Mio padre non ha fatto nulla di insolito. Ha fatto solo ciò che i papà dovrebbero fare: essere lì. (Max Lucado)
Mio padre era lì, negli infiniti silenzi che raccontavano la sua immensa saggezza, la grandezza di un uomo capace di affrontare la vita con l’unica certezza che ha tenuto con sé fino all’ultimo respiro: Il coraggio!
Un uomo che aveva capito quanto subdola potesse essere la paura e ancora più pericoloso fosse arrendersi all’oblio in cui spesso il timore di vivere ti trascina. La vita è il percorso durante il viaggio, magari all’interno di un vagone affollato – in piedi – dignitosamente fino alla meta, contenti di avere avuto la fortuna di salire sul treno. È nel coraggio che mio padre ha edificato il suo cammino terreno, e su quel treno dove ha sempre viaggiato in piedi, è riuscito a godere di panorami bellissimi, regalando a chi lo amava, la potenza di una visione che supera le difficoltà di un’esistenza spigolosa, levigando con pazienza, costanza e intenzione, ogni angolo.
Tutto ciò che è scritto debba succedere… prima o poi succede.
Voglio ricordare mio padre scomparso il 4 giugno del 2020, dedicandogli un articolo sulla sua amata terra – Stilo – Borgo in provincia di Reggio Calabria considerato uno dei più belli d’Italia. Un posto suggestivo, situato ai piedi del monte Consolino arroccato sulla fiumara e con una vista mozzafiato sul mare Ionio. Stilo è uno di quei paesi dove ogni singola pietra testimonia millenni di storia, lotte, insediamenti, colonizzazioni che l’intera area geografica ha subito nei secoli.
La nascita di Stilo è avvolta da diverse leggende che ci tramandano il passato di un popolo pacifico che ha lottato contro insediamenti di feroci saccheggiatori, combattendo con astuzia, solerzia e coraggio tipico dei popoli che hanno in sé l’amore verso la terra natale. Tra il fitto sottobosco delle Serre, i gatti selvatici, gli agrifogli, l’acqua cristallina delle sorgenti e la vastità del mare, risiede l’anima fiera di ogni singolo calabrese: preziosa quanto inespugnabile, da difendere a qualsiasi costo.
Stilo è uno di quei posti dove il calore del sole sembra fondersi nei sorrisi della gente. Confortevole culla per le anime in cerca di rifugio dal vivere caotico di città grigie che sembrano portare via il respiro. Attraversare il paese a piedi, vuol dire regalarsi un viaggio nel tempo ammirando gli incanti architettonici frutto delle numerose invasioni storiche: Normanne, Sveve, Angioine, Aragonesi e Borboniche.
La fontana Gebbia di evidente influenza araba, la chiesa rinascimentale di San Francesco, ricostruita in stile barocco dopo il terremoto del 1783 dove entrando si rimane storditi quando davanti gli occhi appare un magnifico altare in legno settecentesco con la pala della Madonna del Borgo. Posso assicurarvi che in ogni millimetro scolpito di quel legno si percepisce nettamente l’immensità celeste. Dirimpetto la chiesa – nella Piazza – la statua in Bronzo omaggio allo stilese Tommaso Campanella , teologo, filosofo, poeta e frate domenicano. Preferisco non aprire una parentesi su quello che io considero un illuminato, poiché descrivere la grandezza di questo uomo in poche righe, mi sembrerebbe quasi sminuire la forza e il valore di un’intelligenza sublime, capace di pensieri rivoluzionari! Cito due soli titoli a manifesto di una mente così straordinariamente libera: “Città del Sole” e “Apologia pro Galileo” …cercate – ovunque – … e troverete!
Anche se le bellezze da ammirare a Stilo sono molte, soffermerò la mia attenzione su una in particolare: un affresco che si trova all’interno di una Chiesa riconosciuta da tutti i critici d’arte un’opera UNICA come costruzione ed equilibrio architettonico – La CATTOLICA.
La Cattolica di Stilo è un piccolo gioiello bizantino. Una chiesa a pianta centrale di forma quadrata che ha come tetto cinque piccole cupole. Dal 2006 entrata nell’elenco dei candidati a diventare sito patrimonio dell’umanità nella lista UNESCO. Questa meravigliosa opera è stata costruita con muratura in mattoni di provenienza dalle botteghe romane del III secolo d.C.: l’archeologo Francesco Cuteri infatti, reperì nella parete occidentale esterna della muratura, un mattone con un marchio che riferiva tale appartenenza. Probabilmente i mattoni provenivano da una villa romana dell’allora contrata Maddaloni (Stilo), riutilizzati successivamente per la costruzione del tempio.
L’interno della chiesa è suddiviso in nove parti da quattro colonne. L’area centrale e gli angoli sono coperte da cupole che si innalzano su colonne dello stesso diametro. La cupola centrale è più alta anche se di poco e ha un diametro maggiore delle altre. Sulla parte orientale sono presenti tre absidi.
Entrare all’interno di questo capolavoro bizantino è come trovarsi nel mezzo di un viaggio catàrtico dove a ogni passo del percorso, l’anima sembra elevarsi a un gradino superiore e ogni frammento di oscurità pare dissolversi in quello spazio di luci che salgono verso l’alto. Nel silenzio sacrale i raggi di luce attraversano il visitatore, svelando all’anima la grandezza divina. Non a caso appena entrati – sulla prima colonna a destra – si ammira una croce scolpita probabilmente dai Cavalieri Templari dove appare la scritta: “Deus Dominus nobis apparuit” (Il Signore Dio apparve a noi).
Diversi sono i resti degli affreschi sulle pareti. Voglio parlarvi di uno in particolare che ritengo essere di una bellezza e spiritualità tanto grande quanto significativa, per ciò che rappresenta: la morte di Maria, Dormitio Virginis. Nel dipinto che nel 2017 alcuni studiosi scoprirono essere datato 1552 viene raffigurata la Vergine Maria sul letto di morte circondata dagli apostoli. Cristo in alto e al centro della scena dentro una mandorla – rappresentazione di fedeltà -. In braccio a Dio, un bambino in fasce che sta a indicare l’anima di Maria, circondata dagli angeli che la accolgono. In basso un angelo che mozza le mani a un ateo che vuole lanciarsi sul corpo inerme della Vergine.
Guardando questo affresco si viene colpiti immediatamente dall’immagine della Madonna: il volto rilassato, le mani incrociate. Il tessuto azzurro veste ciò che rimane della materia. Maria finisce il suo percorso terreno fatto di gioie, dolori, d’amore. Un trapasso in cui da madre di Dio rinasce madre di ogni essere vivente. Il mantello azzurro che sembra incorniciare il volto della vergine con delicati drappeggi, scendendo, ne scopre il candore, riconducendo la sua anima all’origine… la luce. Gli apostoli sono lì, che osservano il momento in cui lo spirito sale e il cuore ricomincia a battere nel regno dove il vento si fa energia e percorre l’universo colmandolo d’amore.
Mio padre se n’è andato tra gli sguardi scossi di chi lo amava. Non un lamento, nessuna lacrima. É tornato luce lasciando il corpo nel modo in cui ha sempre vissuto… dignitosamente.
Aveva sedici anni quando dalla sua amata Calabria arrivò a Roma con la speranza e l’intenzione di piantare le sue radici nella terra le cui pietre di un grande Impero, aveva ammirato sul monte Consolino. Niente fu semplice, ma capì quanto fosse importante dopo ogni sconfitta raccogliere i pezzi e rialzarsi da solo! É così che si rinforzano le fondamenta capaci di resiste al più distruttivo dei terremoti. Quelle fondamenta solide, le radici profonde del popolo calabrese che guardava in faccia il nemico senza abbassare il capo, sono affondate in una terra dove il sole sorge e tramonta su ciò che resta della Magnificenza di un Impero che conquistò il mondo.
Tutto è ancora qui, dentro il mio sangue, che conserva con orgoglio i principi attraverso cui mio padre ha fatto crescere me e le mie sorelle.
Caro Papà,
voglio immaginarti circondato dagli angeli – in quella mandorla – dove nessuna cosa può farti più male. A passeggio tra le nuvole mentre ogni tanto tiri fuori dalla giacca qualche ricordo, ci soffi sopra e il vento percorrendo l’arcobaleno li porta da me per viverti ancora. Desidero ricordarti, restituendoti gratitudine, usando le stesse parole che ti ho sentito pronunciare prima che calasse il silenzio, quando con un filo di voce mi hai guardata e hai detto: “Grazie di tutto”.
Grazie di tutto Papà!!!
«Muore il pane e si fa chilo, questo muore e si fa sangue, poi il sangue muore e si fa carne, nervi, ossa, spirito, seme e patisce varie morti e vite, dolori e piaceri».
De sensu rerum et magia – Tommaso Campanella
Namasté