Sono trascorsi oltre 45 anni da quel lontano settembre del 1979, in cui la scrittrice e giornalista Oriana Fallaci si presentò a Teheran, in Iran, al cospetto di sua eccellenza, lo Ayatollah Ruhollah Khomeini, il leader religioso della rivoluzione iraniana, per l’intervista che la rese famosa in tutto il mondo.
Alla domanda sull’obbligo del chador, il velo imposto alle donne iraniane, lui rispose: “Le donne che hanno fatto la rivoluzione erano e sono donne con la veste islamica, non donne eleganti e truccate come lei che se ne vanno in giro tutte scoperte, trascinandosi dietro un codazzo di uomini. Le civette che si truccano ed escono per strada, mostrando il collo, i capelli, le forme, non hanno combattuto lo Scià. Non hanno mai fatto nulla di buono quelle…. E questo perché, scoprendosi, distraggono gli uomini e li turbano. Poi distraggono e turbano anche le altre donne.” (Fonte L’Europeo, settembre 1979).
Oriana Fallaci, per poter realizzare quell’intervista, dovette eliminare dal suo corpo ogni traccia di occidentalizzazione, come lo smalto dalle unghie, il rossetto dalle sue labbra e presentarsi con pantaloni larghi e scuri, camicione lungo e nero e con i capelli raccolti sotto il “chador”. Dal giorno di quell’intervista a Khomeini, in Iran, non sembra essere cambiato molto ed è in atto l’ennesima brutale repressione contro la libertà e i diritti delle donne, ancora vittime di un sistema obsoleto che le rende schiave e sottomesse al potere maschilista. Sono ancora tante le vittime innocenti, in un Paese che continua a vivere nell’oscurità più totale dei diritti di quelle sorelle iraniane che hanno avuto la sfortuna di nascere in un posto dimenticato da Dio.
In Iran non esiste identità, personalità, libertà delle donne in quanto i loro diritti vengono schiacciati da qualcun altro che decide ciò che è giusto per loro. Il 15 settembre del 2022, infatti, l’Iran si è macchiato del sangue di una nuova vittima, MAHSA AMINI, la ragazza ventenne che è stata massacrata a morte dalla polizia morale religiosa (Ghsht-e Ershad), perché non indossava correttamente l’ HIJAB,(che significa “coprire”), sulla sua testa in modo da coprirle completamente i capelli.
Da questo ultimo penoso evento, le proteste delle donne iraniane si sono trasformate in manifestazioni di massa, tanto da estendersi sempre più a macchia d’olio ovunque. In ogni parte del mondo, infatti, molte donne in segno di protesta, hanno iniziato a bruciare l’hijab e a tagliare i loro capelli per dire basta a questa persecuzione che continua ancora in alcuni Paesi dell’Oriente, soprattutto in Iran e Afghanistan, e a tutte quelle leggi ancora in vigore come, appunto, l’obbligo di portare l’HIJAB sulla testa, oltre all’obbligo di tenere nascoste braccia e gambe.
E non si tratta solo dell’obbligo di un pezzo di straccio sui capelli, ma di una serie di diritti che continuano ad essere violati. In Iran, infatti, le donne non hanno il diritto di viaggiare da sole, di cantare, di ballare, né il diritto di recarsi negli stadi, o di vestirsi liberamente con abiti corti e attillati o scollati. Non possono andare in bicicletta, né prendere la patente per la moto. Sono considerate penalmente responsabili fin dall’età di 9 anni. Vengono sottoposte ad ogni tipo di maltrattamento in caso di quelle violazioni: frustate, taglio dei capelli, percosse e nei casi più gravi vengono fucilate.
Sono donne per cui il loro Stato non prevede alcuna forma di assistenza in caso di violenza subita dai loro mariti. Non solo, ma per le adultere, è prevista la pena di morte. Sono carne da macello, che vengono umiliate, derise, sfruttate, insultate tutti i giorni dell’anno, nonostante in passato, alcuni governi abbiano cercato di “occidentalizzare” l’Iran introducendo alcuni diritti, proprio in favore delle donne iraniane.
Dapprima lo Scià Reza Pahlavi, nel 1926, e subito dopo il figlio, Mohammad, succedutogli nel 1942, introdussero una politica di modernizzazione nei confronti delle donne, favorendo la loro condizione, attraverso quel quadro di un programma di riforme, note come “Rivoluzione Bianca”, che aveva, appunto, l’obiettivo di modernizzare l’Iran. Infatti, fu grazie a questa nuova politica che le donne iraniane, oppresse per secoli dalla Sharia islamica, acquisivano il diritto al voto, tanto che nel 1968, Farrokhroo Parsa, divenne la prima donna ministro, anche se nel ’80 venne giustiziata. Successivamente, nel 1970, Dabir Azam Hosma divenne la prima donna sindaco iraniana di Babolsar, nonostante fu costretta a dimettersi subito per decisione del Consiglio di soli uomini. In quegli anni, ci furono notevoli riforme, quasi tutte in favore delle donne che le proteggevano in caso di divorzio.
Venne innalzata a 18 anni l’età per contrarre matrimonio, fu regolamentato l’aborto, anche se poi fu abrogato. Ma il fatto più strano era che il sistema politico approvato dallo Scià, non veniva condiviso da molte donne iraniane, per una sorta di “occidentalizzazione” in qualche modo “forzata”, tanto che le stesse adottarono una resistenza passiva, indossando un mantello lungo che copriva loro tutto il corpo e la testa fino a quando esplose in una vera rivolta del popolo, ispirata dall’Ayatollah Ruhollah Khomeini, dove quelle donne sfilarono, opponendosi al regime dello Scià che fu costretto a fuggire all’estero.
Con il Referendum che si tenne nel marzo del 1979, venne proclamata la Repubblica Islamica e, ancor prima della formazione di tale Repubblica, l’Ufficio di Khomeini, abrogò tutte le riforme del codice di famiglia precedentemente introdotte con lo Scià.
Da quel momento, i diritti delle donne, vennero nuovamente seppelliti, come il diritto di partecipare allo sport, il divieto di accesso alla facoltà di giurisprudenza e le donne giudici, furono private dei loro incarichi. Seguirono anni in cui si rese obbligatorio il velo, “l’Hijab” per tutte le donne sia per uscire di casa, sia per lavorare.
Da allora, il mancato utilizzo del velo sulla testa, divenne reato penale, che si rese obbligatorio fin dai 9 anni d’età, punito con 74 frustate oltre che l’arresto da un mese ad un anno. Ma, accanto all’obbligo dell’Hijab, fu proibito l’uso dei cosmetici e a tutte le donne che venivano scoperte con il rossetto sulle labbra, le guardie erano autorizzate a rimuoverlo con una lametta. Furono reintrodotte leggi del passato, come l’età legale per il matrimonio che fu ripristinata a 9 anni.
Venne soppressa la custodia dei figli in caso di divorzio, fu introdotto il divieto di viaggiare da sole, venne negato l’accesso all’istruzione superiore e fu proibito il lavoro senza il consenso del marito. Bisogna attendere la presidenza di Khatami Mohammad dal 1997 al 2005 per vedere reinserire nuove leggi meno dure per le donne e vennero applicate misure “Disgregative”, in cui in alcuni luoghi fu vietato l’accesso femminile e viceversa, fino ad arrivare ai giorni nostri, nell’attuale governo Raisi dal 2021, in cui anche se c’è stato un maggiore liberismo nei confronti delle donne, è rimasto sempre l’obbligo di coprire i capelli con il velo, l’ hijab, fin dall’età di 7 anni e per la sua violazione, è prevista una multa o un periodo di detenzione che può variare dai 10 giorni a due mesi o anche ad alcuni anni, come è accaduto alla collega, l’avvocata per i diritti umani Nasrin Sotoudeh, condannata a 38 anni e 148 frustate per essere apparsa in pubblico senza il velo. Che dire di un Paese che continua ad avere paura dell’emancipazione femminile, a tal punto da frustare una donna per il solo fatto di non coprirsi i capelli con uno stupido straccio, perché, riportando ciò che dichiarò Khomeini nell’intervista della Fallaci
“… perché le donne scoprendosi, distraggono gli uomini e li turbano…” Cosa rispondere a Sua eccellenza Ayatollah Khomeini, che è stato pur sempre generato da una donna, se non ringraziarlo pubblicamente per queste sue dichiarazioni, visto che molto probabilmente non si è reso neanche conto che così facendo, ha affermato la superiorità e il potere delle donne, essendo così forti e pericolose a tal punto da distrarre la mente degli uomini con una sola ciocca di capelli sulle spalle?
Che altro aggiungere se non dire semplicemente Mashallah!
Avv. Aurora d’Errico