Claudio Chiavari, scrittore, ci presenta il suo romanzo “Per i sogni non ci sono segreti”  | INTERVISTA

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Ciao Claudio, benvenuto e grazie per aver accettato il nostro invito. Come ti vuoi presentare ai nostri lettori che volessero sapere di te quale scrittore?

Buongiorno a voi e a tutti i lettori. Come presentarmi quale scrittore? È il modo migliore che ho per esprimere le mie emozioni, i miei sentimenti, la mia fantasia e le mie idee. Scrivere, per me, è anche terapeutico perché quando racconto di me stesso o di altri cerco sempre di dire, prima di tutto a me stesso, quello che penso, quello che provo, quello che sono e quello che vorrei essere.

Come nasce la tua passione per scrittura e per i libri? Chi sono stati i tuoi maestri e quali gli autori che da questo punto di vista ti hanno segnato e insegnato ad amare i libri, le storie da scrivere e raccontare, la lettura e la scrittura?

Devo incominciare nel raccontare dei miei diari. Ero adolescente e nascondevo tra gli scaffali della libreria della mia camera da letto un diario sul quale scrivevo ciò che mi succedeva giorno dopo giorno. Nello stesso periodo mi sono innamorato di Ignazio Silone, quando la professoressa di Italiano ci assegnò la lettura di “Fontamara” durante le vacanze natalizie. Frequentavo la terza media e credo che da lì sia nato tutto. Ma il colpo di grazia me lo ha inflitto il mio professore del Ginnasio, il quale mi ha fatto amare la letteratura: ci recitava, nel vero senso della parola, le poesie e i brani dei più grandi autori dell’Ottocento, da Leopardi a Manzoni. Avevo solo quindici anni. Però, ho dovuto aspettare tanti anni prima di decidere di tirare fuori dal cassetto tutto quello che avevo gelosamente custodito perché non fosse scoperto. La maturità e la piena accettazione di quello che sono mi hanno dato il coraggio. Avevo quasi cinquant’anni e tra le mie mani erano passati i libri di migliaia di scrittori, italiani e stranieri, che hanno formato la mia coscienza e consapevolezza di scrittore.

Ci parli del tuo libro, “PER I SOGNI NON CI SONO SEGRETI”, pubblicato quest’anno? Come nasce, qual è l’ispirazione che l’ha generato, quale il messaggio che vuoi che arrivi al lettore, quale le storie che ci racconti senza ovviamente fare spoiler?

Con “Per i sogni non ci sono segreti” ho parlato di me in prima persona. Non come negli altri libri dove Claudio appare o scompare tra le pieghe di qualche personaggio. In quest’ultimo libro parlo di me attraverso l’esperienza che ho fatto percorrendo a piedi gli ultimi cento chilometri della via Francigena in solitaria. I sentieri e tutto quello che ho vissuto tra Viterbo e Roma in sei giorni che rimarranno scolpiti nella mia memoria. Ma non sono io in prima persona a parlarne, bensì la mia Testa e i miei Piedi, in un dialogo serrato tra di loro che mette, almeno spero, in risalto il fatto che in noi stessi e nella società non ci si deve esclusivamente fidare delle sole proprie forze, ma si deve essere umili nel chiedere supporto a chi ci sta attorno. Spero di riuscire a trasmettere le riflessioni che ho fatto durante quell’esperienza.

Chi sono i destinatari che hai immaginato mentre lo scrivevi?

Chi, come me, ama camminare per conoscersi meglio e conoscere meglio i luoghi che attraversa. Nel mio libro non ci sono solo riflessioni (che a volte rasentano la filosofia), ma anche brevi descrizioni dei luoghi ho attraversato (la Tuscia), sperando di incuriosire qualche lettore ad andare a visitarli. Questa volta, però, la prima persona alla quale ho pensato mentre scrivevo ero io, perché ho intrapreso la via Francigena, una sfida che posso orgogliosamente dire di aver vinto, a giugno del 2020, immediatamente dopo l’apertura dal primo lock down per il Covid.

«… mi sono trovato più volte a riflettere sul concetto di bellezza, e mi sono accorto che potrei benissimo (…) ripetere in proposito quanto rispondeva Agostino alla domanda su cosa fosse il tempo: “Se nessuno me lo chiede, lo so; se voglio spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so.”» (Umberto Eco, “La bellezza”, GEDI gruppo editoriale ed., 2021, pp. 5-6). Per te cos’è la bellezza? La bellezza letteraria, della poesia e della scrittura in particolare, la bellezza nell’arte, nella cultura, nella conoscenza… Prova a definire la bellezza dal tuo punto di vista. Come si fa a riconoscere la bellezza secondo te?

La bellezza è qualcosa che si custodisce dentro ognuno di noi. Io ho una sensibilità maggiore per un genere letterario, per una corrente culturale oppure per una scuola d’arte. Ma non sono né migliore né tantomeno peggiore di chi ha gusti diversi dai mei. La bellezza sta nelle diversità, nelle differenze e, soprattutto, nella conoscenza di quanto io pensi non mi piaccia. Perché nel momento che ho l’opportunità di conoscere qualcosa che penso non faccia per me, magari è la volta buona che mi accorgo che mi piace anche ciò che non credevo. La bellezza è essere semplicemente se stessi.

«Io vivo in una specie di fornace di affetti, amori, desideri, invenzioni, creazioni, attività e sogni. Non posso descrivere la mia vita in base ai fatti perché l’estasi non risiede nei fatti, in quello che succede o in quello che faccio, ma in ciò che viene suscitato in me e in ciò che viene creato grazie a tutto questo… Quello che voglio dire è che vivo una realtà al tempo stesso fisica e metafisica…» (Anaïs Nin, “Fuoco” in “Diari d’amore” terzo volume, 1986). Cosa pensi di queste parole della grandissima scrittrice Anaïs Nin? E quanto l’amore e i sentimenti così poderosi sono importanti per te e incidono nella tua scrittura, nella tua arte e nel tuo lavoro?

Premetto che sono ben cosciente che è semplice parlare quanto è difficile fare. Credo che “vivere al tempo stesso fisica e metafisica” sia il massimo che si possa chiedere a una vita equilibrata ma al tempo stesso squilibrata. Equilibrata perché i fatti (la vita fisica) permettono di razionalizzare, squilibrata perché le emozioni (la vita metafisica) generano per natura il caos. Ma insieme, i fatti e le emozioni riuscirebbero a creare delle montagne russe perfette dentro di ognuno di noi. Sarebbe bello riuscirsi in ogni momento della nostra vita, ma non è semplice e, onestamente, io ci sono riuscito poche volte perché c’è sempre stato uno dei due elementi che ha prevalso sull’altro. Per questo, quando scrivo (e soprattutto quando mi rileggo dopo le innumerevoli versioni dei miei racconti) mi rendo conto che ormai dentro di me l’amore e i sentimenti hanno assunto connotazioni molto più razionali di qualche anno fa. Ma, vi assicuro, che il caos della vita metafisica è ancora bello vivo.

Ci parli dei tuoi imminenti e prossimi impegni culturali e professionali, dei tuoi lavori in corso di realizzazione? A cosa stai lavorando in questo momento? In cosa sei impegnato che puoi raccontarci? Dove potranno seguirti i nostri lettori?

Il Salone Internazionale del Libro di Torino, dove sarò presente insieme agli altri autori di SBS allo stand… Poi incomincerò a muovermi in giro per l’Italia per promuovere il libro. Prendo sempre come scusa la presentazione di un mio libro per andare a trovare i vari amici che ho sparsi in giro per l’Italia. Ovviamente, come nelle migliori tradizioni, sto elaborando mentalmente la prossima storia che vorrò raccontare e della quale posso solo accennare che non sarà ambientata in un luogo più o meno circoscritto, ma toccherà vari punti della penisola italiana.

Ogni venerdì, sul sito www.SenzaBarcode.it, potrete seguirmi nelle passeggiate che faccio settimanalmente alla scoperta dei posti meno conosciuti di Roma.

Come vuoi concludere questa chiacchierata e cosa vuoi dire a chi leggerà questa breve intervista?

Voglio concludere con una frase che mi accompagna da anni. È tratta da un libro che ho amato tanto e, ogni tanto, riapro per farmi travolgere dalle emozioni che mi trasmette: “Abbiamo ancora troppe mine da restituire a Dio” (Due Amici di Carlo Mazzoni). Il significato? La vita è troppo bella per lasciarsela scappare di mano e non sfogliarla giorno dopo giorno.

Claudio Chiavari

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Claudio Chiavari

Il libro:

Claudio Chiavari, “Per i sogni non ci sono segreti”, SBS edizioni, Roma, 2023:

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Andrea Giostra

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Andrea Giostra al mercato di Ballarò a Palermo_Ph. Mapi Rizzo