Una mostra al Museo Riso di Palermo riunisce, a distanza di oltre trent’anni dall’unica esposizione, i 27 acquerelli realizzati dal poeta Salvatore Quasimodo nel 1953.
Unica incursione del premio Nobel nel mondo delle arti visive, le opere sono conservate da cinquant’anni nel caveau di una banca tedesca.
L’esposizione dal titolo “Oltre Quasimodo. Le 27 gouaches. Sapevo già tutto, e volli peccare”, sarà visitabile da venerdì 6 dicembre alle 17.30 fino al prossimo 31 dicembre al Museo regionale d’arte moderna e contemporanea Riso. L’ingresso sarà possibile dal martedì al sabato, dalle 9 alle 18:30, domenica e festivi dalle 9 alle 13, ultimo ingresso 30 minuti prima dell’orario di chiusura, non è previsto un costo aggiuntivo oltre al biglietto del museo, pari a 7 euro.
Salvatore Quasimodo (Modica 1901– Napoli 1968) era affascinato dalle arti visive, ma il suo unico esperimento nel campo fu una serie di 27 gouaches nate quasi per caso, nel 1953, un gioco intellettuale che si esaurì presto e che il poeta siciliano voleva che fosse distrutto. Ma l’amico Alberto Lùcia le conservò e nel 1993 il figlio del poeta, Alessandro Quasimodo, le riunì in un prezioso libro associandole ad altrettante poesie unite dalla parola “cuore”. A distanza di un trentennio dall’esposizione sul poeta, a Roma nel 1994, dove furono presentati per l’unica volta gli originali delle gouaches, gli eredi di Alberto Lùcia concedono adesso il prestito della preziosa collezione da loro gelosamente custodita e protetta.
«Una mostra preziosa – dice l’assessore regionale ai Beni Culturali e Identità siciliana, Francesco Paolo Scarpinato – che ci permette di scoprire un lato inedito e inaspettato del grande premio Nobel. Il fatto che queste opere ritornino visibili, dopo oltre trent’anni dall’ultima esposizione e soprattutto ritornino in Sicilia, è un segno tangibile del fermento culturale che anima Palermo e dell’attenzione posta nel rendere sempre più attrattivi e competitivi i nostri beni culturali, musei e gallerie».
In breve, la genesi delle opere esposte: l’amico e poeta Alberto Lùcia va a trovare Quasimodo nel suo studio milanese con un pacchetto in mano, dentro c’è una scatola con colori e un pennello che stanno per essere spediti a Parigi, all’indirizzo del drammaturgo messinese Beniamino Joppolo, da poco convertito alla pittura astratta. Quasimodo è curioso e apre il pacchetto; e a quel punto, nasce la sfida: il poeta vuole probabilmente dimostrare quanto sia “facile”, anche per una persona inesperta, esprimersi con i modelli dell’arte astratta. Passano i giorni e in breve tempo il poeta realizza ben 27 gouaches: “Appar chiaro che uno scherzo non può durare così a lungo”, scrive Rossana Bossaglia. Il probabile inizio in tono scherzoso si trasforma in una lunga serie di piccole composizioni, il gioco intellettuale prende il sopravvento e apre a Quasimodo la strada verso la “comprensione dell’immagine come segno-astrazione”, come scrive Alberto Lùcia. A lui Quasimodo dona le gouaches quando decide di non proseguire nell’esperimento e pensa di distruggerle. Lùcia, scomparso nel 1995, fa riprodurre le gouaches a laser per evitare che l’esposizione rovinasse gli originali; alcune di queste riproduzioni sono esposte alla casa-museo di Quasimodo e hanno fatto parte di mostre dedicate al poeta a Milano e a Messina.
«Questa preziosa mostra sulle opere di Quasimodo – ha detto il direttore del Museo Riso, Evelina De Castro – si collega alla collezione permanente del Riso che ospita artisti come Accardi, Consagra e Sanfilippo, protagonisti degli anni del dibattito culturale in cui si muoveva anche il poeta premio Nobel».
Comunicato stampa
Una preziosa mostra al Museo RISO a Palermo riunisce, a distanza di oltre trent’anni dall’unica esposizione, le 27 gouaches realizzate dal Salvatore Quasimodo nel 1953. Unica incursione del poeta premio Nobel nel mondo delle arti visive, sono conservate da cinquant’anni nel caveau di una banca tedesca.
PALERMO. Salvatore Quasimodo (Modica 1901– Napoli 1968) era affascinato dalle arti visive ma il suo unico esperimento nel campo fu una serie di 27 gouaches nate quasi per caso, nel 1953, un gioco intellettuale che si esaurisce presto e che il poeta siciliano vorrebbe fosse distrutto. Ma l’amico Alberto Lùcia le conserva e nel 1993 il figlio del poeta, Alessandro Quasimodo le riunisce in un prezioso libro associandole ad altrettante poesie unite dalla parola “cuore”. A distanza dell’esposizione sul poeta, a Roma nel 1994, dove vengono presentati per l’unica volta gli originali delle gouaches, gli eredi di Alberto Lùcia concedono il prestito della preziosa collezione da loro gelosamente custodita e protetta, per la mostra “Oltre Quasimodo. Le 27 gouaches. Sapevo già tutto, e volli peccare”, allestita al Museo regionale d’Arte moderna e contemporanea RISO.
Nel titolo sono riprese le parole che Salvatore Quasimodo scrive in una lettera a Maria Cumani, citando una frase dal Prometeo di Eschilo, riferita alle sofferenze fisiche e “dello spirito” che derivano dal suo amore per la poesia.
Le 27 gouaches, realizzate nel 1953, rappresentano l’unico esperimento pittorico che si conosca del poeta Premio Nobel nel 1959; un documento prezioso e raffinato che testimonia l’interesse di Quasimodo per le arti visive e fornisce un interessante contributo per la comprensione del clima culturale dei primi anni Cinquanta a Milano, dove egli vive.
“Una mostra preziosa che ci permette di scoprire un lato inedito e inaspettato del grande premio Nobel. Il fatto che queste opere ritornino visibili, dopo oltre trent’anni dall’ultima esposizione e soprattutto ritornino in Sicilia – dice l’assessore regionale ai Beni Culturali e Identità siciliana, Francesco Paolo Scarpinato -, è un segno tangibile del fermento culturale che anima la città e dell’attenzione posta nel rendere sempre più attrattivi e competitivi i nostri beni culturali, musei e gallerie”. Evelina De Castro, direttrice del Museo RISO, sottolinea il “particolare collegamento della mostra con la collezione permanente di Riso che prende avvio proprio dalla congiuntura artistica degli anni Cinquanta e dai protagonisti siciliani della svolta astratta, Accardi, Consagra e Sanfilippo, all’interno del fervido dibattito del tempo che coinvolgeva intellettuali poeti e artisti“.
La preziosa raccolta delle 27 gouaches illumina un momento particolare della cultura italiana del Dopoguerra, di grande fermento dialettico in letteratura, poesia, arti visive: un periodo segnato dalle ultime forme esauste dell’Ermetismo e le estreme propaggini di un Neorealismo al capolinea, da un lato e le suggestioni dell’Astrattismo e dell’Informale, dall’altro.
Salvatore Quasimodo fu amico di musicisti, pittori, scultori – tra gli altri Martini, Cantatore, Sinisgalli, Guttuso, Sassu, Messina – con i quali si confrontava e scambiava idee sull’arte contemporanea, in quegli anni di acceso dibattito tra figurativismo e astrattismo.
L’interesse per le arti figurative è intenso e appassionato. Diversi amici artisti illustrano l’opera del poeta (esistono scritti di Guttuso e Manzù) e lo ritraggono mettendo in risalto la sua forte personalità (Cantatore, Migneco, Sassu, Messina). Quasimodo stesso scrive presentazioni di mostre, saggi introduttivi, articoli su periodici e recensioni. Sebbene sia più interessato alla pittura figurativa, per caso inizierà a dipingere le gouaches astratte.
È un racconto breve: l’amico e poeta Alberto Lùcia va a trovare Quasimodo nel suo studio milanese con un pacchetto in mano, dentro c’è una scatola con colori e un pennello che stanno per essere spediti a Parigi, all’indirizzo del drammaturgo messinese Beniamino Joppolo, da poco convertito alla pittura astratta. Quasimodo è curioso e apre il pacchetto; e a quel punto, nasce la sfida: il poeta vuole probabilmente dimostrare quanto sia “facile”, anche per una persona inesperta, esprimersi con i modelli dell’arte astratta. Passano i giorni e in breve tempo il poeta realizza ben 27 gouaches: “appar chiaro che uno scherzo non può durare così a lungo” (scrive Rossana Bossaglia). Il probabile inizio in tono scherzoso si trasforma in una lunga serie di piccole composizioni, il gioco intellettuale prende il sopravvento, e apre a Quasimodo la strada verso la “comprensione dell’immagine come segno-astrazione”, come scrive Alberto Lùcia. A lui Quasimodo dona le gouaches quando decide di non proseguire nell’esperimento e pensa di distruggerle. Lùcia, scomparso nel 1995, fece riprodurre le gouaches a laser per evitare che l’esposizione rovinasse gli originali; alcune di queste riproduzioni sono esposte alla casa-museo di Quasimodo, e hanno fatto parte di mostre dedicate al poeta a Milano e a Messina.
Nel 1993 Alessandro Quasimodo, figlio del poeta e della danzatrice Maria Cumani, cura la pubblicazione di un prezioso libro – “La visione poetica del sogno: ventisette gouaches e ventisette poesie di Salvatore Quasimodo” [Bologna, Sintesi] – in cui associa le opere a versi del padre dove ricorre la parola “cuore”. È lo stesso abbinamento riproposto in questa mostra.
Comitato scientifico: Carola Arrivas Bajardi, Cristina Costanzo, Evelina De Castro, Rosaria Raffaele Addamo.
Contributi in catalogo: Carola Arrivas Bajardi, Giuseppe Cipolla, Cristina Costanzo, Evelina De Castro, Salvatore Ferlita, Rosaria Raffaele Addamo.