Ciao Dario, benvenuto e grazie per aver accettato il nostro invito. Come ti vuoi presentare ai nostri lettori che volessero sapere di te quale scrittore?
Ho la passione per i libri e per la scrittura da quando avevo undici anni. Ho scritto il mio primo racconto a quindici anni. A 23 anni fui premiato, nel 1986, al “Premio Alessandro Manzoni per giovane Romanziere”, che aveva Carlo Bo e Lorenzo Mondo in giuria. Ho pubblicato il mio primo libro di narrativa nel 1987 a 24 anni.
Nella vita reale mi sono laureato in ingegneria e ho cominciato a lavorare come ingegnere, ma ho continuato nel mentre a leggere e scrivere. Mi sono appassionato ai libri di Kundera, Roth, Easton Ellis, Handke, Baricco e tanti altri, ho pubblicato fino a oggi otto libri.
Ho mantenuto l’interesse per la letteratura internazionale, anglosassone, nordica in particolare. Di me dico che da grande farò lo scrittore a tempo pieno, perché la mia aspirazione è quella di scrivere finalmente quel libro che vorrei tanto leggere e che ancora non ho incontrato.
Ci parli del tuo libro, “La casa in riva al male”, pubblicato quest’anno? Come nasce, qual è l’ispirazione che l’ha generato, quale il messaggio che vuoi che arrivi al lettore, quale le storie che ci racconti senza ovviamente fare spoiler?
“La casa in riva al male” nasce come pura reazione emotiva al terribile e inaccettabile “caso” di cronaca del 2002, in cui una mattina un bambino fu ucciso nel letto dei suoi genitori con ripetuti colpi alla testa.
Io fui molto colpito dalle figure di contorno del caso, al di là della madre: il padre-marito, il fratello del bambino, la psicologa, altre figure esterne, la famiglia della madre molto presente. Per cui ho deciso di provare a capire, attraverso lo sguardo profondo e intuitivo della scrittura, cosa potesse essere successo in quella casa, al di là dei fatti giudiziari e legali, ma provando a scavare nei sentimenti, nei pensieri, nelle emozioni, nelle storie dei protagonisti.
Sì, come in ogni libro, mi interessa scandagliare l’animo dei personaggi, i loro pensieri, le loro emozioni, le loro storie per provare a capire le motivazioni, i comportamenti.
È sempre come una sfida per me, un viaggio nell’ignoto, un’esplorazione.
Nell’invenzione letteraria de “La casa in riva al male” venti anni dopo l’uccisione del bambino un aspirante scrittore trova nella soffitta della casa in cui vive da tempo alcuni fogli manoscritti, che raccontano la storia di quel delitto.
Nelle pagine finali del libro viene finalmente identificato il luogo in cui la violenza nasce, proprio all’interno di una famiglia all’apparenza normale e felice, dove il peso della religione, il giudizio degli altri e la difficoltà a sentire amore opprimono e creano sofferenza.
Nel mondo degli animali e degli uomini la violenza si manifesta nelle coppie, nelle famiglie, nei rapporti quotidiani. La violenza affascina, attira. Noi tutti ci fermiamo a guardare come ipnotizzati gli atti di violenza. La violenza è percepita come fonte di piacere nei rapporti sessuali.
Si potrà mai accettare che un piccolo bambino debba essere ucciso per proteggere e salvare la sua stessa famiglia?
Chi sono i destinatari che hai immaginato mentre lo scrivevi?
Credo sia rivolto a lettori curiosi ed esigenti, che chiedono a un libro non solo conferme, ma se possibile qualche dubbio e qualche nuova idea.
Lettori che hanno voglia di mettersi in gioco, e che cercano nella lettura nuovi territori.
Tu hai scritto altri libri. Ci parli delle tue opere? Quali sono, come sono nate, quale il messaggio che contengono? Insomma, raccontaci delle tua attività letteraria, sia poetica che dei romanzi.
In realtà scrivo da quando avevo 15 anni, scrissi il mio primo racconto lungo che si intitolava “Il falso infinito”, e forse tendeva un po’ al tragico per un ragazzino di 15 anni, ma dall’età di undici anni mi ero letto tutta la biblioteca dei miei genitori, da Hemingway a Steinbeck, da Conrad Cronin, da Kafka a Sartre. Per cui ho continuato a scrivere e a leggere, e ho conservato questa abitudine fino ad oggi. Dopo il primo libro pubblicato nel 1987, che mi fece provare la vertigine della notorietà, vista la giovane età, ho continuato, libro dopo libro, a cercare di scrivere il mio libro “ideale”: un libro che emoziona e sorprende, così come sono quelli che mi conquistano. Nella “Pioggia rosa” del 1995 ho immaginato un mondo di storie che si interrompevano senza un finale, ne “Le luci del tempo nascosto” del 1998 ho immaginato la possibilità di fermare il tempo e di reinventarlo a proprio piacimento, in “Destiny control” del 2003 ho inaugurato i titoli in inglese, e ho immaginato un ingegnere che aveva inventato un metodo per controllare il destino delle persone, in “Love Killers” del 2014 ho cercato di capire dove stavano andando le storie d’amore nell’era liquida, attraverso i racconti di uno scrittore e gli omicidi di un serial killer che colpiva le protagoniste di questi racconti, in “Wuthering winds” ho cercato di indagare sul rapporto tra padri e figli, sulla capacità di amare e sul mondo dei segreti e delle verità nascoste. Ho appena finito di scrivere un nuovo libro, un noir-thriller ambientato in Val d’Orcia, dove ho casa, che narra di leggende e di misteri del luogo. Ho iniziato un secondo libro sequel di questo noir nelle campagne toscane. E poi ho come al solito tante altre idee per altri libri, perché se ora sono un ingegnere che scrive libri, da grande vorrei fare lo scrittore a tempo pieno.
«Io vivo in una specie di fornace di affetti, amori, desideri, invenzioni, creazioni, attività e sogni. Non posso descrivere la mia vita in base ai fatti perché l’estasi non risiede nei fatti, in quello che succede o in quello che faccio, ma in ciò che viene suscitato in me e in ciò che viene creato grazie a tutto questo… Quello che voglio dire è che vivo una realtà al tempo stesso fisica e metafisica…» (Anaïs Nin, “Fuoco” in “Diari d’amore” terzo volume, 1986). Cosa pensi di queste parole della grandissima scrittrice Anaïs Nin? E quanto l’amore e i sentimenti così poderosi sono importanti per te e incidono nella tua scrittura, nella tua arte e nel tuo lavoro?
Per me scrivere libri, raccontare storie è come immergersi in mondi e realtà sconosciuti, muoversi a tentoni, cercare e ricercare una luce, una guida, provare a capire. Quando si entra in questi luoghi inesplorati non si sa mai cosa si possa incontrare, a quel punto si deve essere pronti ad affrontare qualsiasi realtà, proprio come nella vita. Per questo nei miei libri, sono i personaggi, le storie a definire gli accadimenti, i sentimenti, i pensieri. Qualcuno ha detto che le emozioni umane come l’amore, l’odio, il dolore, la felicità, la paura, sono solo illusioni indotte da visioni del mondo precostituite. Per me la scrittura è come la vita, con tutte le sue contraddizioni e le sue incertezze, solo che magicamente non è più una sola, ma può essere tante. Per questo io penso che scrivere di sé, della propria vita, sia in qualche modo perdere l’occasione di vivere altre vite.
«Lasciate che vi dia un suggerimento pratico: la letteratura, la vera letteratura, non dev’essere ingurgitata come una sorta di pozione che può far bene al cuore o al cervello – il cervello, lo stomaco dell’anima. La letteratura dev’essere presa e fatta a pezzetti, sminuzzata, schiacciata – allora il suo squisito aroma lo si potrà fiutare nell’incavo del palmo della mano, la potrete sgranocchiare e rollare sulla lingua con gusto; allora, e solo allora, il suo sapore raro sarà apprezzato per il suo autentico calore e le parti spezzate e schiacciate si ricomporranno nella vostra mente e schiuderanno la bellezza di un’unità alla quale voi avrete dato qualcosa del vostro stesso sangue» (Vladimir Nabokov, “Lezioni di letteratura russa”, Adelphi ed., Milano, 2021). Cosa ne pensi delle parole di Nabokov a proposito della lettura? Come dev’essere letto un libro, secondo te, cercando di identificarsi liberamente con i protagonisti della storia, oppure, lasciarsi trascinare dalla scrittura, sminuzzarla nelle sue componenti, per poi riceverne una nuova e intima esperienza che poco ha a che fare con quella di chi l’ha scritta? Qual è la tua posizione in merito?
Io, da lettore, preferisco i libri che mi lasciano spazio per interpretare, che mi suggeriscono domande, più che darmi risposte, che mi sorprendono. Ci sono evidentemente diverse modalità di lettura, io so leggere con fini e piaceri differenti. Non credo che esistano modi di lettura preferibili, ognuno deve assolutamente avere il proprio. A mio giudizio un bel libro dovrebbe lasciare questa libertà di scelta, mostrando sfaccettature diverse, se possibile differenti interpretazioni. Io non amo i libri scontati e banali, in cui tutto è chiaro, in cui tutto è spiegato e definito. La lettura, a mio giudizio, deve avere lo spazio creativo per allontanarsi se necessario da quanto semmai l’autore aveva in mente, una lettura troppo indirizzata dalla trama e dai personaggi personalmente mi annoia. Non sono sicuro che sia così per la maggioranza dei lettori.
Gli autori e i libri che secondo te andrebbero letti assolutamente quali sono? Consiglia ai nostri lettori almeno tre libri da leggere nei prossimi mesi dicendoci il motivo della tua scelta.
Indicherei prima di tutto un classico: “Il processo” di Kafka, che secondo me può regalare l’emozione della perdita di orientamento, per avvenimenti che accadono in modo inesorabile al di fuori del proprio controllo, e la capacità di cercare soluzioni. Ci sono momenti indimenticabili nella ricerca dei sentimenti anche in luoghi in cui il calcolo e la convenienza sembrano governare.
Poi “Lunar Park” di Bret Eaton Ellis, la confusione di una sensibilità estrema, un mondo esterno che non lascia mai soli, l’imprevisto, e il commovente desiderio di un rapporto con un figlio, che diventa concreto solo a pochi passi dalla fine.
Infine “La sposa giovane” di Alessandro Baricco, per l’atmosfera sospesa, in cui il tempo ha una velocità diversa, così come i personaggi e le loro vite che possono, godendo di questo vantaggio, prendere forme e fare scelte fuori da un mondo convenzionale.
Dove potranno seguirti i nostri lettori?
Sarò al Salone di Torino ufficialmente sabato 20 Maggio alle 20.00 allo Stand H27 padiglione 2, negli altri giorni sarò in ogni caso lì in giro a seguire incontri e presentazioni.
Il libro:
Dario Pasquali, “La casa in riva al male”, SBS editore, Roma, 2023:
Dario Pasquali:
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