La Piedigrotta | di Giusy Pellegrino

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I bombardamenti del ‘43 su Palermo colpirono, per la maggiore, il centro storico e la zona del porto punti strategici per le forze nazifasciste.

In questo poderoso bombardamento aereo molte furono le “vittime” tra i beni artistici ed ecclesiastici tra cui possiamo annoverare la chiesa della Madonna di Piedigrotta.

Rosario La Duca, nel febbraio 1986, raccolse le testimonianze di un certo Pietro Marini, un antico abitante del rione Piedigrotta sito nei pressi del Castello-San Pietro. Il signor Marini inviò a La Duca una lettera a cui unì una fotografia dell’antico e ormai scomparso rione.

L’importante fonte spiega che “accanto al mercato ittico e dogana, esisteva una antichissima chiesa , detta Piedigrotta, distrutta come il circondario nel 1943 (…). Una vecchia leggenda vuole, che nel suo sottosuolo esistesse un tesoro di inestimabile valore. La chiesa fu sconsacrata per un certo periodo di tempo, ma venne riaperta al culto nel 1838”.

La grotta, che i pescatori ebbero “in concessione da parte del proprietario di quel luogo, Alfonso Ruiz, Protonotaro del Regno”, ospitava un’immagine in ardesia raffigurante la Madonna con in braccio il Cristo deposto, una sorta di Pietà locale.

Era un’immagine molto venerata e miracolosa tanto che venne realizzato un arcone decorativo che ne abbelliva l’ingresso e una confraternita che la curava denominata Madonna di Piedigrotta.

Nel 1595 proprio per ricordare l’importanza di quel luogo sacro e per rendere più agevole il passaggio ai devoti fu costruita una porta “nell’arco della cortina muraria che correva lungo la Cala” che, secondo Mongitore, era “di semplice pietra, alta palmi 14 et la larga palmi 14, in forma quadrata” che fu demolita alla fine dell’Ottocento.

Nel 1597 fu realizzata la chiesa ad unica navata con cappelle laterali in cui predominava la citata immagine. Scrive La Duca “quest’edificio religioso aveva il prospetto rivolto ad occidente […]. All’interno si trovava custodito un grande fanale di galera che Don Ottavio d’Aragona nel 1613 aveva offerto alla Madonna per ricordare la vittoria da lui riportata in quell’anno durante un combattimento contro la squadra navale turca, nel corso del quale aveva liberto 1300 prigionieri cristiani. Una violenta tempesta lo aveva però colto al suo rientro, proprio in prossimità del porto, ma si era miracolosamente salvato. Ritenendo che sia la vittoria navale che il suo salvataggio fossero opera della Madonna, aveva donato alla chiesa, per “grazia ricevuta”, il fanalone della nave capitana”.

Nel 1933 fu inoltrato il progetto per la realizzazione dell’attuale mercato ittico che prevedeva lo smantellamento e la ricostruzione della chiesa altrove ma, tra le proteste e le indecisioni, ebbero la meglio i bombardamenti. È ancora visibile l’immagine posta nella grotta sita al di sotto del mercato ittico mentre alcuni resti della chiesa furono salvati dai lavori di demolizione post bellici.

Che fine fece quell’inestimabile tesoro citato dal signor Marini? Semplicemente non è mai esistito, frutto della fantasia popolare.

Giusy Pellegrino