Cerchiamo la luce nel bene affondando tutto il nostro “essere” nel buio del male.
Viviamo come lumache uscite in una giornata di pioggia che attraversano le strade d’asfalto cercando a fatica di raggiungere l’erba, mentre passi veloci di umanità distratta, corrono schiacciandoci, insensibili alle nostre fatiche.
Ogni giorno l’umanità si sveglia sapendo che dovrà affrontare il male, combattendo tutto ciò che affligge la terra e tuttavia affonda le sue radici proprio in chi la combatte.
“L’umanità contro il male”, è questa l’opera d’Arte che voglio presentarvi oggi nel mio articolo. Una scultura dell’Artista ravennate Gaetano Cellini, modellata in gesso nel 1906 per l’Esposizione Nazionale di Milano, successivamente scolpita in marmo nel 1908, oggi esposta alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma.

La prima volta che mi sono trovata davanti questa scultura, ho provato lo stessa identico turbamento che ho avuto stando di fronte “Il Cristo Velato” di cui vi ho parlato in un altro articolo (questo è il linkhttps://mobmagazine.it/blog/2022/12/il-cristo-velato-sette-parole/ per chi volesse leggerlo). Ammirare quella che io definisco Magnificenza vuol dire, osservare ciò che appare agli occhi, ascoltando l’infinito circolo di suggestioni che l’Artista ha lasciato nella materia da cui ha tirato fuori l’anima. E forse lo scalpello e i ferri che hanno inciso la pietra sono l’essenza stessa del male che ogni essere umano produce a se stesso, dovendo scavarsi per raggiungere l’anima e la luce.
Cellini rappresenta la lotta in cui sembra perdere l’uomo, che consuma le forze e si contorce nell’atto di spazzare via il male che sudario impalpabile, funereo, copre la terra e avvolge le sagome di chi la abita. Un uomo piegato su se stesso, manifesta la forza fisica quasi brutale e quella incisiva dell’animo che ne completa l’emblematico pensiero dell’artista: la battaglia tra forza e stanchezza e l’eterno conflitto tra bene e male. Le braccia sono tese, il marmo diventa strato sottile della pelle che ricopre i muscoli ben definiti del corpo dove appaiono in modo evidente i tendini, le vene, tutto conduce lo sguardo alla tensione, lo sforzo. Le mani nodose, sopra cui affiora imponente il vigore con cui sembrano voler strappare dal suolo un velo scuro ma da cui probabilmente sono congiunti facendone parte . Non è visibile il volto dell’uomo, la testa è liscia con un sottile accenno ai capelli; lo spettatore si trova perciò a viaggiare con il pensiero, immaginando il dolore e i tratti di un viso distrutto, in cui forse ognuno trasferisce di riflesso i propri. La torsione del busto evidenzia i muscoli dorsali, gli arti inferiori visibilmente possenti quasi sproporzionati, si fondono con il velo che le mani cercano di strappare, a marcare la lotta che vive in ogni essere umano con la propria natura fatta di luci e ombre, vittima e carnefice, salvato e salvatore.
Ammirare “L’umanità contro il male” vuol dire combattere il desiderio di toccare quel corpo che trasuda forza, incanto, dolore, purezza e oscurità, un’esperienza extracorporea, in cui la materia subisce uno stimolo a l’azione ma non può agire, allora si fa guidare dallo spirito dello scultore che utilizza il suo talento selvaggiamente con lo scalpello colpendo le parti più profonde di chi osserva la sua opera. Si avverte un piacere fisico determinato dal miraggio di abbracciare tanta bellezza, ma solerte il senso d’abbandono, trasporta al centro dell’anima, l’energia contenuta nella scultura. La potenza trascina il corpo dello spettatore nel punto in cui la “sostanza” si frantuma e con lei sparisce il male. Non a caso Gaetano Cellini, a descrizione della sua opera, accanto la sua firma scrive: “Così ti sterperò coi denti e l’ugne / Dolore eterno che nel cor mi pugne”.
L’Arte è nutrimento, il talento è nello stesso tempo debolezza e forza, gioia e dolore, luce e ombra. Ogni Artista porta con sé il segreto della luce divina, che solo il passo lento della sensibilità può salvare dalla brutalità di un’umanità distratta.
Namasté
Franca Spagnolo
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