiguità dello statuto familiare è dichiarato da passi come il titolo montaliano, ribadito in corso d’opera – “La luce è piena di ombre, e se esistono le ombre è lì che la luce splende più forte. Sta a loro stabilire chi sia la luce e chi l’ombra” –: dal che si può dedurre come principio generale quanto l’eccesso di amore/razionalità/produttività sia destinato a generare effetti contrari, con un riflesso che dalla dimensione domestica si proietta su di un’imprenditoria ancora non rampante.

In “Chi dà luce rischia il buio” del resto tutto è rapportato a una misura che – lungi da qualsiasi tentazione d’indagine storico-sociologica – persiste nel frapporre fra sé stessa e il resto del mondo metaforici “ermi colli” e siepi che – se non schermano – perlomeno attutiscono le novità. Un esempio: Casette d’Ete è “pronta a schierarsi dalla parte di chi vuole la rivoluzione, ma solo per ricordargli quanto sia difficile andare lontano”; e a seguire: “Si può scappare dalla verità ma non si può fuggire dalla provincia. La provincia è dentro, come un fantasma che ossessiona e divora i suoi figli in qualunque tempo”. Latente e insidiosa soggiace l’idea di un microcosmo matrigno (Recanati è poco lontana) da cui si vorrebbe fuggire (e si fugge anche), ma egualmente imprescindibile, luogo di un’anima che inizia appena a confrontarsi con le reificazioni dell’industrialesimo avanzato.

Tuttavia, probabilmente proprio grazie alle incomprensioni con una realtà che comunque si sente scorrere (emblematica l’icastica frase a proposito di una delle protagoniste, “Possiamo dire quello che Bianca non è”, riecheggiante uno dei versi più aforismatici di Montale: “ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”, tra le riprove di una non sottovalutabile filigrana letteraria nella Ciarapica lettrice accanita e bookblogger tra le più efficaci in circolazione), attraverso la fatica di elaborare lutti vecchi e nuovi, e tra le sfide che accavallano i non detti della disgregazione familiare e le difficoltà di un destino imprenditoriale cosparso di insidie, in fondo a ogni sviluppo possibile appare una seppur faticosa certezza: nulla sarà più come prima. Questo il messaggio che trapela da un finale che, sospeso tra le evoluzioni e i cicli della vita ed evitando facili escamotages consolatori o al contrario distruttivi, prepara forse un auspicale, ulteriore sequel.

Alberto Raffaelli

Il libro:

Giulia Ciarapica, “Chi dà luce rischia il buio”, Milano, Rizzoli, 2022

https://amzn.eu/d/3xhfK5x

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