Innanzitutto desidero ringraziare per questo spazio Maria Cristina Del Torchio che mi ha seguito, con infinita pazienza e grande professionalità, nella pubblicazione di questo mio libro e mi ha sempre saputo fornire preziosi suggerimenti. Colgo anche l’occasione per ringraziare coloro che hanno contribuito a rendere davvero speciale Le filastrocche del Regno della Fantasia: Patricia Tessaro, per le illustrazioni che lo arricchiscono e per la splendida copertina, poi Mark Drusco e Eva Immediato per la realizzazione dell’audiobookmusic che impreziosisce questo volume, lo rende ancora più fruibile da parte dei bambini e costituisce un valido ausilio sia per i genitori sia per quegli insegnanti che vogliano usufruirne con i loro alunni.
– Ricordi la prima filastrocca che ti hanno letto e quale mondo si è aperto davanti a te?
Ricordo distintamente una delle filastrocche per i più piccoli che mia madre mi recitava:
Ambarabà Ciccì Coccò
Ambarabà Ciccì Cocò
tre civette sul comò
che facevano l’amore
con la figlia del dottore.
Il dottore si ammalò
Ambarabà Ciccì Coccò.
Mi divertiva moltissimo immaginare le tre civette che se ne stavano appollaiate sul comò a farsi belle con la figlia del dottore, con la quale un po’ mi immedesimavo essendo mio padre un medico.
Ma ve ne erano altre che ricordo con molta emozione per esempio questa che mia madre mi recitava quando ero triste o sofferente:
Manina bella
Manina bella
fatta a pennello
dove sei stata?
Dalla mamma e dal papà.
Cosa ti hanno dato?
Pane e latte.
Gatte gatte gatte!
A Carnevale questa era la mia preferita:
Carnevale vecchio e pazzo
Carnevale vecchio e pazzo
s’è venduto il materasso
per comprare pane e vino
tarallucci e cotechino.
E mangiando a crepapelle
la montagna di frittelle
gli è cresciuto un gran pancione
che somiglia a un pallone.
Beve e beve e all’improvviso
gli diventa rosso il viso
poi gli scoppia anche la pancia
mentre ancora mangia, mangia.
Così muore Carnevale
e gli fanno il funerale:
dalla polvere era nato
e alla polvere è tornato
Gabriele D’Annunzio
Questa filastrocca la adoravo perché mi presentava la personificazione del Carnevale e mi immaginavo questo omone che diventava sempre più grosso fino a scoppiare come un pallone. Mi trasmetteva il senso dell’eccezionalità di quei giorni dedicati alla festa, alle leccornie, al trasvestimento e al gioco di fingersi un personaggio della propria fantasia: la fatina, il pirata, la principessa o Arlecchino.
– Scrivere filastrocche è come cambiare orizzonte ammirando la realtà da una diversa angolazione, quella della creatività. Quanto è stata importante la creatività nella tua infanzia?
La creatività è proprio questa capacità di vedere il mondo circostante, la propria realtà, gli oggetti, la natura con occhi diversi e sospendendo, o forse ampliando i confini della realtà concreta e della razionalità, saper andare oltre e creare spazi, luoghi, personaggi che danno vita e sostanziano storie, curiosità formando quell’humus così tanto importante per l’esistenza ricca e piacevole di una bambina, figlia unica di genitori anziani, come sono stata io. La fantasia, la creatività erano le mie inseparabili compagne di gioco e di crescita.
– La tua è una vera passione per le filastrocche si percepisce leggendo. Quando hai iniziato a dedicarti a questo genere di scrittura?
Ho cominciato a scrivere qualche filastrocca all’inizio del mio percorso d’insegnante. Per alcuni anni ho insegnato in una scuola dell’infanzia e mi divertivo a inventare brevi storie e poesiole per i miei piccolissimi allievi. Dopo qualche anno, diventata mamma, ne ho scritto e recitato per i miei figli.
– I bambini si affacciano a queste piccole favole quasi con un ritmo musicale che li appassiona e li porta a scoprire l’immaginazione e con lei giocare per crescere. Si può considerare la filastrocca come un allenamento alla fantasia che poi si svilupperà su strade future?
Ai bambini piace il rituale, la ripetizione, la musicalità delle parole in rima indipendentemente dal comprendere il significato delle parole, ma non dobbiamo dimenticare che con le filastrocche aiutiamo i piccoli a comprendere come è strutturato il linguaggio perché si abituano a distinguere suoni, vocaboli, ritmo e musicalità; inoltre grazie ad esse si stimolano le competenze che saranno poi utili nella scrittura comprendendo che le parole sono fatte di suoni o gruppi di suoni spesso comuni a più parole. Più tardi i bambini scopriranno che questi suoni hanno dei corrispettivi grafici, dei segni comuni. Infine ascoltando le filastrocche costruiscono delle immagini mentali che li portano a espandere la loro fantasia e la loro creatività perché ben presto passano dall’ascolto e dalla ripetizione alla lettura ma anche alla elaborazione e alla creazione di filastrocche e piccole poesie. In tal modo si stimolano la loro curiosità e la loro voglia di ‘ fare’, di scoprire fino a dove possono arrivare con questi giochi linguistici, quali e quanti personaggi, ambienti, universi possono creare. La creatività nasce dal desiderio di cercare nuove forme espressive ma anche nuove strategie, nuovi approcci, per la soluzione dei problemi. In questo senso possiamo considerarla fondamentale per la ricerca scientifica, tecnologica, sociale. Nessuna delle scoperte realizzate dall’umanità sarebbe stata possibile se la curiosità e la volontà di trovare risposte e soluzioni non avesse innescato la creatività dell’uomo. Quindi rivalutiamo anche l’importanza di questo genere letterario che è la filastrocca: non solo divertiremo i nostri bambini e li aiuteremo a crescere ma metteremo anche le basi per il loro futuro di adulti e di lavoratori.
– Scorgere la meraviglia sui loro volti mentre ascoltano, qual è la tua sensazione mentre reciti le filastrocche ai più piccoli?
La sensazione di tornare ad essere una bambina perché rivedo in loro lo stesso divertimento, la stessa allegria, la stessa curiosità, la medesima voglia di partecipare, di immaginare storie, avventure che provavo io. Il corpo cresce, matura, invecchia ma lo spirito fanciullesco rimane acquattato in un angolino e attende solamente di essere invitato alla festa della fantasia.
– Concludiamo con un tuo messaggio ai bambini di questo nostro tempo.
Ai bambini suggerisco di farsi sempre leggere delle belle filastrocche, di imparare a memoria quelle che più li entusiasmano, così sapranno sempre farsi compagnia anche quando sono soli. Invito i più grandicelli a inventarne di nuove perché giocare con le parole è divertente e rilassante e un giorno saranno orgogliosi di averle scritte e le racconteranno a loro volta ai loro figli. La fantasia, la creatività lasciano sempre il segno e producono universi di senso che arricchiscono la vita non solo nel presente ma anche nel futuro.
Ed ora un saluto ai piccoli lettori con una delle mie filastrocche.
La maestra Tiramigiù
La maestra Tiramigiù
arriva a scuola sempre a testa in giù.
È amata da tutti i bambinelli
perché le sue dita son magici pennelli
sempre intinti in dieci recipientelli:
uno per la fantasia
che non deve mai andare via
due per la poesia
perché senza viene la malinconia
tre per l’allegria
per colorare ogni via
quattro per la felicità
per ricordarsi pure della bontà
cinque per l’amicizia
perché senza è tutta una sporcizia
sei per i colori dell’arcobaleno
per dipingere il mondo di sereno
sette per le note
per poter cantare anche di notte
otto i profumi del giardino
per ricordarsi di ogni bambino
nove per la sincerità
che deve inondare la città
dieci tutto ciò che vuoi tu
perché il mondo lo puoi vedere a testa in giù,
proprio come fa la maestra Tiramigiù.
Da Le Filastrocche del Regno della Fantasia di Giovanna Fracassi
Ed. Rupe Mutevole
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