#fattiestrafatti: “La mano sinistra”, l’umanità sofferente nel libro di Marianna Guida

0
325
Condividi l'articolo, fallo sapere ai tuoi amici ! 

#FATTIESTRAFATTI: “LA MANO SINISTRA”, L’UMANITA’ SOFFERENTE NEL LIBRO DI MARIANNA GUIDA

Ben ritrovati cari amici con la mia rubrica #fattiestrafatti. Questa volta ho intervistato la scrittrice Marianna Guida per raccontare il suo ultimo libro “La mano sinistra”, GFE Edizioni.

I protagonisti di questi racconti, ambientati a Napoli, vivono “amori difficili” o impossibili, oppure raggiungono la maturità portandosi dietro il peso della memoria. La complessa arte di crescere e la difficoltà di accettare il passato si mescolano, nel tentativo di trovare una composizione interiore. L’autrice dà vita a eroi moderni che cercano una realizzazione personale che sistematicamente si nega: i bambini si sentono spesso stranieri nelle loro famiglie mentre, tra gli adulti, le donne appaiono sole e ferite e gli uomini inquieti e irrisolti. Tutti desiderano essere riconosciuti grazie all’amore. Molti di loro hanno ragioni che spesso affondano radici in vite familiari lacerate. Talvolta basta un soffio del destino per ritrovarsi tra chi nulla conta, tra chi subisce lo stigma sociale o, ancora, si auto esilia nel tentativo di soffrire meno. Su ogni personaggio lo sguardo dell’autrice si posa leggero ma profondo, a tratti ironico e bonario, a volte più acuto e graffiante.

  • Benvenuta Marianna. “La mano sinistra” è una raccolta di racconti in cui fai emergere varia umanità, tra adulti e adolescenti, nella loro quotidianità e difficoltà esistenziale e dai voce alle esperienze di cambiamenti e crescita che tutti gli esseri umani vivono. Come nasce questa raccolta e il perché del titolo molto evocativo nel suo significato profondo? La mano sinistra simboleggia la natura inferiore, quella che contrasta la superiore, mettendo degli ostacoli?

 

La mano sinistra è una raccolta di racconti di estensione diversa, i cui protagonisti sono spesso bambini o adolescenti e talvolta adulti irrisolti e intrappolati dentro un conflitto che desidera venire allo scoperto. Sono ambientati a Napoli, anche se ho cercato in tutti i modi di evitare una chiave folkloristica che li connotasse. Non mancano i riferimenti a luoghi precisi, che forse esistono solo nella mia memoria, alla Napoli disordinata e caotica degli anni ’70, ma il tratto distintivo non mi sembra essere affatto quello della napoletanità. Con una specie di metodo deduttivo, solo a stesura ultimata mi sono resa conto che, pur nella eterogeneità degli accadimenti narrati, tutto appariva collegato, quasi come se i personaggi assumessero la voce di un solo protagonista e fossero accomunati dalla scoperta che da una sorta di ferita originaria può nascere la consapevolezza. In gran parte questi ragazzini e giovani adulti desiderano esplorare la propria fisicità e trovare la propria voce ma le circostanze e le famiglie amorevoli, ma fortemente normative, rallentano e inibiscono lo slancio identitario che li caratterizza. Può trattarsi di una menomazione o di una sensibilità acuita dal clima soffocante della famiglia, ma tutti i personaggi affrontano prove e limiti per avviare un timido ma evidente dialogo con sé stessi. Esistono famiglie avvolgenti che, nel tentativo di preservare il proprio patrimonio ideale, avviluppano i propri membri, rendendo complicato il processo che dovrebbe portare alla scoperta di sé. Ho scritto molto nel passato, soprattutto in forma riflessiva e diaristica, e il passaggio alla narrativa adesso si è imposto quasi da sé; il mondo interiore che con la sua urgenza provavo nella scrittura a ricomporre ha incontrato il mondo esterno, la realtà di fuori con le sue contraddizioni.

La raccolta prende il suo titolo da uno dei racconti, La mano sinistra. In questo testo un bambino molto sensibile ha paura di sentirsi vivo e le sue angosce lo portano ad adottare strategie di evitamento: non correre, non sudare pur di non sentire le pulsazioni del cuore. Ogni manifestazione della propria fisicità viene associata a un corpo che nelle sue manifestazioni può sabotare e distruggere il legame simbiotico con la madre. In un percorso quasi psicoanalitico il bambino recupera un ricordo sepolto, quello del suo mancinismo che era stato corretto dalle suore dell’istituto religioso da lui frequentato. Perfino i genitori non avevano trovato nulla di male in questa correzione. Mi è sembrato che questa scoperta potesse diventare paradigma di una più generale scoperta di sé e che una voce può essere corretta ma le sue radici restano e può bastare un brandello di memoria a farla riaffiorare. Quando questo succede, con il sapore di un’epifania, la ferita a cui si è stati esposti diventa un nuovo modo di guardare al mondo, più limpido e meno soggetto a stereotipi.

 

  • Gli ostacoli che attraversano i tuoi personaggi in quale misura impediscono a loro di esprimersi al meglio?

 

Direi che gli ostacoli, che prima o poi tutti siamo costretti ad affrontare, possano diventare terreno fecondo per crescere e grazie a essi si acquista consapevolezza di sé. Proprio nel mondo della narrazione qualunque personaggio, per trasformarsi da carattere a persona, deve subire una minaccia alla prevedibilità del suo mondo e delle sue certezze. Incontrare il mondo significa per i personaggi attraversare una soglia che cambierà del tutto il loro modo di vedere le cose, proprio come succede alla piccola Alice di Carroll. Certo, i miei personaggi incontrano delle sofferenze ma queste le considererei più un’occasione per conoscersi meglio e calibrare la propria voce. Si muovono poi in un mondo che io conosco, perché volevo ambientare le loro storie in contesti a me familiari, per focalizzare maggiormente l’attenzione sul percorso psicologico che sono costretti ad attraversare. Sono ricorsa alla descrizione di contesti relazionali a me familiari, anche semplicemente riferendomi alla città di Napoli e al periodo degli anni 70.

 

  • La tua scrittura sembra sorvolare sulle storie, per poi planare morbida, ma efficace e lucida. Quanto lavoro c’è dietro questo stile?

C’è all’origine una scrittura intima che mi ha accompagnato per tutta la vita e che rappresenta il mio modo personale di smorzare l’urgenza delle emozioni attraverso la distanza che solo le parole sanno regalare. Carta e penna sono state fedeli compagne che mi hanno aiutato in più di un’occasione a sbrogliare la matassa del vivere. In più, essendo io una lettrice accanita e onnivora, l’approdo alla scrittura era quasi inevitabile, anche se, come succede a molti, l’amore per i bei romanzi ha spento più che acceso in me il desiderio di emulazione. Sentivo di dovere esplorare una strada tutta mia. Una volta individuate le storie da raccontare ho scritto di getto e mi sono lasciata guidare da suggestioni. Dopo, però, sono dovuta intervenire per eliminare la ridondanza e per ridurre gli aspetti esplicativi che provengono anche dal mio lavoro di insegnante. Ho dovuto eliminare tutti gli spiegoni che accompagnavano le storie. Quindi c’è stato soprattutto un lavoro che mirava a suggerire e mostrare senza spiegare. Ho sceneggiato e lavorato su una scrittura soprattutto multisensoriale, giacché i personaggi avevano bisogno, per la loro storia o per deficit fisici di cui erano affetti, di arrivare alla percezione attraverso sensazioni acuite.

 

 

  • Marianna, quanti di noi negano di dover affrontare ogni giorno una “mano sinistra” che ci affligge?

Forse alcuni di noi non sono pronti ad affrontare la verità, più che altro. Mi viene di pensare che affrontare le proprie paure più antiche comporti coraggio, ma che, una volta intrapreso un percorso del genere, sia impossibile tornare indietro. Si tratta di un atto di gentilezza verso di sé, una cura che dedichiamo a noi stessi e che dovrebbe portarci a vivere in modo più armonico con noi stessi.  La mano sinistra è quella dell’acquisizione della consapevolezza raggiungibile talvolta anche a costo di rinunciare a una specie di Eden fusionale con i propri genitori. Insomma, una perdita dell’innocenza che può turbare, può lacerare, che ha dei costi.  Ma la responsabilità e la libertà sono i soli requisiti per poter arrivare a un’idea di amore maturo e consapevole

 

  • La tua ispirazione da dove nasce? In modo particolare, cosa o chi ti ha ispirato “La mano sinistra”?

Per me scrivere è soprattutto un atto di riconoscimento dell’humanitas, nel senso che nei libri e nella narrazione (lettura e scrittura nascono per me dallo stesso bisogno) ho sempre cercato la possibilità di superare il facile pregiudizio che ci porta a etichettare tutto ciò che è diverso da noi.  Diciamo che per me scrittura è esplorare il lato più oscuro della coscienza. Per questo la scrittura è anche terapia perché consente di guardare e di specchiarsi in ciò che non vorremmo vedere di noi stessi. Quindi scrivere è come attraversare la propria ombra, parlando proprio in termini junghiani. Per le fonti, alle volte parlo velando di me, altre volte mi metto in ascolto di immagini che vengono a visitarmi dal presente e dal passato.

 

  • #fattiestrafatti è il titolo di questa rubrica. Tu, Marianna, quanto sei #fattaestrafatta di vita e di idee?

Direi molto. Mi ritengo fortunata a nutrire una sincera curiosità verso la vita che mi porta a coltivare l’amicizia, ad amare i viaggi a conoscere nuovi scrittori e a continuare a studiare. Forse perché penso che finché siamo vivi siamo dentro un viaggio e un percorso.

  • Quale dei personaggi di questa raccolta è il più #fattoestrafatto di voglia di riscatto?

Forse il personaggio animato dalla maggiore voglia di riscatto è la piccola Clara. Quella a cui nessuno, fra zie, nonne, insegnanti, mamma e padre aveva pensato che bisognasse spiegare cosa fossero le mestruazioni. Un personaggio che per metà racconto appare smarrito, esiliato dalla sua stessa infanzia, priva del necessario guscio di protezione. Una bambina a cui sarebbe potuta succedere qualunque cosa e che grazie a un incontro fortuito a scuola, ma anche grazie alla sua voglia di farcela, ricompone un suo universo soprattutto attraverso la comunicazione e la scoperta che esistono “le parole per dirlo”.

 

 

  • I tuoi prossimi impegni letterari dove ti porteranno?

Di certo verso una formula più ampia, quella del romanzo, verso cui mi sento trascinata proprio dai miei stessi personaggi che chiedono di continuare a crescere

 

 

IL LINK DI ACQUISTO:

https://www.amazon.it/mano-sinistra-Marianna-Guida/dp/B0BWPXV4ZR

 

DANIELA MEROLA