Secondo la definizione coniata dal critico Ricciotto Canudo nel 1921, la cinematografia viene definita come la settima arte. Quando Ricciotto Colombo Canuto Attilio Enrico Canudo [1] (questo è il suo nome per esteso) pubblicò il manifesto La nascita della settima arte avanzò la previsione che la cinematografia avrebbe unito in sintesi l’estensione dello spazio e la dimensione del tempo, le arti plastiche, con la musica e la danza.
Spesso considerato il primo intellettuale a compiere un pensiero critico e sistematico sul cinema, ci mostra come la cinematografia possa essere considerata il “nuovo mezzo di espressione”, “officina delle immagini” e “scrittura di luce”.
A tal proposito, quasi come a voler dimostrare che la fantasia non supera la realtà, parlerò della serie Tv statunitense Upload[2] creata da Greg Daniels, con Robbie Amell e Andy Allo che ci racconta di un futuro ambientato nel 2033, in cui gli esseri umani possono “caricare” (upload) la propria coscienza, al momento della morte del proprio corpo, in un aldilà digitale, usufruendo di un ambiente più o meno ideale a seconda del prezzo pagato per ottenerlo.
Quando il protagonista Nathan, programmatore informatico, va incontro a morte prematura a causa di un incidente stradale dalle dinamiche oscure, provocato apparentemente dalla sua auto a guida autonoma, viene convinto dalla compagna a continuare la sua vita in una di queste realtà virtuali. Dopo aver subito l’upload delle sue facoltà mentali, il suo corpo viene eliminato e la sua nuova identità accolta nella sua versione del paradiso virtuale, nota come “Lake View”, da Nora, un’assistente umana incaricata di affiancare le fasi iniziali di adeguamento e apprendimento al nuovo piano di esistenza. Il ruolo di Nora, che lavora al centro di assistenza clienti, somiglia a quello di un angelo custode che lo aiuta ogni qualvolta si renda necessario comprendere come muoversi e gestire le azioni della sua nuova vita.
Nella comedy di fantascienza ci viene quindi mostrato un mondo in cui, alle persone che stanno per lasciare la vita terrena, viene data la possibilità di essere “caricate” in un aldilà digitale a loro scelta ma entrando in questo nuovo mondo digitale iniziano i veri problemi. Gli Upload possono comunicare con i viventi a patto che abbiano un portafoglio di giga e godono di una serie di privilegi in base alla loro ricchezza. Comunicano con gli altri Upload, intrecciano relazioni, possono godere di ogni prelibatezza senza però poterne percepire il gusto e hanno accesso al servizio di assistenza (che agisce da remoto con la maschera per la realtà virtuale) per ogni necessità. I loro desideri possono essere soddisfatti grazie alla programmazione di scenari virtuali che si aggiornano di continuo e il loro paradiso virtuale non manca di somigliare a una prigione dorata in cui la vita è andata a incagliarsi.
La critica ritiene che lo spunto sia brillante e interessantissimo: il racconto di un futuro prossimo dove la memoria e la coscienza delle persone si possono caricare in un server permettendo, a chi sta per morire e ha soldi a sufficienza, di garantirsi un Aldilà virtuale dal quale poter anche interagire col mondo reale fa emergere l’acuta satira sul capitalismo, che tra una puntata e l’altra, fa riflettere sulle leggi spietate di un sistema economico che oramai è arrivato a dominare perfino la vita dopo la morte.
Figlia dello stesso periodo è la miniserie antologica del 2021 creata da David Weil intitolata Assolo in cui assistiamo all’ossessione di una giovane fisica che intraprende un vero e proprio viaggio nel tempo per salvare la madre che è affetta da una malattia incurabile nel presente. Un uomo incontra la propria copia virtuale prima di morire e instaura una relazione confidenziale assegnandogli dei compiti affinché le sfumature della sua personalità non vadano perse con la morte. Una anziana donna, interpretata da Helen Mirren, partecipa a un viaggio spaziale sperimentale e in volo verso l’ignoto ritrova sé stessa. Nelle puntate successive una donna si rifiuta di lasciare casa perché non crede che il pericolo di un mondo pervaso dalla minaccia batteriologica sia cessato. E attraverso una serie di vicende che non voglio spoilerare si giunge alla storia di un uomo anziano, interpretato da Morgan Freeman, che ha accumulate così tante memorie virtuali durante la sua vita lavorativa da perdere la propria identità.
In ognuna delle puntate emergono l’elemento tempo e immortalità; entrambi questi soggetti spingono i protagonisti ad affrontare delle prove incredibili pur di sopravvivere al trascorrere inesorabile della vita. Il desiderio di immortalità nasce dalla convinzione che si possa trasferire da un’epoca all’altra, e da un corpo all’altro, tutto il bagaglio di esperienze vissute senza rinunciare al potere di portare con sé la propria coscienza. Il prezzo che occorre pagare per rimanere immortali sembra gestibile e conduce lo spettatore a pensare che sia legittimo voler restare vivi per sempre. In questa miniserie TV il concetto di anima non viene mai preso in considerazione: le puntate ci mostrano un attaccamento morboso alla sopravvivenza della memoria acquisita attraverso le esperienze e pare sia questo il focus a cui i personaggi non sono disposti a rinunciare.
Entrambe le serie TV ci mostrano un futuro aberrante dove si è disposti a tutto pur di conservare in vita la memoria delle proprie azioni. Pare che il valore del corpo fisico sia soltanto un dettaglio imprescindibile per passare da un’epoca all’altra e la dis-identificazione dalla carne, per poi approdare a un nuovo essere dalla coscienza immutata, rende l’uomo un dettaglio marginale. I personaggi posti al centro delle storie giocano dunque un ruolo fondamentale: provocano una nostra risposta cognitiva ed emotiva. Cosa ci raccontano? Verso cosa ci spingono? Appaiono come una sorta di provocazione o ci anticipano, attraverso la scrittura di luce una realtà già programmata e il cui futuro è alle soglie? Le domande che possono essere sollevate rispetto a questi temi ci spingono a prendere una posizione scomoda: accettare o rifiutare il progresso e le sue modalità? La risposta è impegnativa perché ci pone di fronte a una scelta; ponderare gli effetti di un nuovo futuro in cui corpo e mente possono essere dissociati ci coglie impreparati. Riuscire a immaginare che questo sia possibile è difficile e forse incomprensibile. Senza informazioni precise rispetto alle modalità con cui potremmo approdare a un futuro cibernetico e digitale è tutt’altro che fantascienza. Senza saperlo, o senza essersene accorti, abbiamo interagito con forme di Intelligenza Artificiale (abbreviato con l’acronimo IA) numerose volte. Quando? Al telefono o al computer quando riceviamo assistenza da un call center o quando leggiamo notizie sui social; non avete idea di quanti articoli o fotografie siano manipolati e creati dalla IA. Credere a tutto ciò che vediamo è naturale ma dovremmo mantenere un livello di attenzione più alto, poiché è proprio attraverso ciò che viene ritenuto normale che introiettiamo notizie artificiali integrandole nel nostro modus vivendi.
Portare sullo schermo storie pionieristiche su un futuro altrettanto incredibile è uno dei primi passi per dichiarare che tutto può essere vero e diventare normale. Per allenare la nostra visione consapevole e critica è importante chiedersi cosa non ci viene raccontato. Nella psicologia delle serie TV gli spettatori si agganciano ad archetipi specifici, in maniera più o meno consapevole. Raccontare significa rendere visibile l’esistenza di certe possibilità e tutti gli archetipi rappresentati dal personaggio hanno qualcosa da segnalare alla nostra coscienza. Infatti, gli archetipi vengono rielaborati e informano il nostro vissuto a livello sia psichico che esperienziale.
L’archetipo che giace dentro di noi produce conseguenze reali evidenti. Quindi, il personaggio che emerge in una serie tv è una porta girevole sull’interiorità e ci porta da noi al futuro senza trovare barriere: ciò che vediamo sullo schermo appartiene al mondo del possibile ma contemporaneamente ci lascia la possibilità di entrare e uscire da un territorio all’altro senza dover operare scelte. Le nuove piattaforme di visione hanno permesso alle storie di permeare il quotidiano e gli spettatori partecipano attivamente alla costruzione del “fenomeno” audiovisivo giocando a far finta che tutto possa essere vero ed esistere.
Alla base della fondazione di una nuova coscienza esiste un movimento a spirale in cui, mentre l’uomo ascende al territorio dell’immaginazione di qualcosa di possibile, la sua anima discende per incontrare il vero fulcro del movimento, ovvero l’Avventura. I personaggi delle serie TV ci fanno sentire meno soli, e cercando di capire la loro storia ci sentiamo di riflesso maggiormente capiti e ascoltati. Sembra che le loro vicende ci diano la sensazione di poter creare uno spazio di condivisione che vanta un’autenticità prima d’ora sconosciuta: la proiezione della nostra vita sulla loro ci rende tutti invincibili supereroi.
Di fronte al mondo della fantascienza c’è il sentirsi impotenti e l’anelare a un ritorno all’innocenza originaria. Con questa ambivalenza, si combina e contrasta un senso di abbandono con la sensazione che in qualche modo noi dovremmo vivere in un mondo senza Dio e senza innocenza in cui dobbiamo rimboccarci le maniche e divenire noi stessi il Dio che ci protegge. Insomma, la psicologia nelle serie TV ci riserva magnifiche sorprese.
Per gli amanti della lettura suggerisco il libro di Davide Baroni LA CREATURA: Il sogno di Frankenstein
Qui trovi l’estratto
[1] (Gioia del Colle, 2 gennaio 1877 – Parigi, 10 novembre 1923) è stato un critico cinematografico, poeta e scrittore italiano.
[2] La prima stagione è stata resa disponibile il 1º maggio 2020 su Prime Video.
Caterina Civallero
