Il senso del sacro, dell’infinitamente piccolo, della generosità, della cura del prossimo, del sesso come tangenza divina.
Ma anche l’angoscia della morte, l’inquietudine sotto pelle, la riconoscenza per un Dio presente nel quotidiano. C’è tutta la cifra della poetica arminiana in “Canti della gratitudine” di Franco Arminio, edito da Bompiani. Questa raccolta di versi e pensieri del poeta irpino ripropone l’intera tematica cara allo scrittore paesologo, il quale ci invita ad una lettura lenta e approfondita dei tanti fraseggi emotivi alle radici delle nostre vite.
Contro una società consumistica e commerciale, Arminio auspica l’avvento di un nuovo umanesimo perché sia possibile “…inventare il paese, inventare la città, inventare un nuovo silenzio, una nuova disperazione”. Nei suoi versi si rivendica l’importanza dell’”usare il poco”, anziché “mettere in giro il troppo”, per riscoprire quella sincerità, quella familiarità, quel calore che si sono smarriti in favore di esistenze superficiali e votate all’individualismo.
Il poeta è allora colui che salva, che si porta addosso le ossa degli altri, come afferma lui stesso, che aiuta a decriptare la realtà, per coglierne l’essenza, senza cedere al superfluo. È altresì colui che è consapevole di quanto la gioia possa nascere anche e soprattutto nei momenti più bui, quando intorno è silenzio e tenebra, perché – come chiosa il “Testamento amoroso” di Franco Arminio – “apparteniamo al tempo come un lampo appartiene al cielo”.
Alessandro Orofino