“Il senso di colpa è vivo” ǀ di Hemalatha Gnanasekar ǀ Recensione di Maria Teresa De Donato

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Dovremmo o non dovremmo interferire con la vita dei nostri cari? Dovremmo o non dovremmo essere coinvolti nelle loro attività per amore, per il nostro senso del dovere e della responsabilità e per il nostro desiderio di proteggerli e spianare loro la strada, supponendo di sapere meglio di loro cosa sia bene e cosa meglio per loro?

A cuore aperto ed in tutta onestà Hemalatha Gnanasekar, autrice del libro di memorie The Guilt is Alive (= Il senso di colpa è vivo), ci immerge nelle dinamiche della vita familiare e di tutto ciò che ne deriva.

L’amore più autentico e profondo per tutti i membri della sua famiglia porta l’autrice a partecipare intensamente alle loro vite con il desiderio e la ferma convinzione che, seguendo i suoi consigli, otterranno un ottimo lavoro, diventeranno ricchi e famosi e aiuteranno economicamente la famiglia, assicurando a tutti i membri e soprattutto ai suoi genitori dopo il pensionamento, una vita dignitosa e confortevole piuttosto che cadere in povertà.

Suo fratello Sampath Kumar, o Babu, come lo chiama la famiglia, decide di fare proprio questo e si attiene ai suoi amorevoli consigli. Sognando di diventare ricco e di aiutare la famiglia, Babu lascia l’India e si trasferisce in Giamaica dopo aver ricevuto quella che sembra essere un’interessante proposta di lavoro in un’azienda come ingegnere esperto in impianti di climatizzazione. Questa posizione – lui crede – gli permetterà di guadagnare molti soldi, che manderà alla sua famiglia in India. In tal modo, raggiungerà i suoi obiettivi e quelli di suo padre.

Tuttavia, il Caso, Dio o chiunque sia responsabile del nostro destino ha altri piani.

Le cose non funzioneranno come dovrebbero. Tra discussioni sul lavoro a causa dell’irascibilità di Babu, incomprensioni e affari che non vanno bene, Babu cadrà in povertà e non sarà in grado di aiutare se stesso, per non parlare della sua famiglia in India.

Anche se la storia di Babu finirà in un dramma, il messaggio di quest’opera letteraria è comunque positivo. Infatti, nonostante il dolore emotivo conseguente alla morte improvvisa di suo fratello che si abbatterà su tutta la sua famiglia, l’autrice imparerà una lezione importante attraverso l’esperienza di qualcun altro. Di conseguenza, raggiungerà un punto di svolta e inizierà ad agire in modo costruttivo nonostante la sua perdita. Cambierà la sua prospettiva e il suo comportamento e alla fine ricomincerà a godersi la vita.

Alla fine arriverà a comprendere che “Lo spirito umano è resiliente e nessuno può distruggerlo se non noi stessi” (H. Gnanasekar, 2015, 2022, p. 248) e che, a prescindere dal fatto che altre persone mostrino empatia verso la nostra sofferenza o dimostrino di essere diventate “emotivamente sorde, intrappolate dai loro stessi problemi”, noi siamo “i padroni del [nostro] destino. [Siamo] i capitani della nostra anima. (pag. 249)

Quindi, anche se potrebbero esserci cose che non capiamo sul motivo per cui certe situazioni si verificano nella nostra vita, e il dolore e il senso di colpa potrebbero essere ancora presenti, la vita è degna di essere vissuta e, alla fine, faremo i conti con tutto ciò che si manifesta nella nostra.

The Guilt is Alive è un bel libro che permette non solo un’immersione completa nelle culture indiana e giamaicana, ma ci offre anche molte opportunità per meditare e sfidare il nostro sistema di credenze, comportamenti e “buone intenzioni” e, ultimo, ma non meno importante, il senso stesso della Vita.

Questo libro è disponibile nella sola versione inglese.