Acamante e Fillide: il mito del  mandorlo in fiore | di Giuseppe Storti

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Oggi vi racconteremo una storia d’amore tenera ed emozionante. Così come lo è la mitologia greca, che ci tramanda leggende e miti, che trovano comunque un riscontro nella realtà. Perché spesso la realtà batte anche la fantasia, La mitologia greca ci riporta spesso storie d’amore. Sì, perché l’amore è l’alfa e l’omega dell’universo: l’inizio e la fine. Ed i sentimenti sono l’unica arma che abbiamo per illuminare un passaggio d’epoca che sembra dominato  dai rapporti che evaporano nello schermo di un pc o di uno smartphone. Ovvero, tutto il contrario del rapporto amoroso, che si nutre di sguardi, di abbracci, di contatti tra due corpi che si desiderano, unendosi infine nell’afflato d’amore. La storia che vi racconteremo è conosciuta come il mito del mandorlo in fiore. Un mito narrato da uno dei più conosciuti poeti e scrittori greci: Omero. Un vero mito per ogni amante della letteratura greca, di cui rappresenta il cantore per antonomasia, avendo lasciato ai posteri due poemi epici tra i più noti al mondo della grande cultura classica tramandata dalla Antica Grecia. Ci riferiamo ovviamente all’Iliade ed all’Odissea: capolavori cult conosciuti in tutto il mondo. Di sicuro Omero vanta un altro record mai messo in discussione, in quanto resiste al di là del tempo. È l’autore più studiato da secoli nelle scuole di ogni parte del mondo. Ma chi sono i personaggi del mito del mandorlo in fiore? Acamante e Fillide. Lui, un eroe della guerra di Troia: un soldato valoroso e forte, figlio di Fedra e Teseo. Lei la bellissima principessa Fillide, conosciuta durante una sosta in Tracia, dove viveva. Come spesso accade nelle migliori e più belle storie d’amore, bastò che lo sguardo dei due giovani si incrociasse, per far scattare la scintilla d’amore, ben presto tramutatasi in un incendio. Ma il destino di Acamante, come quello degli eroi di cui narra le gesta Omero, era segnato. La guerra di Troia lo attendeva con il suo carico lugubre di morti e di scontri tra i due eserciti fino alla vittoria. Così i due giovani innamorati dovettero separarsi. Fillide venuta a sapere della caduta di Troia, non avendo notizie della sorte del suo amato, da ben dieci anni, nonostante scrutasse il mare ogni giorno, speranzosa di veder apparire all’orizzonte la nave del suo amato, si convinse che fosse morto. Questa falsa convinzione la portò ad uno stato di disperazione, tanto da lasciarsi volontariamente morire. Ma nella mitologia greca gli dei osservavano in maniera serrata le vicende umane. Ed infatti la dea Atena, si commuove nell’apprendere il triste epilogo della storia d’amore tra i due giovani. Per cui trasforma la bella principessa Fillide in un mandorlo. Quando Acamante apprende della sorte della sua amata, si reca nel luogo dove sorgeva il mandorlo, ed al culmine del dolore e della passione mai sopita, abbraccia l’albero simbolo dell’amore di Fillide, Ed ecco che l’amore riesce con la sua forza misteriosa a superare i confini del tempo, dello spazio, e della morte. Infatti l’amore di Fillide risponde a quell’abbraccio facendo sbocciare piccoli ma delicati fiori bianchi dagli spogli rami, segno del suo grande amore per il giovane guerriero. Una storia delicata all’insegna della speranza verso il futuro. Una storia d’amore tra le più commoventi della mitologia greca, ricca di amore ma anche di delicatezza e speranza. Ancora oggi, secondo il mito che si tramanda nei secoli, l’abbraccio fra i due innamorati è visibile in primavera, quando i rami dei mandorli fioriscono, a testimoniare l’amore eterno dei due giovani. Infatti i  fiori di mandorlo sono i primi a sbocciare in primavera, spesso  anche nell’inverno inoltrato. Per questo sono il simbolo  della speranza,  della rinascita della natura,-dopo i mesi invernali- che si risveglia al risorgere della primavera. Anche se questi piccoli ma bellissimi fiori sfioriscono nell’arco di pochi giorni,  rappresentano anche la delicatezza e la fragilità di quell’abbraccio trai i due innamorati che si ripete e si mostra a tutti noi, nel suo splendore come un velo bianco che avvolge i rami, intrecciandoli, testimoniando così che l’amore  vero come quello tra i due amanti è eterno.

Giuseppe Storti

Giuseppe Storti

CREDIT:

Fonte foto: Bene inserito nel registro LIM della Regione Sicilia (Luoghi del Sacro) – Settore “I Luoghi del mito e delle Leggende”

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Giurista di professione, giornalista per passione. Per oltre 30 anni ha lavorato in ruoli direttivi e dirigenziali in varie Pubbliche Amministrazioni della Campania. Iscritto all’Albo dei giornalisti, elenco pubblicisti della Campania dal 1982. Pratica con il “Mattino di Napoli”, per il quale è stato collaboratore per decenni. Direttore del settimanale “Casoria due” per otto anni, nonché di tanti altri periodici locali e regionali. Vasta e qualificata esperienza in materia di comunicazione istituzionale. Fondatore del “Giornale di Casoria” nel 2010. Appassionato e cultore di storia locale. Cura diverse pagine social dedicate alla storia della sua città natale: Casoria ed un blog (giusto1960.wixsite.com/website). Nel mese di febbraio 2021 ha pubblicato per Guida Editore il libro “IL TEMPO FERMO”.Nel mese di giugno 2022 ha partecipato al premio letterario “ Emozioni 2022” indetto dalla Community TraLeRighe, con il racconto breve: “Sognando Segni”, conseguendo la Menzione d’onore. Nel 2022 ha partecipato alla Quarta Edizione del Concorso nazionale di Poesia “ Dantebus”. Inoltre, di recente, è risultato vincitore del concorso letterario “Raccontami una vita”, indetto dalla Casa Editrice Ufficiale della Biblioteca Biografica d’Italia di Arezzo, nella sua prima edizione storica con la biografia del proprio genitore, conseguendo altresì la qualifica di Biografo ufficiale della Biblioteca Biografica d’Italia, che si propone lo scopo di salvaguardare la memoria collettiva dell’Italia e degli italiani ovunque nel mondo. Ama la lettura: “Chi è analfabeta a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni. C’era quando Abele uccise Caino, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito…. perché la lettura è un’immortalità all’indietro.” Umberto Eco.