Negli anni 70’ ai tempi in cui andavo all’asilo, si rimaneva a scuola fino alle 16 e 30 e quella che oggi chiamano mensa si chiamava REFETTORIO.
Io non è che non amassi la scuola, a me non piacevano le regole della scuola. Arrivavi ti mettevi seduta, te facevano fa i giochi, cantavi le canzoncine… tutto con tempi prestabiliti.
Arrivavo alle otto de mattina che già volevo fa’ merenda, invece dovevo sta a senti’ la maestra che diceva de fa i giochi o colorare i disegni … perché? Perché non potevo fare merenda subito e dovevo aspettare le 10 e 30? Poi dici perché uno s’ammalava già da regazzino de gastrite, certo! C’avevi fame e nun potevi magna’!!! Pensa i succhi gastrici come te corrodevano lo stomaco! Poi dicevano che c’avevi l’acetone perché avevi magnato troppe schifezze. L’ingratitudine della vita la dovevi assaggiare già da piccola sennò le ossa non te se indurivano.
Detestavo il doposcuola, lo pativo infinitamente. Ogni santissimo giorno in fila per entrare nei famosi “refettori” dove mangiavi nei piatti di plastica tipo carta vetrata, pasta con sugo e formiche ( l’igiene quella era…le formiche ce dovevano sta pe’ farci fare gli anticorpi) e un sorso d’acqua pe’ buttà giù il boccone amaro. A un certo punto, chiamavo la maestra – donna bellissima che ogni giorno cambiava parrucca, truccatissima e con unghie lunghe spettacolari – e le dicevo: “Maestra oggi mamma ha detto che io e mia sorella non dobbiamo rimanere al doposcuola perché viene a prenderci”. Lei mi guardava con tenerezza e mi diceva: “No Franca, quando mamma viene a prendervi mi avvisa la mattina quando vi porta a scuola… vai che la pasta si fredda!”.
A parte che non ho mai assaggiato pasta calda in quei refettori, ma la cara maestra me voleva di’: “Figghia mentiti l’anima ‘n paci ca a da casa prima de quattru e menza on vai. Vah ssettati, ca oja ava puru a poglia e cicculata!” (Figlia mettiti l’anima in pace che a casa prima delle quattro e mezza non torni. Vai a sederti che oggi vi passano la tavoletta di cioccolata.)
Avete capito bene! Non si sa come mai, ogni tanto ci davano la cioccolata. Così, un giorno, dopo l’ennesimo fallimento d’imprecazione alla maestra, escogitai un piano. Pranzavo, mangiavo, l’ultimo boccone lo tenevo in bocca, poi andavo dalla bidella fingendo di stare male con lo stomaco, e davanti a lei vomitavo ciò che avevo tenuto in bocca del pranzo. Ragazzi quel giorno davano a cicculata, io volevo gustarmela a casa! Detto fatto, il piano andò a buon fine. Ero seduta al banco con la faccetta sconsolata, triste e dolorante, ad aspettare che mia madre venisse a prendermi. Dietro di me una bambina napoletana di nome Teresa…quella era sveja ma tanto tanto eh?!. Mi chiamò bussandomi alle spalle e disse: Tantu u ssacciu ca non te senti male..t’ho visto che te tenevi ‘a frittata in bocca!
MORALE DELLA STORIA: c’è sempre qualcuno più svejo de noi.
Namasté