Ilaria Cerioli, scrittrice e Book Blogger | INTERVISTA

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«Perché un libro sia letto deve essere accattivante, farci dimenticare la nostra quotidianità. Farci entrare in un mondo altro e soprattutto non deve dare risposte, ma incentivare la ricerca» 

di Andrea Giostra

Ciao Ilaria, benvenuta e grazie per la tua disponibilità. Sei scrittrice e Book Blogger, fondatrice e gestore di “Spocchiosamente ilare”. Come ti vuoi presentare ai nostri lettori?

Ciao, ho un percorso un po’ particolare. Ho fatto molte cose nella vita: sono di base un’etruscologa, ovvero ho lavorato come archeologa per dieci anni in cantieri in varie parti d’Italia. Ho una formazione in lettere classiche e una specializzazione in Archeologia. Da diversi anni però mi dedico all’insegnamento e alla scrittura, dopo aver appeso la cazzuola al chiodo. Ho iniziato a scrivere tre anni fa e in particolare mi occupo di sesso. Mi piace da sempre la grande letteratura erotica e ho una vera venerazione per due autrici a cui mi ispiro Anais Nin e Colette che sento molto vicine. Così due anni fa ho aperto il mio Blog Spocchiosamenteilare.blogspot.it dove parlo di sessualità ma con toni completamente diversi da quello che il pubblico si aspetta. La mia è la sessualità al femminile, cioè racconto quelle fantasie che le donne hanno e magari, vuoi per educazione o per vergogna non osano dire apertamente. Il blog ha avuto molto successo tanto che sono finita su Dagospia con tanto di foto, nella trasmissione di Barbara D’Urso probabilmente perché sono un’insegnante e sono madre di tre figli e questo, ovviamente incuriosiva e a faceva un po’ scandalo. Purtroppo ancora in Italia la donna deve essere giudicata per la sua libertà di scelte come vivere la sua sessualità e se sei insegnante e mamma fai ovviamente scandalo. Grazie anche al blog Spocchiosamenteilare, ho iniziato a intensificare il mio lavoro, promuovendo diverse iniziative in collaborazione con associazioni e con librerie. Molti mi chiedono se non ho paura a essere giudicata per quello che scrivo e per i temi che tratto. In realtà no. Ad esempio, nella città in cui vivo, dopo i primi titoloni sui giornali in cui apparivo in prima pagina come figura trasgressiva, ora a Ravenna sono molto seguita e ho appoggi dalle donne. Il mio pubblico ci tengo a dirlo è composto da tutti uomini e donne, perché racconto l’erotismo come fosse la cosa (che d’altronde è) più naturale e semplice del mondo. Inoltre curo molto i miei scritti, che non scadono nel pornografico o nel becero. Come dicevo sono colti e raffinati, con rimandi ad altri autori, al cinema o alla fotografia, in un gioco di intertestualità.

Chi è Ilaria sui social e nel mondo virtuale dei lettori e degli appassionati dell’arte della scrittura e della lettura?

Nei social gioco molto con a mia immagine. So di essere una bella donna e ho fatto la modella per anni mentre mi mantenevo agli studi universitari. Così approfitto anche della mia persona per creare una narrazione di me. In realtà fuori dal mondo virtuale sono ben altro che una pantera. Ho tre figli di cui uno di 18 anni, una figlia di 16 e una piccola di 11. Sono una madre single che deve gestire una quotidianità complessa. Ovviamente madre natura mi ha fatto dono di un aspetto piacevole. Nei miei post, negli articoli o nei racconti anche quelli più spinti non mi sono mai voluta nascondere dietro a uno pseudonimo come molti fanno. Io sono così: ho sempre amato l’erotismo. Mi piace mettere a nudo l’animo umano attraverso il sesso e credo che sia la parte più vera di noi. A letto non si bara, tra le lenzuola possiamo esprimere tutta la nostra essenza.

Com’è nato il tuo Blog? Quale l’idea che ha dato vita a questa tua avventura letteraria online?

Spocchiosamente nasce come ho detto circa tre anni fa in collaborazione con un giornalista free lance e con la supervisione di mio marito (ora ex, un docente universitario di Storia Contemporanea dell’Università di Ferrara). A mio marito devo molto: non solo è stato il mio compagno di vita per 19 anni, ma anche mio maestro nell’arte della scrittura e guida dal punto di vista intellettuale. Ci amavamo definire una coppia alla Simone de Beauvoir e J.P. Satre. Poi purtroppo anche l’amore più grande finisce… ho scritto molto anche sull’esperienza della separazione.

Oltre agli articoli dal taglio giornalistico, ho inserito nel blog anche i miei racconti. Questi sono particolari perché parlano di fantasie più legate al mondo BDSM e alla trasgressione. Per poter raccontare e calarmi negli ambienti ho realizzato diverse interviste e frequentato ambienti disparati, dando voce a chi, per paura del giudizio, rimaneva nell’ombra sentendosi spesso sbagliato. La cosa incredibile è che mentre mi confrontavo con i gusti più particolari degli italiani, scoprivo una serietà e un’onestà nei rapporti che spesso non si riscontra nelle cosiddette “coppie normali”. Dietro a ogni scelta c’è sempre un essere umano con un suo vissuto, di cui si deve avere massimo rispetto.

Hai scritto diversi racconti e articoli pubblicati nel tuo Blog. Ci vuoi raccontare qual è il tema dominante e quale il messaggio che vuoi lanciare ai tuoi lettori?

Il tema dominante delle mie interviste è la fantasia nel sesso, cioè cosa vorrebbero fare le donne ma non osano proporlo ai loro partners. In particolare l’immaginario BDSM, vissuto come gioco. Ci tengo a dire che non c’entra proprio nulla con le famose 50 sfumature. Mi occupo inoltre del tema del travestitismo. Grazie al sexy shop Paprika di Argenta ho iniziato a studiare il fenomeno delle TRAV (diverse dalle TRANS perché nella loro quotidianità sono signori talvolta con famiglia, una vita fatta di carriera, moglie e figli, ma che sentono forte la necessità di travestirsi da donna). Non solo ho trovato tanta poesia in loro ma ho recuperato un gusto per la femminilità anni 50. Per la mia ricerca non mi sono certo tirata indietro e ho visitato Club per scambisti, party in cui ci si va vestiti Ghotic o fetish con gente che ama farsi fustigare o girare al guinzaglio. Ho intervistato maestri di shibari e Dom, Mistress e slave, ricavando articoli di grande eleganza e leggerezza. Credo sia proprio questo che fa la differenza: normalizzare la sessualità, anche quella più teatrale o trasgressiva. In fondo siamo tutti adulti, consenzienti e ognuno ha diritto di fare l’amore come gli va.

Quale messaggio vuoi lasciare?

Prima di tutto che dobbiamo smetterla di giudicare le persone dal loro orientamento sessuale; poi un messaggio alle donne, cioè a essere libere di amare. Di non sentirsi mai in colpa se amano tanto, anche al di fuori della coppia. Non esiste la zoccola, ma solo la zoccola etica (giusto per citare un grande classico). Non tutti sono portati per il rapporto monogamico e se una ragazza vuole vivere liberamente la sua sessualità lo deve fare senza sentirsi messa in croce come fosse una Messalina. Non credo nella monogamia, almeno non per tutti, credo nella lealtà. Credo nell’onestà. Ho imparato molto dai gruppi del Poliamore. Li ho frequentato per due anni sempre per motivi di studio. Qualsiasi scelta si fa o per la vita di coppia tradizionale o per altri modi di amare, sempre di amore si tratta. Ci deve essere consenso, rispetto e lealtà sempre. Io non sono poliamorosa perché sono una gran romantica e sogno ancora alla mia veneranda età il principe azzurro.

Qual è la tua fonte di ispirazione?

Diverse sono le fonti di ispirazione. Per la scrittura è in primis Colette. Per il format Evulvendo, nato da Spocchiosamente e che porto in giro per locali e teatri insieme alla mia socia Francesca Viola Mazzoni, una bravissima attrice e poetessa di Ravenna, il modello non esiste perché abbiamo creato qualcosa di completamente nuovo. Un docuspettacolo ispirato ai monologhi della vagina, in cui nella stessa serata ci sono parti recitate, altre dialogate con ospiti intervistat, racconti miei e di Francesca, domande al pubblico. Siamo molto divertenti. Alla fine, visto che siamo anche serie, presentiamo sempre la bibliografia su cui abbiamo costruito lo spettacolo, offrendo spunti di lettura e riflessione. Durante le nostre serate si crea un legame col nostro pubblico e alla fine molte persone si avvicinano perché sentono il bisogno di parlare e rivelare i loro problemi di coppia.

Come nasce Ilaria scrittrice? Qual è stato il tuo percorso letterario/artistico?

Ilaria come scrittrice nasce perché nella sua vita ha letto molto. Fin da piccolissima rubavo i libri dei miei genitori. Leggevo di tutto a volte anche testi troppo difficili per l’età che avevo. Ero una ragazzina abbastanza problematica, goffa e timida. La lettura e lo studio mi hanno salvata durante l’adolescenza. Poi con Andrea, il mio ex marito, ho scritto un manuale di storia che è stato uso nelle università, un romanzo ambientato a Fiume nel 1919 e che dovrebbe essere pubblicato a breve. Ovviamente parla anche di sesso. Parla di un triangolo amoroso. Poi ho una passione per le riviste femminili degli anni 30 e 40 e 50. Mi piace molto la scrittura retrò e dannunziana.

Quali sono secondo te le caratteristiche, le qualità, il talento, che deve possedere chi scrive per essere definito un vero scrittore? E perché proprio quelle?

Tra le mille cose che pratico, c’è anche presentare gli autori nei festival letterari e recensire romanzi su una mia rubrica “La Ravennate chic” che esce per il Corriere di Romagna il giovedì. Penso che la dote principale sia dedizione e studio matto e disperatissimo. Non basta scrivere. Il talento deve essere costruito. Mi capita di leggere molta roba brutta, gente improvvisata che, grazie alla notorietà televisiva o per qualche santo in paradiso, diventa scrittore. Sono pochissimi gli autori e le autrici che considero davvero degni di nota oggi. Ritengo che ci sia molta spocchia da parte di tutti e resto dell’idea che in Italia si pubblichi troppo. In Francia ad esempio c’è molta più selezione. Ma non vorrei entrare in una polemica sul ruolo e sulla responsabilità delle case editrici.

Perché secondo te oggi è importante scrivere, raccontare con la scrittura?

È sempre stato importante raccontare. Il mito, prima forma di letteratura, nasce orale poi viene scritto. Più che scrivere ci si racconta. Si fa letteratura anche quando parliamo tra noi o quando ci raccontiamo attraverso i social. Ecco l’uso delle nuove tecnologie ci sta proponendo un nuovo modo di narrare il presente e scrivere per molti diventa davvero una necessità. Spesso dico che ci sono tanti che usano la scrittura come un Prozac. Se si sentono meglio va benissimo, ma per carità che non intasino le case editrici con i loro manoscritti. Non ne abbiamo bisogno. Io sono più dell’idea che scrivere deve essere un mestiere pure ben retribuito. Non una via di fuga da un’adolescenza problematica o da un amore finito. Perché altrimenti, come vedo accadere molte volte, davanti alle stroncature o a un mancato riconoscimento molti pseudo autori si offendono e si deprimono. Ribadisco scrivere e saper scrivere sono due cose diverse. Per saper scrivere occorre saper maneggiare i ferri del mestiere: conoscere la letteratura e le basi della narratologia. Io non credo negli autodidatta, nei geni improvvisati e nei talenti senza solide basi.

 A cosa e a chi serve scrivere?

 Più che scrivere, serve imparare a leggere. Impariamo prima a leggere e a comprendere i testi. Poi scriviamo. Conosco persone che si professano “scrittori” ma hanno letto due libri in vita loro. Così non va bene. E si impara a leggere prima di tutto in famiglia: se in casa non ci sono libri, i bambini non svilupperanno mai nessun interesse per la biblioteca. Poi a scuola. occorre davvero rivedere i manuali scolastici, i percorsi letterari e educare gli insegnanti a incentivare la lettura in classe. Un esempio? Io scelgo in base a chi mi trovo davanti in classe se leggere o meno i Promessi Sposi. Non impongo nulla. Scelgo con i miei alunni quali generi affronteremo durante l’anno. E insieme ai libri pratico anche molto cinema. Insegno a leggere e analizzare le sceneggiature perché i miei studenti siano in grado di vedere con senso critico anche un film. Per questo motivo da due anni seguo un corso di formazione a Roma tenuto dal bravissimo sceneggiatore e caro amico Francesco Trento (Premio David Donatello 2017 per Crazy for Football e autore anche di 20 sigarette per Nassirya).

Quali sono gli autori che ami di più, che hai letto da ragazza, che ti hanno formato e che leggi ancora oggi?

 Gli autori e le autrici. Mi chiedo sempre perché si debba usare sempre il maschile. Anche nelle antologie, hai notato che non ci sono mai le opere di donne? Insegno letteratura ma raramente trovo citata Sibilla Aleramo, Grazia Deledda, Anna Maria Ortese, Matilde Serao. Eppure fanno parte della nostra storia letteraria. Per la poesia io amo Cristina Campo, Antonia Pozzi; Ada Negri; Amelia Rosselli, e ovviamente Patrizia Valduga che sento mia. Per la narrativa: amo follemente oggi Elena Ferrante, che considero la migliore in campo. Poi ovviamente i miei grandi miti: Anais Nin, Colette, tutta la letteratura erotica femminile: l’Histoire d’O da Almudena Grandes a Emmanuelle. Attualmente sto leggendo il nuovo romanzo di Aisha Cerami “Gli altri” edito da Rizzoli. È stata una bellissima scoperta: ironico, pacato, scritto davvero bene. Sono una lettrice onnivora e stagionale: d’estate prediligo i romanzi, d’inverno la poesia.

Da bambina mi perdevo nelle storie di Salgari mentre da adolescente ho letto di tutto. Ho letto Moravia a sedici anni. Sono cresciuta con Marguerite Duras, Doris Lessing, Simon de Beauvoiri. Insomma cercavo soprattutto la narrativa al femminile e tendenzialmente femminista. Oggi invece un autore che vorrei rivalorizzare in lavoro teatrale è Jim Carroll. Di lui volevo regalare il romanzo “Jim entra nel campo di basket” a mia figlia ma purtroppo non lo ristampano più.

Se dovessi consigliare ad una tua amica tre libri da leggere e tre autori da coltivare nel tempo, quali libri e quali autori consiglieresti e perché?

Consiglio assolutamente Elena Ferrante (tutta! Non solo l’amica geniale); Sibilla Aleramo “Una donna”, perché da lei si capisce il difficile percorso che abbiamo fatto per arrivare ad avere dei diritti. Consiglio alle mamme di regalare Bianca Pitzorno alle figlie e di riempire la casa di libri. Poi Javier Marias con Berta Isla, un romanzo splendido che ci aiuta a interrogarci sulle apparenze e a relativizzare la realtà. Da lettrice oltre di libri anche di Tarocchi posso affermare che non esiste mai una sola risposta alle nostre domande e davanti a noi si aprono sempre infinite possibilità.

«Non mi preoccupo di cosa sia o meno una poesia, di cosa sia un romanzo. Li scrivo e basta… i casi sono due: o funzionano o non funzionano. Non sono preoccupato con: “Questa è una poesia, questo è un romanzo, questa è una scarpa, questo è un guanto”. Lo butto giù e questo è quanto. Io la penso così.» (Ben Pleasants, The Free Press Symposium: Conversations with Charles Bukowski, “Los Angeles Free Press”, October 31-November 6, 1975, pp. 14-16.) Cosa pensi di queste parole di Bukowski a proposito dell’arte dello scrivere? Cosa serve secondo te perché uno scritto, un romanzo, una racconto abbia effetto sul lettore e lo appassioni?

Credo che valga sempre la solita formula: perché un libro sia letto deve essere accattivante, farci dimenticare la nostra quotidianità. Farci entrare in un mondo altro e soprattutto non deve dare risposte, ma incentivare la ricerca. Ovviamente deve avere un plot narrativo ben costruito, personaggi credibili ma soprattutto fuori dal comune. Come dice la mia cara amica Elettra Stamboulis, sceneggiatrice, scrittrice e curatrice d’arte, per scrivere un racconto occorre stravolgere le attese. Nessuno vuole annoiarsi leggendo della quotidianità. Per catturare un lettore occorre “far mangiare un panino imbottito con la suola di scarpa e maionese” al protagonista. Per chi inizia a scrivere il mio consiglio è partire dalla grande letteratura russa. Inarrivabile in quanto lezione di stile.

La maggior parte degli autori ha un grande sogno, quello che il suo romanzo diventi un film diretto da un grande regista. A questo proposito, Stanley Kubrik, che era un appassionato di romanzi e di storie dalle quali poter trarre un suo film, leggeva in modo quasi predatorio centinaia di libri e perché un racconto lo colpisse diceva: «Le sensazioni date dalla storia la prima volta che la si legge sono il parametro fondamentale in assoluto. (…) Quella impressione è la cosa più preziosa che hai, non puoi più riaverla: è il parametro per qualsiasi giudizio esprimi mentre vai più a fondo nel lavoro, perché quando realizzi un film si tratta di entrare nei particolari sempre più minuziosamente, arrivando infine a emozionarsi per dettagli come il suono di un passo nella colona sonora mentre fai il mix.» (tratto da “La guerra del Vietnam di Kubrick”, di Francis Clines, pubblicato sul New York Times, 21 giugno 1987). Cose ne pensi di quello che dice Kubrick? Pensi che le tue storie sappiano innescare nel lettore quelle sensazioni di cui parla il grande regista newyorkese? E se sì, quali sono secondo te le emozioni che innescano le tue storie a chi le legge?

Penso che oggi chi scriva un romanzo debba stringere l’occhio al cinema. Viviamo in una società assolutamente visiva e non trovo affatto scandaloso anche il legame che si sta instaurando tra autori di romanzi e il mondo delle serie tv o il cinema. E poi Via col Vento è un bellissimo romanzo ma anche un bellissimo film.

Nel gigantesco frontale del Teatro Massimo di Palermo, la mia città, c’è una grande scritta, voluta dall’allora potente Ministro di Grazia e Giustizia Camillo Finocchiaro Aprile del Regno di Vittorio Emanuele II di Savoia, che recita così: «L’arte rinnova i popoli e ne rivela la vita. Vano delle scene il diletto ove non miri a preparar l’avvenire». Tu cosa ne pensi di questa frase? Davvero l’arte e la bellezza servono a qualcosa in questa nostra società contemporanea super tecnologica e social?

Arte e bellezza salveranno il mondo. L’Italia è molto fortunata perché è la culla dell’arte e della bellezza. E per arte intendo davvero tutto, non solo la letteratura (pensiamo a Dante! La Divina Commedia è solo nostra!) ma anche al cibo e a tutti i talenti in vari settori che dimentichiamo di avere. Credo che noi docenti abbiamo una grande responsabilità: quella di educare i giovani non solo a amare il nostro patrimonio culturale, ma a salvaguardarlo per i posteri. I social sono uno strumento straordinario che, se usati correttamente, possono diventare risorsa. Insomma perché demonizzare tanto la tecnologia. Accipicchia io grazie ai programmi posso entrare virtualmente nei più famosi musei del mondo, compiere ricerche, scaricare documenti, verificare bibliografie. Inoltre visto che parliamo di letteratura grazie alla rete riesco a far leggere tutti, anche i ragazzi in difficoltà. Penso ai DSA, dislessici, che non sono in grado di leggere la pagina stampata ma possono ascoltare gli audiolibri.

A cosa stai lavorando in questo momento? Quali sono i tuoi progetti e i tuoi prossimi appuntamenti che vuoi/puoi raccontarci?

Sto lavorando principalmente al romanzo tratto dal mio Blog, ma nel frattempo continuo la mia attività di giornalista opinionista per il Corriere di Romagna. Pubblico articoli per Pangea, diretta da Davide Brullo e psychiatryonline diretto da Francesco Bollorino dove mi occupo sempre di sessualità-

Dove potranno seguirti i nostri lettori?

Ovviamente sul mio blog spocchiosamenteilare.blogspot.it

Sulla pagina di Evulvendo in fb dove metto le mie serate e i miei incontri

Sulla pagina fb La ravennate chic dove scrivo articoli di costume e moda.

Su Psychiatryonline nella rubrica Evulvando, comizi d’amore del terzo millennio

Sul Corriere di Romagna ogni giovedì con la mia rubrica La ravennate chic

Su Pangea

E in giro per festival e librerie dove mi chiamano a presentare autori

Il 28 settembre sarò a Zibello parmense per UN PO DI EROS (Po è il fiume ovviamente) dove si tiene un festival di letteratura erotica. È la seconda volta che vado invitata. Il 28 sarò intervistata e alla sera mi troverete nel bellissimo teatro Pallavicino dove sarò in scena con l’amico e filosofo Loris Falconi a parlare del mito di Eros.

Una domanda difficile Ilaria: perché i lettori di questa intervista dovrebbe leggere i tuoi libri, ovvero, andare sul tuo Blog e leggere i tuoi racconti? Cosa diresti loro per convincerli a leggere le tue storie?

 Perché scrivo talmente bene che, soprattutto grazie ai miei racconti, liberano l’immaginazione e le fantasie più spinte imparando magari anche qualcosa di nuovo. Non credo che esistano tanti autori e autrici di erotismo che citano Hans Bellmer in un racconto a sfondo BDSM.

Ilaria Cerioli

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http://www.psychiatryonline.it/node/7314

http://www.pangea.news/category/poesia/

 

Andrea Giostra

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