Nausicaa dalle “braccia bianche”: l’incontro con Ulisse | di Giuseppe Storti

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Viviamo più nolenti che volenti un passaggio d’epoca davvero difficile e complesso. Un clima di violenza e di odio sembra prevalere nei rapporti umani ed in quelli tra nazioni. Non c’è solo la guerra per antonomasia. Quella follia collettiva che si impadronisce degli uomini, inducendoli a distruggersi tra di loro. Esistono le guerre individuali, frutto della voglia di sopraffazione che sovrasta lo spirito di condivisione che invece dovrebbe essere il modo più conveniente- per gli umani- di convivere sullo stesso pianeta. Ed allora: quale migliore ancoraggio per sfuggire ai malori quotidiani che ci vengono dalla cronaca giornaliera, se non quello di trovare un solido rifugio nella letteratura. In particolare in quella classica. Ed ecco allora una storia davvero emozionante, scritta da uno degli autori classici più ammirati e citati a livello planetario. Ci riferiamo ad Omero mirabile artefice dei poemi epici più studiati in tutte  le scuole del mondo. L’episodio è tratto dalla Odissea: il poema dedicato al viaggio avventuroso di Ulisse e dei suoi marinai che dopo aver terminato la guerra di Troia, tornano in patria, dopo una serie interminabile di avventure descritte  per l’appunto da Omero in maniera talmente strabiliante da aver ispirato autori successivi che in tantissimi hanno ripreso l’avventuroso viaggio di Ulisse; un personaggio mitico, che rappresenta da sempre l’inquietudine dell’essere umano, sempre alla ricerca di un “quid”, che gli trasmetta nuove conoscenze e gli faccia conoscere nuovi mondi; anche se ciò comporta privazioni, rischi, pericoli e soprattutto lontananza dagli affetti familiari. Nel libro VI dell’Odissea, Omero descrive uno degli episodi più emozionanti del suo poema: l’incontro tra Ulisse e la soave principessa Nausicaa.  L’eroe omerico naufraga sulle coste dell’isola di Scheria. Nausicaa, su suggerimento di Atena, si era diretta sulla spiaggia con le sue ancelle per lavare delle vesti  e giocare a palla. A proposito del gioco della palla. Il grammatico Agallide, vissuto tra il  III secolo e il II secolo a.C., attribuisce l’invenzione del gioco con la palla proprio a Nausicaa, molto probabilmente perché ella è stata il primo personaggio letterario descritto mentre gioca con tale oggetto. Il naufrago Ulisse esausto giace esanime sulla spiaggia. Risvegliato dalle allegre voci delle ragazze che giocano,esce fuori da un cespuglio completamente nudo. Le ancelle fuggono da quella visione. Nausicaa no, rimane immobile. Il motivo è molto semplice. Rimane là semplicemente perché Atena: “ le ispirò forza nel cuore e le sciolse il timore dalle ginocchia” . Ulisse non lo sa, e lordo di salsedine cerca solo un po’ di misericordia. Implorandola a quella ragazza che gli è apparsa come in un sogno. E la principessa Nausicaa dalle “bianche braccia” lo accoglie con grazia e cortesia, dandogli delle vesti per ricoprirsi, e gli indica la strada per la dimora del padre Alcinoo. Nausicaa viene anche nominata con l’espressione “braccio bianco”, che è un simbolo di bellezza, ma soprattutto  di regalità, poiché le principesse  tendevano a proteggersi dai raggi del sole  per mantenere la pelle bianca. Rivestito Ulisse si avvia verso la reggia, accompagnato dalla principessa dove sarà accolto come ospite dal padre Alcinoo e dalla moglie Arete. Durante la permanenza nell’isola dei Feaci, l’eroe omerico racconterà le sue avventure. Alla fine del racconto Alcinoo a  completamento del suo spirito di ospitalità gli regalerà una nave per consentirgli  di far ritorno alla sua Itaca. Nausicaa sembra innamorarsi di Ulisse.Confida alle sue ancelle che l’uomo dei sogni sembra essere arrivato. La soave fanciulla aveva a lungo sognato l’arrivo di un uomo misterioso mandato da Zeus, per convolare a nozze con lei. Del resto Ulisse, con la sua arte oratoria, e la sua innata astuzia, sembra confermarle la sua sensazione. Infatti elogia la sua bellezza paragonandola a quella della dea Artemide. Il padre Alcinoo poi completa l’opera proponendo ad Ulisse la mano di lei.  Omero attribuisce al personaggio di Nausicaa, il cui nome in greco significa: “ colei che brucia le navi”, il significato letterario dell’amore incompiuto (probabilmente uno dei primi esempi in letteratura di amore non corrisposto). Infatti sebbene sembri attratta da Ulisse, dal momento che ella confida alle sue ancelle che desidererebbe avere un marito simile all’eroe, e Alcinoo arriva addirittura a proporla a lui come moglie, non scatta una vera e propria relazione tra i due. Nausicaa appare a tratti come una figura materna per il guerriero: lo cura, lo invita a casa e gli dice, al momento dell’addio, “Non dimenticarmi, perché ti ho ridato la vita”; indicando così il suo ruolo di “nuova madre” nei suoi confronti. Curiosamente, Ulisse non fa menzione del suo incontro con Nausicaa alla moglie Penelope e ciò fa ipotizzare ad alcuni studiosi l’esistenza di un livello di affetto molto più profondo che con le altre donne incontrate nel suo cammino. Insomma Nausicaa è un’amante mancata. Ed Ulisse sembra confermarlo. Mantiene nel suo cuore il significato e le sensazioni che quell’incontro gli hanno lasciato. Collegando gli avvenimenti e le circostanze sembra veritiera l’ipotesi che nel cuore dell’astuto Ulisse, fosse sbocciata una passione per quella stupenda fanciulla che lui ha paragonato ad Artemide: la bellissima Dea della caccia. Un amore forse sbocciato e corrisposto, ma che resta inespresso in quanto è troppo forte la voglia dell’eroe omerico di tornare ad abbracciare la sua famiglia, e soprattutto la sua sposa Penelope che resiste alle attenzioni dei Proci: 108 giovani nobili di Itaca e delle isole vicine, che aspiravano al trono di Ulisse, contendendosi la sua mano; tessendo la famosa tela di giorno, e sfilandola di notte.  Secondo quanto ci ha tramandato Aristotele; dopo gli eventi narrati nell’Odissea, Nausicaa sposò Telemaco ed ebbe da lui un figlio chiamato Persepoli o Ptoliporto. Resta l’incanto di un incontro che a distanza di secoli scalda ancora il cuore a chi rilegge le pagine in cui Omero lo descrive. Il personaggio di Nausicaa resterà scolpito nella storia della letteratura e non solo. Sarà ripreso dallo scrittore e poeta greco Alcmane. Addirittura nel 1879 un asteroide scoperto nello spazio fu chiamato 192 Nausicaa in suo onore. Anche Goethe uno dei più grandi autori della letteratura tedesca, affascinato dal mondo classico e dall’Italia che visitò dal 1786 al 1788, scrisse- durante il soggiorno a Palermo- un dramma dedicato al personaggio di Nausicaa. Nel suo dramma Goethe eleva la giovane principessa dei Feaci a simbolo dell’animo femminile che mostra la sua compassione nei riguardi di uno straniero in difficoltà.

Mentre Friedrich Nietzsche, in Al di là del bene e del male, scrive: “Un uomo dovrebbe partire dalla vita come Ulisse partì da Nausicaa, benedicendola piuttosto che innamorarsi di essa.”Insomma il fascino della bellissima Nausicaa dalle “bianche braccia” rimane intatto nel tempo, forse perché ricorda a tutti Noi, quelle cotte giovanili che sono rimaste inespresse ed incompiute, ma che trovano spazio nel profondo del cuore: correndo impetuose sul filo della memoria.

Giuseppe Storti

Fonte foto: Ulisse e Nausica, di Michele Desubleo (sec. XVII). © Mentnafunangann/CC BY-SA 4.0