Questo primo romanzo di Elena Salem – già a capo di Bridge Edizioni e dell’Associazione Italiana Piccoli Editori, manager della comunicazione in realtà importanti e attualmente mente e anima della numerosissima community social “Il piacere di raccontare” – è un perfetto meccanismo a orologeria che emblematizza al meglio diverse tendenze del crime attuale (prova ne sia anche la recente attribuzione ex aequo del premio Garfagnana in giallo).
Lo si può annoverare nella sempre più variegata galassia dei noir urbani, considerando con quest’etichetta, oltre ad elementi canonici del giallo-poliziesco degli ultimi decenni, anche aspetti e situazioni rispecchianti la perenne evoluzione di un genere che forse come nessun altro asseconda i mutamenti sociali e antropologici del mondo “tecnoliquido” in cui viviamo.
La Salem si concentra sulle derive disumanizzanti dei nostri giorni, ancor più accentuate rispetto al passato dalla facilità e intensità dei contatti, di prossimità o da remoto che siano: meccanismi evidenti a maggior ragione in una grande metropoli quale la sua Milano, che nel suo essere “laboratorio per il futuro” (connotazione ormai pienamente assunta, o recuperata, dalla città dopo il successo di Expo 2015) si pone come terreno privilegiato per inscenare la dialettica tra forze opposte e destinate a incrociarsi – combattendosi con grave rischio specie dei più deboli – sempre più spesso nel mondo reale del XXI secolo, e dunque nella sua letteratura.
Il romanzo da una parte inscena elementi tipici di realtà varie ben presenti nell’immaginario collettivo, quali la lealtà delle forze istituzionali e di polizia, nonché ospedaliere (dove le mele marce sono le eccezioni che confermano la regola), l’efficientismo imprenditoriale meneghino pronto sempre a mettersi alla prova in una prospettiva di crescita economica, gli affetti familiari (che resistono malgrado le sempre più pervasive disgregazioni delle relazioni e dei nuclei parentali), senza trascurare il contributo di associazioni di volontariato e simili.
A questo cardine funzionale – rappresentato nella trama da gran parte del personaggi – si contrappongono le dinamiche del male, ormai dai profili assai opachi ma proprio per questo ancora più temibili e spietate: basandosi su agganci e manovalanza locale, operano da sedi periferiche come le nuove capitali del denaro (Mosca, Dubai, l’America Latina), proiettando la propria ombra nefasta con pochi clicchi sul web senza farsi scrupoli nemmeno verso piccole creature indifese.
“Storia segreta di Angelica Li” propone in definitiva una nuova, convincente storia di globalizzazione del crimine, in cui convergono vertici dirigenziali dall’ineccepibile senso del dovere, semplici subordinati di condotta integerrima, figure modeste dalla vita difficile ed avventurieri dal profilo cosmpolitamente negativo. La realtà non è quel che sembra a prima vista, ma indagandola responsabilmente e razionalmente, grazie al concorso di tutte le parti – alte e basse che siano nelle gerarchie – se ne può venire a capo: questo sembra il messaggio dell’autrice.
Con padronanza stilistica, senso del ritmo e giusta caratterizzazione dei protagonisti, Elena Salem sforna un ottimo esempio di romanzo che può servire non solo da intrattenimento, ma anche da chiave di comprensione per questi complessi anni Venti.
Alberto Raffaelli

Il libro:
Elena Salem, “Storia segreta di Angelica Li”, Milano, Delos Digital, 2022
Il gruppo di “Segnalazioni Letterarie”:
Alberto Raffaelli
https://www.facebook.com/alberto.raffaelli.3
Alessandro Orofino
https://www.facebook.com/profile.php?id=100004579425727
Ornella Spagnulo
https://www.facebook.com/profile.php?id=100062958233929
Segnalazioni Letterarie:
https://www.facebook.com/groups/2021451154615175
