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È donna, nuda e cruda come la terra: l’arte di Francesca Di Chiara da Artétika a Palermo

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Nella settimana dedicata alla donna, in occasione della giornata mondiale contro la violenza di genere, Artétika, galleria d’arte condotta da svariati decenni, da due donne, Gigliola Beniamino Magistrelli ed Esmeralda Magistrelli, da sempre impegnata nell’esaltazione della creatività al femminile, ha scelto di rendere omaggio alla Madre Divina, creatrice di vita. Ospiterà, dal 25 novembre al 5 dicembre, la mostra Madre Terra, l’esposizione, curata da Alberto Samonà, con opere dell’artista palermitana Francesca Di Chiara. L’inaugurazione avrà luogo venerdì 24 novembre, alle ore 18,30 in via Giorgio Castriota, 15, a Palermo. Ingresso libero. Orari di visita dal lunedì al sabato, dalle 10,00 alle 13,00 e dalle 16,30 alle 19,30.

L’artista palermitana Francesca Di Chiara che esporrà alla galleria d’arte Artétika di Palermo

Saranno esposte 15 opere create con la terra e colorate con i pigmenti naturali, con una tecnica unica ideata dall’artista. A dominare le tele di Francesca Di Chiara, in mostra alla galleria Artétika, i colori della terra, le sfumature dal marrone intenso all’arancione e l’intermezzo di verdi e gialli velati. Oppure spiccanti rossi, quasi in fiammate di colore, che completano le opere con guizzi inaspettati. L’unico pezzo che rappresenta l’altra parte della creatività di Francesca Di Chiara, il suo mondo artistico interno, è un vaso con delicati fiori bianchi dai tratti definiti, che si distingue fra le sue intense e avvolgenti opere informali.

Il commento del curatore Alberto Samonà

“Madre Terra è, nell’opera di Francesca Di Chiara, il riferimento a una dimensione che va ben al di là della propensione creativa individuale, ma si congiunge a un respiro universale che tutto pervade e che è possibile incontrare anche nel gesto artistico. È – aggiunge il curatore della mostra Alberto Samonà -, al contempo, l’invocazione alla Madre Divina che genera la vita e la consapevolezza di un richiamo costante alla Terra, il luogo nel quale gli elementi prendono forma e dal quale ci si nutre costantemente. Per modellare le proprie creazioni, l’artista adopera terre raccolte in vari luoghi della Sicilia: incontri di energie, di colori, di antiche geometrie cosmiche e di esperienze radicate, che vengono infine impresse sulle tele a generare nuova vita”.

Un’opera dell’artista palermitana Francesca Di Chiara in mostra alla galleria d’arte Artétika di Palermo

Chi è Francesca Di Chiara

Nasce a Palermo nel 1960, nel 1986 si laurea all’Accademia di Belle Arti del capoluogo siciliano. È artista e anche insegnante di Yoga secondo la Tradizione dei Maestri Rishi. Inizia a lavorare come restauratrice insieme ad un gruppo di studenti scelti dal professore Giacomo Baragli, noto scultore siciliano. Dopo avere frequentato l’Accademia, Di Chiara ha vissuto in campagna e lì, meditando all’aperto, è nata la sua nuova tecnica. “Era un periodo che studiavo la pittura zen – racconta – e ho sempre avuto un rapporto intenso con la natura. Dipingo all’aperto, il mio lavoro è un messaggio e il mio atelier è il luogo che mi ispira”.

Il libro: “Rose rosse e versi d’amore” di Antonella Tamiano.. un libro di poesie d’amore | PRESENTAZIONE

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Antonella Tamiano

BREVE INTRODUZIONE E SINOSSI DEL LIBRO:

Si tratta di una raccolta di versi dedicata all’amore in tutte le sue sfumature.

Ciao Antonella e benvenuta. Ci parli del tuo libro, “Rose rosse e versi d’amore”? Come nasce, qual è l’ispirazione che l’ha generato, quale il messaggio che vuoi che arrivi al lettore, quale le storie che ci racconti senza ovviamente fare spoiler?

Ciao caro Andrea sono felicissima di poter parlare del mio nuovo libro. Si tratta di liriche d’ispirazione amorosa, l’amore che diviene attesa, gioia a momenti malinconia. L’amore come dovrebbe essere tra due cuori che sono uno la metà dell’altro. L’amore come purtroppo a volte non è, soprattutto nella società odierna dove spesso viene identificato come possesso. Quindi alcuni tendono ad avere una visione distorta di questo sentimento bellissimo. Ho scritto questo libro, perché volevo dare una mia visione dell’amore. Il vero amore è donarsi all’altro in egual modo e misura, l’amore è prima di tutto rispetto dell’altro, nessuno prevale sull’altro. Racconto un sentimento vero, unico, sincero dove protagoniste sono l’emozioni. L’amore è crescita, l’amore moltiplica, non divide, non fa soffrire, non mortifica. Ho voluto fortemente scrivere questi versi perché volevo raccontare la mia visione dell’amore che non è idealizzata, ma autentica.

Inoltre in questo libro vi è un connubio tra pittura e scrittura. La copertina è un mio dipinto nato proprio ad ispirazione delle liriche contenute all’interno del volume. Arte e scrittura in un’unica opera. Inoltre vorrei aggiungere che questo libro edito da PAV Edizioni (collana Aonia) è stato insignito del prestigioso riconoscimento “Alfiere dell’Arte e della poesia”, con una targa dal forte valore simbolico, premio speciale che l’Accademia dei Bronzi di Catanzaro dedica ad artisti, scrittori, poeti in Italia e all’estero promuovendo le voci italiane in tutto il mondo.

Chi sono i destinatari che hai immaginato mentre lo scrivevi?

Tutti possono leggere questi versi, soprattutto le nuove generazioni, perché è un educare all’amore che è un continuo donarsi senza voler pretendere a tutti i costi. Racconto la passione, l’eleganza e la dolcezza dell’amore. Un sentimento che non assomiglia nemmeno lontanamente alla violenza o al male che troppe volte leggiamo sui notiziari. L’amore ci ha generato, “l’amor che move il sole e le altre stelle” come scriveva il sommo poeta. Ed io attingo da quella dolcezza ed eleganza del dolce stilnovo raccontato ai giorni nostri senza idealizzare troppo mi sono ispirata. Si parla poco d’amore inteso in questi termini, per questo ho sentito l’esigenza di farlo e scrivere questa raccolta di liriche amorose.

Una domanda difficile: perché i nostri lettori dovrebbero comprare “Rose rosse e versi d’amore”? Prova a incuriosirli perché vadano in libreria o nei portali online per acquistarlo.

Lo consiglio a chi vuole riscoprire la bellezza e l’autenticità di un sentimento vero e pulito. Dove la passione e il desiderio è un esplosione di sentimenti che vengono dal cuore e dall’anima.

“Rose rosse e versi d’amore” è un riscoprire l’amore, quello con la “A” maiuscola.

C’è qualcuno che vuoi ringraziare che ti ha aiutato a realizzare le tua ultima opera letteraria? Se sì, chi sono queste persone e perché le ringrazi pubblicamente?

In primis ringrazio sempre la mia famiglia, per tutto il sostegno che mi da ogni giorno e in modo particolare mio marito.

Il libro l’ho dedicato a mio padre che mi ha lasciata due anni fa. Era una persona allegra, solare che amava la vita, un uomo di gran cuore.

BREVE BIO DELL’AUTORE:

Antonella Tamiano autrice di romanzi e volumi poetici, “Rose rosse e versi d’amore” è la sua ottava pubblicazione. Molti dei suoi racconti e poesie sono contenuti in antologie in Italia e all’estero. Ha vinto diversi premi e trofei nella scrittura e nella pittura. Tra i più prestigiosi il primo posto al premio letterario “Book for peace” edizione 2018, 2020 e 2021 a Roma. Il primo premio al prestigioso premio G.G.Belli edizione 2018 al Campidoglio Roma. Il premio alla carriera edizione 2018 a Rende (CZ). Il prestigioso premio al concorso poetico a Ville de Pollestres in Francia edizione 2019. Il secondo posto al premio “Amori sui generis” 2020 a Grosseto. Il prestigioso premio “Alfiere dell’arte e della poesia” nella sezione dedicata al libro inedito, conferito dal consiglio direttivo fondato e diretto da Vincenzo Ursini nel 2021. Ha partecipato alla trasmissione televisiva su Rai 1 “Mille e un libro” e ad altre trasmissioni locali promuovendo i suoi romanzi.

Il libro:

Antonella Tamiano, “Rose rosse e versi d’amore”, EDITORE. PAV edizioni, 2023

https://pavedizioni.it/prodotto/rose-rosse-e-versi-damore

https://amzn.eu/d/8824AHw

Antonella Tamiano:

https://www.lamiabiografia.it/index.php/biografie/1-biografie/120-antonella-tamiano-pittrice-scr

https://www.larecherche.it/biografia.asp?Utente=antonellatamiano&Tabella=Biografie

Antonella Tamiano

Non si dice kimoni! A Palermo, una mostra dell’abito tradizionale giapponese da Casa e Putia con m1mo

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Il kimono, abito tradizionale giapponese, esce da cartoni animati e dai film e si appropria delle strade anche delle città occidentali. La tendenza moda, in atto già da un po’, sarà celebrata a Palermo, da Casa e Putia, in via Torrearsa, 17, giovedì 23 e venerdì 24 novembre, con una mostra di abiti appartenenti all’archivio di Matteo Scalvini. Modello internazionale che da sei anni viaggia lungo il Giappone, in bici, alla ricerca di capi antichi nei bauli delle nonne e nelle soffitte. Nel 2021, ha fondato m1mo, un progetto di collezionismo con il più grande archivio in Europa, per sdoganare il kimono, tra musei, gallerie d’arte, boutique e hotel. L’inaugurazione sarà giovedì alle 10.00, ingresso libero. Visitabile fino alle 14.00 e dalle 16.00 alle 20.00. Info 0916112024 – 3371849575.

Kimono dell’archivio di m1mo progetto internazionale tra Italia e Giappone, fondato da Matteo Scalvini

Il progetto di collezionismo e archivio di “m1mo”

A Palermo, da Casa e Putia, boutique specializzata in ricerca ed esplorazione delle culture del mondo, dello stilista Massimo Ardizzone e del socio Carlo Curcio, sarà presentata una selezione di kimono, haori e michiyuki di circa 100 pezzi, dell’archivio che ne conta almeno 7000, databili tra dal 1929 al 1960, e che è stato presentato in anteprima alla Milano Fashion Week. Si tratta dei tipici abiti giapponesi antichi, recuperati da Matteo Scalvini, co-fondatore di m1mo, insieme a Beatrice Menozzi, responsabile del marketing. Sono pezzi unici, fatti a mano, che celebrano la tradizione dello stile giapponese, non solo come capo da indossare ma anche come opera d’arte da collezionare.

Kimono dell’archivio di m1mo progetto internazionale tra Italia e Giappone, fondato da Matteo Scalvini

Lo stile dietro all’abito tradizionale giapponese

Unicità, eleganza, artigianalità e sostenibilità i valori del progetto “m1mo” che si muove tra il Giappone e l’Italia e si ascrive alla corrente dello slow fashion. Matteo Scalvini, classe ‘82, nato a Brescia, è in Giappone dal 2016, tra moda, fotografia e arte, alla ricerca dei significati nascosti e dei simboli dietro alle molte tecniche di tintura e tessitura antiche giapponesi. Sono unici ed ecosostenibili perché non sono stati acquistati nei comuni negozi o nei mercati giapponesi, ma ritrovati in case private, dove venivano gelosamente conservati per le occasioni più importanti e, in alcuni casi, indossati una sola volta per poi tramandarli alla generazione successiva. Altre fonti dell’archivio sono i collezionisti e le aste. E, soprattutto, sono realizzati rigorosamente a mano con sete antiche e non allevate, colorati con porpore naturali.

Kimono dell’archivio di m1mo progetto internazionale tra Italia e Giappone, fondato da Matteo Scalvini

“La semplicità del nome del brand m1mo, con la m minuscola e un numero uno al posto della i – spiega la direttrice del marketing, Beatrice Menozzi -, incarna l’essenzialità quale peculiarità dell’eleganza che mai può trovare espressione nella superflua ridondanza degli elementi compositivi. Parimenti, nella cultura giapponese e non solo, il mimo esprime l’essenzialità del linguaggio capace, attraverso la mera gestualità e l’utilizzo scenico degli abiti tradizionali, di rappresentare la variegata gamma di tutte le emozioni dell’essere umano. Infine – sottolinea -, la ricchezza compositiva di questi abiti tradizionali non si declina mai al plurale, si dice solo kimono”.

“Madre non Madre”, intervista alla musicista Valentina Lupi | di Serena Derea Squanquerillo

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“Madre non Madre”, è uscito il nuovo album di Valentina Lupi. L’intervista

Dopo i singoli “Ho visto Gesù” e “Pronta a ballare”, venerdì 10 novembre è uscito in tutti gli store digitali “Madre non Madre”, il nuovo album della cantante e musicista veliterna, Valentina Lupi. Da venerdì 24, sarà anche nei negozi di dischi. L’album è prodotto da Adriano Viterbini e registrato presso gli Artigiani Studio, per Romolo Dischi e Ada Music Italy. L’ho intervistata.

Valentina Lupi, “Madre non Madre”, un titolo importante. Perché questa scelta e quale presa di coscienza racchiude quel ‘non’?

Ho scelto questo titolo perché avevo bisogno di raccontare le diverse condizioni della maternità, abbracciando molti degli stati d’animo contrastanti che la accompagnano. Ho costruito le canzoni intorno al titolo. In questo disco sono racchiuse diverse storie di genitorialitá e non solo, anche storie di rapporti che cambiano necessariamente nel tempo, ma che resistono. Mi sono chiesta se tutte le madri si sentono madri e se le non madri possono essere madri lo stesso, perché ogni donna è sempre madre di qualcosa, di qualcuno, che sia un’idea, un’opera d’arte, un figlio. Succede poi di non sentirsi a volte all’altezza di questo importante compito, spesso mi sono sentita inadatta e in colpa per questo mio modo di sentirmi, ho provato a dar voce a una patologia, la depressione post parto, che ho vissuto in prima persona. Ho voluto poi cantare la gioia di veder crescere il mio bimbo in “Mio Re”, mio figlio è la cosa piú bella e giusta che mi potesse accadere nella vita. La sua venuta al mondo mi ha reso una persona migliore. In “Leggera” infine ho cercato di raccontare il coraggio e l’amore incondizionato di una donna straordinaria, Lara Liotta, mia cara amica, madre di Lavinia Montebove.

Dopo “Partenze Intelligenti” del 2015, sei tornata l’8 settembre, con il singolo “Ho visto Gesù”, incluso nell’album. Spesso i momenti di pausa sono un’occasione di crescita e trasformazione. Chi era Valentina allora e chi è oggi?

La forza terapeutica della scrittura. La scrittrice Chiara Domeniconi e la dottoressa Katia Aringolo, un incontro sui disturbi alimentari

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Disturbi alimentari

Nel suggestivo scenario della Sala Luigi Di Liegro a Palazzo Valentini, in Via Quattro Novembre 119/A, lunedì 27 novembre dalle 18:00, si terrà un incontro straordinario dedicato alla forza della scrittura come terapia e strumento di rinascita. La protagonista indiscussa sarà la talentuosa scrittrice Chiara Domeniconi, il cui percorso di guarigione dai disturbi alimentari sarà al centro del dibattito.

La serata prevede la presentazione dei libri “Come un chiodo nella carne” e “Mani in Extasy”, che tracciano il cammino di Chiara verso la guarigione. Il filo conduttore sarà una discussione approfondita sui disturbi alimentari che hanno segnato la vita dell’autrice e il ruolo terapeutico della scrittura.

Accanto a Chiara, la dottoressa Katia Aringolo, psicologa e psicoterapeuta cognitivo-comportamentale, condividerà il microfono per discutere delle tematiche affrontate nei libri, concentrandosi soprattutto sui giovani e giovanissimi. Un messaggio di massima allerta che mira a sensibilizzare sulle conseguenze pericolose dei disturbi alimentari.

Il dibattito, intitolato “Disturbi alimentari: il ritorno alla vita grazie alla scrittura”, sarà guidato da Sheyla Bobba, editore e promotore editoriale del gruppo SBS. L’evento promette di essere ricco di emozioni e riflessioni, con l’obiettivo di illuminare il cammino verso la guarigione attraverso la potente arte della scrittura.

L’ingresso è gratuito, previa presentazione di un documento d’identità all’ingresso. Gli interessati possono accreditarsi inviando nome e cognome a sbscomunicazione@gmail.com.

Non mancate a questo straordinario appuntamento di conoscenza e rinascita, Lunedì 27 novembre dalle 18:00 presso Palazzo Valentini, via Quattro Novembre 119/a, sede della città metropolitana di Roma.

“Obiettivo Donna” Borsa di Studio “Ada Arcuri” al Polo Liceale di Castelvetrano | Il 24 novembre si terrà il primo incontro con gli studenti della scuola

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Obiettivo Donna Castelvetrano

Il Polo Liceale di Castelvetrano (TP) presenta “Obiettivo Donna” – Borsa di Studio  Ada Arcuri.

Si tratta di un progetto che si articolerà in tre distinti momenti in programma il 24 novembre, l’8 marzo e il 30 aprile, giornata conclusiva dell’evento.

Venerdì 24 è prevista la prima iniziativa suddivisa in due tempi: nell’Aula magna del Liceo delle Scienze Umane “Gentile”, dalle ore 9.30 alle ore 11, e nell’Aula magna del Liceo Scientifico “Cipolla” dalle ore 11.30 alle ore 13. Interverranno il dottor Andrea Giostra, psicologo, criminologo e scrittore, l’avvocato Rosa Maria Sciortino, avvocato penalista, e Filippo Cardinale, giornalista e direttore del “Corriere di Sciacca”.

L’8 marzo, con la stessa modalità, e negli stessi orari – nell’aula magna del Liceo Classico “Pantaleo”, dalle ore 9.30 alle ore 11, e nell’aula magna del Liceo Scientifico “Cipolla” dalle ore 11.30 alle ore 13 – interverranno Anna Segre, psicoterapeuta e poetessa e Franca Alaimo, docente e poetessa. Il 30 aprile, infine, al Teatro Comunale Selinus, alle ore 11, si terrà la consegna della Borsa di Studi alla presenza di Filippo Cardinale, di Maria Teresa Coraci, attrice e autrice, e di Graziella Proto, giornalista e scrittrice.

La Borsa di studio in memoria di Ada Arcuri, moglie di Filippo Cardinale, venuta a mancare due anni fa a causa di una malattia, nasce per gli alunni del quinto anno, sulla base del merito, dell’impegno nello studio, del corretto comportamento e della partecipazione alle attività scolastiche, come possibilità di ottenere i 500,00 euro come incentivo e sostegno economico a proseguire nella carriera accademica, continuando al di là delle mura scolastiche a costruire  empatia, ascolto dell’altro, coraggio e amore. Il Direttore del Corriere di Sciacca, in un incontro propedeutico alla nascita e all’istituzionalizzazione della Borsa di Studio, in presenza della professoressa Bia Cusumano, referente del progetto, e della Dirigente Scolastica, Gaetana Maria Barresi, ha ricordato le qualità umane della moglie, Ada, “una donna e una professionista tenace e forte, dalla gioia contagiosa, piena di luce e capace di costruire bellezza intorno a sé, donandosi agli altri, senza mai risparmiarsi”. La borsa di studio è un vero e proprio progetto dedicato alla parità di genere e al rispetto nei confronti delle donne, sempre più ‘oggetto’, purtroppo, di abusi, violenze psichiche e fisiche ed efferati omicidi. Gli alunni delle classi V avranno la possibilità di creare un elaborato sul tema proposto, dando spazio alle proprie abilità di scrittura creativa. Gli elaborati saranno valutati sulla base di criteri resi noti nel bando, da due commissioni di primo e secondo livello. L’elaborato che risulterà il migliore riceverà durante la manifestazione finale, l’assegnazione della borsa di studio. A parità di merito sarà sempre tenuto conto delle condizioni economiche e della media dei voti degli alunni partecipanti. Il progetto “Obiettivo Donna” creato attorno alla memoria di Ada Arcuri, vedrà impegnati i docenti di lettere di V anno dell’intero Polo Liceale, i docenti referenti dei dipartimenti di area umanistica e alcuni esperti esterni. Il progetto mira a sancire l’importanza assoluta della Scuola come istituzione in un mondo che traccia sempre più orme di violenza e lesione della dignità altrui, piuttosto che cura e rispetto. Tutto il Polo Liceale di Castelvetrano, la sua Dirigente Barresi, i suoi docenti, i collaboratori e gli alunni in particolar modo, ringraziano il dott. Filippo Cardinale per l’iniziativa generosa in memoria della moglie.

GIORGIA NICOLIN, SCRITTRICE – INTERVISTA | di Monica Isabella Bonaventura

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-Ben arrivata Giorgia e grazie per la tua disponibilità.
Sei una donna con molti interessi, insegni francese, ti interessi di arte e ti piace scrivere, ma chi è Giorgia Nicolin nel privato, nella vita di tutti i giorni e nella sua passione per l’arte dello scrivere?
Ciao Monica, sono  innanzitutto una mamma che ha cresciuto due figlie praticamente da sola finché non le ha viste spiccare il volo. Sono una docente di lingua francese, dopo circa un decennio di lavoro aziendale e una donna che coltiva varie passioni nel tempo libero.

-Di te sappiamo che sei insegnante e che ultimamente ti sei dedicata alla scrittura e stai per pubblicare un libro in parte autobiografico dal titolo “Molte storie, una sola donna”.
Quanto c’è di personale e da dove nasce l’ispirazione di raccontare parte della tua vita?
Credo che ogni libro sia caratterizzato in percentuale maggiore o minore dal vissuto dell’autore.
Per quel che mi riguarda, ho iniziato a scrivere partendo dall’analisi di alcuni episodi della mia vita, in seguito romanzati facendo prevalere la fantasia sulla realtà.

-E’sempre affascinante leggere un libro di una scrittrice che abbia un vissuto da riportare, una storia, molte storie. Quanto ha inciso emotivamente lavorare in questo tuo romanzo?
Molto. Come appena detto, pur dando ampio spazio alla fantasia che ha prevalso sulla realtà, tutto ha avuto inizio da una “rivisitazione” del mio vissuto e ciò ha comportato una notevole fatica emotiva.

-Cosa vorresti far comprendere e trasmettere ai lettori quando leggeranno le tue parole, i tuoi pensieri? Dietro c’è una chiave di lettura che all’istante potrebbe non essere percepita?
Naturalmente non ho messaggi subliminali da trasmettere. Semplicemente racconto la storia di una donna come tante la cui vita, non banale e lineare, non è stata quindi facile.  Molte donne potranno riconoscersi nel personaggio di Laura, la protagonista del romanzo. Vorrei che passasse il messaggio di riconoscenza nei confronti della Vita che, nonostante gli ostacoli e le prove a cui si è sottoposti, vale sempre la pena di essere vissuta.

-Perché secondo te oggi è importante scrivere, raccontare o raccontarsi? Per te è un modo per esistere?
Per quel che mi riguarda, la scrittura ha una funzione terapeutica, mi permette di rivivere con distacco esperienze vissute riuscendo a capire il perché di scelte fatte o non fatte che sono, in definitiva, la dimostrazione del nostro essere artefici del proprio destino, di come si possa vivere la vita e non lasciarsi semplicemente sopravvivere. Si tratta quindi di un’assunzione di responsabilità.

-Hai mai pensato di coinvolgere, in un programma scolastico i tuoi studenti e avvicinarli alla scrittura? Cosa ribadiresti loro per appassionarli a quest’arte e incoraggiare la loro attenzione?
A scuola vengono proposte attività aventi lo scopo di motivare gli studenti alla scrittura. Io lavoro in una scuola media e la fascia di età degli alunni va dagli 11 ai 13 anni. Arrivano che sono ancora bambini ed escono dalla scuola media che sono adolescenti. Nel mio piccolo ho  svolto attività finalizzate alla creazione di un giornalino scolastico, ovviamente in lingua francese, in cui alcuni alunni hanno dato spazio alla loro creatività tramite la scrittura. In particolar modo ricordo l’esperienza fatta con una classe: disposi le sedie dell’aula allineandole a due a due in fila e senza i banchi. Feci sedere i ragazzi come se fossero in un autobus. Chiesi loro di pensare che erano in gita scolastica e di guardare fuori dal finestrino e scrivere ciò che vedevano. Il risultato fu positivamente sconvolgente: avevano fantasticato le cose più incredibili! Conservo ancora quegli scritti, che poi traducemmo in francese.

-Molte donne potrebbero sentirsi protagoniste, rivivere passaggi esistenziali e morali che tu hai in qualche modo tradotto. Cosa diresti in breve a queste donne che non hai raccontato?
Direi loro ciò che appare scontato, ma che spesso viene dimenticato, ossia che ogni donna possiede una forza in sé quasi innaturale che le permette di superare qualsiasi ostacolo.

-Perché credi si debba leggere il tuo libro?
Semplicemente perché sottolinea l’utilità di fermarsi e analizzare la propria vita per coglierne il significato più profondo, cosa che spesso non si fa perché travolti dal turbinio del nostro quotidiano. Tutti noi spesso  facciamo ricorso, parlando, ai proverbi che sono il frutto di un’antica saggezza popolare, di quando la vita era molto più semplice e meno caotica di quella moderna e ci si poteva permettere di fermarsi a riflettere sulla Vita.

-Quali sono i tuoi prossimi progetti?
Sto progettando un sito web in cui esporre le mie creazioni, da quelle pittoriche a ciò che realizzo manualmente con l’uncinetto. Voglio sottolineare che non mi considero assolutamente un’artista, ma solo una persona curiosa con voglia di sperimentare.

-I lettori dove ti possono seguire?
Nel suddetto sito non appena sarà terminato. Nel frattempo sono presente in alcuni social. In Facebook con la pagina “Si.ca” e in Instangram (il_mondo_della_creazione).

E’ stato un piacere e ti ringrazio per la tua disponibilità.
Maestra d’Arte;  Monica Isabella Bonaventura

ORFEO WEEK 2023: RENÉ JACOBS DIRIGE GLUCK PER LE CELEBRAZIONI DI GAETANO GUADAGNI

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Dramatodia (c) Francesca Todisco

Estratti da Orfeo ed Euridice sul podio della Lira di Orfeo con Raffaele Pe nel ruolo del titolo

Al Teatro alle Vigne di Lodi, domenica 3 dicembre alle ore 21

La star del barocco René Jacobs ha scelto Lodi e La Lira di Orfeo per il suo ritorno in Italia: dirigerà estratti dall’Orfeo ed Euridice di Christoph Willibald Gluck, opera di cui il direttore belga è uno dei massimi esperti, in occasione del concerto finale della seconda edizione del Festival Orfeo Week, domenica 3 dicembre al Teatro alle Vigne alle ore 21.

Dedicato a Gaetano Guadagni (Lodi, 1728 – Padova, 1792), cantante castrato per cui venne composto il capolavoro di Gluck, il grande appuntamento vedrà il Maestro Jacobs dirigere la versione di Orfeo ed Euridice custodita alla Pontificia Biblioteca Antoniana di Padova, probabilmente ricomposta da Gaetano Guadagni per un’occasione privata, databile tra il 1775 e il 1785. Insieme a Raffaele Pe – controtenore di Lodi ideatore della Orfeo Week, che canterà nel ruolo del titolo – saranno sul palco il soprano Alice Mededdu nella parte di Amore, La Lira di Orfeo con la spalla dell’ensemble Elisa Citterio, il Coro de La Lira di Orfeo Academy e il Maestro al cembalo Jacopo Raffaele.

Direttore belga con all’attivo più di duecentosessanta incisioni discografiche e numerosi riconoscimenti fra cui un Grammy Award per la sua registrazione de Le nozze di Figaro di Mozart, Jacobs arriverà a Lodi già venerdì 1° dicembre durante le celebrazioni per Gaetano Guadagni, cantante castrato protagonista delle scene europee a metà Settecento, la cui nascita a Lodi è stata confermata dalla storiografia solo in tempi recenti. In questa occasione sarà posta una targa commemorativa nella Biblioteca Comunale alle ore 16, dove si ritroveranno anche alcuni dei massimi studiosi del cantante per una tavola rotonda a cura di Dinko Fabris, con Anna Tedesco e Angelo Foletto, con la moderazione di Andrea Estero.

Il giorno seguente, sabato 2 dicembre, René Jacobs offrirà una masterclass alla Lira di Orfeo e ai partecipanti della Academy “Orfeo wants you!”, novità della Orfeo Week di quest’anno, durante la quale verrà assegnata la parte di Euridice.

«Una sorpresa che mi lascia senza parole – commenta Raffaele Pe. Inizialmente René Jacobs sarebbe dovuto unicamente essere presente alle celebrazioni per Gaetano Guadagni. La sua decisione di dirigerci nel nostro concerto finale mi onora profondamente. Per me è un riferimento: nella sua veste di controtenore, è stato fra i primi interpreti in tempi moderni del capolavoro gluckiano ed è pluriennale la sua approfondita ricerca su questa vocalità».

Gaetano Guadagni ebbe una florida carriera in tutta Europa, in particolare a Londra. Parlava perfettamente inglese e fu probabilmente il primo cantante castrato ad essersi interessato alla recitazione. Ottenne il suo maggior successo come Orfeo e la versione che verrà eseguita a Lodi è stata riscritta per far emergere il suo immenso talento.

Orfeo Week è un festival innovativo e trasversale. Nato da un’idea di Raffaele Pe insieme al suo ensemble barocco La Lira di Orfeo, vedrà protagonisti artisti, filosofi, produttori, poeti e acrobati che si incontreranno a Lodi, città natale del controtenore, dal 25 novembre al 3 dicembre per far musica – non solo barocca – e per ragionare insieme, in modo e in luoghi inaspettati, intorno al mito di Orfeo, naturale fulcro della giovane kermesse e movente di tutto il percorso artistico dell’ensemble. Fra i protagonisti, oltre al grande direttore d’orchestra e riferimento del barocco René Jacobs, il filosofo Umberto Galimberti, la poetessa Mariangela Gualtieri, il giornalista televisivo Massimo Bernardini, la pianista Gloria Campaner, il designer, interprete e produttore Saturnino Celani, storico bassista di Jovanotti, e la curatrice della Collezione di strumenti musicali antichi “Tagliavini” di Bologna Catalina Vicens.

Alla compagine degli sponsor istituzionali che già l’anno scorso hanno contribuito all’evento, quali il Ministero della Cultura, la Città di Lodi, la Fondazione Comunitaria della Provincia di Lodi Onlus, la Fondazione BPL, la Confcommercio Lodi, il Consorzio Artigianauto Lodi, si è aggiunta quest’anno la Fondazione LGH A2A, che ha creduto nel progetto in maniera significativa.

Allo storico sostenitore de La Lira di Orfeo, lo sponsor Mc Donald’s, dopo il successo della prima edizione, si annoverano per questa seconda edizione importanti nomi del territorio e non, che hanno voluto investire nell’iniziativa con grande entusiasmo.

Lazzari auto, che mettendo a disposizione l’Id Buzz, consente un’anima green al Festival, che potrà portare in giro gli ospiti con zero emissioni di anidride carbonica in totale modalità elettrica. Il Bar Masseroni e il Dolce Meta, due storiche realtà del lodigiano che non fanno mai mancare il proprio supporto alla Città, Future Fusion, il locale fusion più esclusivo di Lodi, la Ever srl, l’Azienda di elettronica di Lodi nel mondo, la Befit, la palestra del lodigiano e da poco del cremasco, Arredo Bongiorni, la famiglia di mobili per antonomasia, Sir Hair & Beard, il nuovo barbiere di eccellenza in città, Quality events, l’esclusivo servizio di bar catering e L’Erbolario, un affidabile partner su cui poter contare.

Media Partner lo storico giornale del territorio, Il Cittadino, che seguirà coi suoi inviati l’evento diffuso del Festival.

Info: https://www.laliradiorfeo.it/orfeo-week

Teatro Boxer presenta ANDREA PENNACCHI in UNA PICCOLA ODISSEA | Sabato 25 novembre, ore 21.00, Domenica 26 novembre, ore 18.00

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Foto Andrea Pennacchi_®Sonia De Boni

«Sono venuto in possesso di una copia dell’Odissea abbastanza presto e ho sempre desiderato raccontarla. L’Odissea è stata definita una maestosa cattedrale di racconti e raccontatori, attraversata da rimandi ad altre storie, miti, in una fitta rete atta a catturare il lettore. Proprio il suo essere costruita mirabilmente per la lettura, però, la rende difficile da raccontare a teatro, ricca com’è».

Con queste parole il drammaturgo, regista teatrale e attore di cinema e tv Andrea Pennacchi descrive come è nata l’idea del suo spettacolo Una piccola Odissea, in scena al Teatro Celebrazioni di Bologna sabato 25 novembre alle ore 21.00 e in replica domenica 26 novembre alle ore 18.00.

Ispirata al poema epico di Omero, quella di Pennacchi è una rappresentazione intima a più voci, con le musiche dal vivo di Giorgio Gobbo (chitarra e voce) – che ne è anche l’autore – Gianluca Segato (lap steel guitar) e Annamaria Moro (violoncello).

Dentro il racconto dell’attore c’è tutto il suo mondo: partendo dal testo omerico ritrova i ricordi della sua giovinezza, la famiglia, le gioie e le sofferenze. Si tratta di una rilettura delle vicende di Ulisse, in cui, al pari del celebre eroe vagante, Pennacchi ritorna a casa – attraverso la sua memoria – mostrando inoltre quanto l’opera del cantore greco sia un classico senza tempo.

«Partiremo dalla capanna dei racconti – dice l’attore – quella capanna del chiaro Eumeo, principe e guardiano di porci, in cui inizia la vera e propria riconquista di Itaca da parte di Odisseo. Così vicina alla mia infanzia, nucleo rovente da cui nacque il mio amore per il racconto».

PREZZI BIGLIETTI: Intero € 31,00 – Ridotto € 28,00 – Abbonati € 26,00 – Under29 € 25,00

I biglietti sono acquistabili online e nei punti vendita autorizzati sui circuiti Vivaticket e TicketOne, e presso la biglietteria del Teatro Celebrazioni (https://bit.ly/UnaPiccolaOdissea23web).

La biglietteria del Teatro Celebrazioni è aperta dal martedì al sabato dalle ore 15.00 alle ore 19.00 e nei giorni di spettacolo a partire da un’ora prima dell’inizio (Via Saragozza 234, Bologna | Tel: 051.4399123 | E-mail: info@teatrocelebrazioni.it).

Il pubblico potrà prenotare per una cena o un aperitivo al Celebrazioni Bistrot, nel foyer del Teatro, a cura del Ristorante Biagi e del cocktail bar “10 Codivilla”, aperto da un’ora e mezza prima dell’inizio di ogni spettacolo. Info e prenotazioni: +39 329 8120861.

Teatro Celebrazioni Theatricon Srl

Via Saragozza 234, Bologna

Tel. 051.6154808

www.teatrocelebrazioni.it

L’incontro inaspettato di Fabrizio e Jennifer nel nuovo libro di Stefano Gianuario

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Stefano Gianuario

“Ci penseremo domani” di Stefano Gianuario è una storia che sorprende piacevolmente il lettore nel finale. Il romanzo narra dell’incontro tra Fabrizio e Jennifer, due persone in crisi che si ritrovano casualmente in un bar in una calda serata di settembre. Attraverso un dialogo profondo e istintivo, i due protagonisti del romanzo si confessano reciprocamente, portando alla luce le loro emozioni più profonde.

“La trovavo esageratamente adorabile. La sua spontaneità, il suo imbarazzo, il suo pieno di parole vinta la reticenza iniziale. Mi piaceva tutto nel suo modo di esprimersi. Mai banale e comunque mai costruita; spigliata e a tratti anche volgare, diciamo pure sboccata. Così critica verso sé stessa, ma senza la pesantezza congenita di chi va in cerca di commiserazione” scrive l’autore riportando i pensieri di Fabrizio dopo aver conosciuto la giovane Jennifer.

Stefano Gianuario ha saputo creare dei personaggi vividi e realistici attraverso uno stile scorrevole e coinvolgente che permette di entrare completamente nella storia e sentire le emozioni dei protagonisti. Le descrizioni dettagliate e le parole scelte con cura rendono il contesto ancora più reale.

“Non potevo avere un’idea definita di quest’uomo che conoscevo da così poco ma, da quello che intuivo, avrei potuto scommettere che fosse una persona in grado di calibrare le parole, non esponendosi, non giudicando, non raccontandosi. Eppure ormai sapevo molto della sua vita. Mi aveva raccontato della sua infanzia, dei suoi genitori, i retroscena lavorativi. Ed era accaduto con semplicità, con naturalezza. Forse era così che doveva essere, magari rappresentavamo una sorta di confessionale reciproco, manifestatosi in una domenica sera di settembre solo in apparenza come le altre” si legge nelle pagine del libro di Stefano Gianuario a proposito delle riflessioni su Fabrizio che occupano la mente di Jennifer.

Nel suo nuovo romanzo l’autore affronta con delicatezza e sensibilità temi importanti, come il passato, la ricerca della felicità e il coraggio di affrontare il cambiamento, portando il lettore a riflettere sulla complessità delle nostre vite e sull’importanza di mettere in discussione le nostre convinzioni e combattere le sfide che ci si presentano.

“Ci penseremo domani” è dunque un libro per tutti coloro che sono alla ricerca di una lettura coinvolgente ed è capace di spingere alla riflessione profonda e di farci apprezzare le sfumature più profonde della vita. Con quest’opera Stefano Gianuario ha dimostrato ancora una volta di essere uno scrittore talentuoso e promettente. Classe 1985, l’autore ha scritto di cinema, musica e spettacolo per poi dedicarsi all’economia. Ha pubblicato il racconto “Le cose di Jack” nel 2004 con la prefazione letteraria di Cristiano Godano, leader dei Marlene Kuntz. “Ci penseremo domani” (Morellini Editore) è il suo secondo romanzo dopo “Vanilla Scent pubblicato nel 2017.

BIOGRAFIA DELL’AUTORE. Stefano Gianuario, classe 1985, è un giornalista professionista milanese; ha scritto di cinema, musica e spettacolo per poi dedicarsi all’economia. Ha pubblicato il romanzo “Vanilla Scent” (Robin Edizioni, 2017) e il racconto “Le cose di Jack” (Nuovi Autori, 2004), con la prefazione letteraria di Cristiano Godano, leader dei Marlene Kuntz. “Ci penseremo domani” (Morellini Editore, 2023) è il suo secondo romanzo.

Casa Editrice: Morellini Editore

Collana: Varianti

Genere: Narrativa contemporanea

Pagine: 248

Prezzo: 18,00 €

Contatti

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https://www.instagram.com/ci_penseremo_domani/

www.morellinieditore.it

Link di vendita online

https://www.morellinieditore.it/scheda-libro/stefano-gianuario/ci-penseremo-domani-9791255270300-589790.html

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“I giorni del Cobra”, intervista a Daniela Merola | di Serena Derea Squanquerillo

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I giorni del Cobra, intervista a Daniela Merola di Serena Derea Squanquerillo

Oggi condivido la puntata della mia rubrica Racconti d’Arti, dove ho avuto il piacere d’avere ancora ospite la giornalista e scrittrice Daniela Merola, che ci ha presentato il suo terzo romanzo, “I giorni del Cobra”, un noir, con la prefazione della scrittrice Eleonora Belfiore ed edito da LFA Publisher.

Daniela Merola è anche promoter culturale, sceneggiatrice per fiction e teatro, organizzatrice eventi culturali, presentatrice tv, formatrice, ufficio stampa e molto altro. Lavora da venticinque anni nel campo della comunicazione, della promozione e dell’editoria. Lavora come freelance per alcune CE medio-piccole.

Collabora con le testate giornalistiche “Road tv Italia”, “DGg news magazine” e “Mob magazine”, e con associazioni culturali tra cui “I colori del Mediterraneo” e la Biblioteca “Borgo di capodimonte”. Ha pubblicato il primo romanzo, “Marta, un soffio di vita” l’8 febbraio 2019, il secondo “La giusta via” il 20 febbraio 2021, entrambi per LFA Publisher.

È stata scelta tra i cinque finalisti al prestigioso premio letterario nazionale “Sanremo Writers” 2023, sezione miglior testo per fiction TV, tratto dal secondo romanzo “La giusta via”, con cui ha vinto una “menzione d’onore speciale” per la sceneggiatura originale.

Dalla quarta di copertina di “I Giorni del Cobra”

“Mamma, perché non parli? Svegliati, svegliati! Erano iniziati i giorni del Cobra, l’inverno aveva investito il ragazzino, e non sarebbe passato, la ruggine dei ricordi, incollata alla carne, non gli dava tregua, il veleno scorreva nel corpo, lasciandolo con paure spaventose e tetre.”

Nel dialogo che segue nel video, io e Daniela abbiamo parlato del suo terzo romanzo e di “buoni e cattivi”. Abbiamo cercato di riflettere e comprendere cosa si possa nascondere nella psiche e dietro ai ‘motivi’ di un killer. Abbiamo discorso di empatia; violenza sulle donne e molto altro.

Ma abbiamo anche stemperato la tensione di tematiche serie, seppur romanzate, nel libro, con tante risate e riflessioni applicate alla vita personale. Buona visione!

Per approfondire sulle attività di Daniela Merola.

Blog: danielamerola.wordpress.com
Facebook: Merola Daniela
Youtube:@danielamerola6080
Instagram: meroladany
Twitter: merola_daniela

GUARDA la prima intervista sul suo romanzo “La giusta via”:
www.youtube.com/watch?v=VUDPdHhlZT8

 

“I Gialli, modenesi e non, di Roberto Roganti” ǀ Intervista di Maria Teresa De Donato

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Carissimi Lettori e Lettrici,

oggi è tornato a trovarci l’amico e collega Autore e Blogger Roberto Roganti. Coloro che seguono le nostre rispettive attività avranno già avuto modo, probabilmente, di leggere le nostre precedenti interviste  Roberto Roganti ed Il Mese Classico Roberto Roganti tra Racconti e Poesia Dialettale Modenese.

Come abbiamo considerato in passato, tante sono le attività culturali in cui Roberto si cimenta da molti anni. Oggi vogliamo soffermarci sulla sua produzione di ‘Gialli’, molti dei quali ambientati proprio a Modena, la sua città.

Auguro a voi tutti, quindi, una Buona lettura!

 

MTDD: Ciao, Roberto, e benvenuto di nuovo in questo mio Blog e Salotto Culturale Virtuale. È sempre un piacere averti mio ospite.

RR: Grazie mille, ma che dico, diecimille… il piacere è anche mio.

 

MTTD: In una delle precedenti interviste abbiamo presentato la tua produzione letteraria facendo riferimento alle tue poesie, soprattutto quelle dialettali, e ai tuoi racconti.

Dalla poesia e dai racconti come sei approdato alla stesura di “gialli”?

RR: Guarda, è stato più facile di quello che credessi. Come ho detto nell’altra intervista, da giovane ero un lettore del genere giallo, a casa mia ce ne erano centinaia, a partire dal numero 1 dei gialli Mondadori… ne ho letti moltissimi, quasi tutto Agatha Christie, tutto Simenon, tanto Chandler, Doyle, Stout, Queen… insomma, i classici e i meno conosciuti… c’è stato un periodo in cui mi sono fissato di leggere tutti quelli che avevano un cognome italiano… Ezio D’Errico, Guglielmo Giannini, Franco Enna, Sergio Donati, ma quello che mi affascinò di più fu Giuseppe Ciabattini… poi, leggi leggi e nella mia testa si è formata una mentalità… gialla. Poi dai, prima la poesia con pochissimo amore e tanta morte, poi i racconti, più o meno tutti tragici e spessissimo con delle morti… due più due fa sempre quattro… alla fine, dopo aver letto Faletti, Recami, Camilleri, Carofiglio… sono approdato a Malvaldi… penso che, come si dice, galeotto su … Malvaldi. La faccenda del BarLume e dei vecchietti mi ha come folgorato… ho ripreso in mano Mors tua, vita mea e… ho creato il gruppo dei 5x1_6, un commissario e cinque amici, che risolvono i delitti.

 

MTDD: A Modena Today, che ti ha intervistato nel 2018, hai dichiarato che i personaggi del tuo primo giallo Morte al Villaggio Giardino, sono modenesi, persone realmente esistenti, ed hai affermato che “I morti parlano più dei vivi.”

Puoi raccontarci esattamente come sei arrivato alla pubblicazione di questo giallo, come ti sei regolato per la scelta dei personaggi e, soprattutto, elaborare questa tua frase in riferimento ai morti, che a mio avviso è particolarmente significativa?

RR: Guarda, è stata una cosa maturata nell’arco di una notte insonne per aver mangiato troppo. Come ho detto nella risposta precedente, tutto nasce da un racconto. E proprio in quella notte sono stato folgorato dall’idea di creare un gruppo di amici che aiutasse il commissario di turno a risolvere i casi. Non è stato un parto semplice scegliere i personaggi, ho cercato di unire figure che si conoscevano a figure che non sapevano nemmeno l’esistenza degli altri. Così ho creato la squadra, i 5x1_6, dove l’1 era il commissario e i 5 altri amici che gli davano una mano. Ognuno con le sue caratteristiche e con un lavoro il più simile possibile a quello della vita reale. Un giornalista freelance, un vignaiolo, un insegnate di ginnastica e un rappresentante di abbigliamento sportivo e speaker di web radio. Solo il mio personaggio e il commissario nella vita fanno tutt’altro: io non sono un becchino e il commissario è un insegnante in pensione e noto giallista. Ho organizzato una cena e dopo le prime titubanze il gruppo si è consolidato. Morte al Villaggio Giardino l’ho ambientato nella zona dove vivo a Modena ed è stata la sua fortuna. Al di là della storia, che vira dal giallo al sarcastico e allo storico, la storia è stata apprezzata per originalità. Pensa che ne ho fatte ben quattro edizioni. Al Villaggio Giardino è andata a ruba, ma anche coloro che hanno vissuto nella mia città hanno apprezzato i viaggi di uno dei protagonisti attraverso strade e portici… sembrava loro di ritrovarsi a Modena.

 

MTDD: Nel 2019 è uscito il tuo secondo giallo – Morte al Lido delle Nazioni – di cui ho trovato recensioni ed articoli di giornali molto positivi.

Vorresti parlarcene?

RR: Questo ha fatto veramente il botto. Scritto in prima persona, come del resto l’altro, ha avuto una storia strana. Avevo in testa una trama, ma non mi convinceva, così nell’estate del 2018 mi trovo in vacanza al Lido delle Nazioni. Forse rompendomi un po’ le scatole a starmene in spiaggia, ho iniziato a osservare la vita attorno a me e pian piano mi è salita dal fondo delle budella una strana storia, una ammazzatina particolare. Ho studiato a modo l’ambiente, ho memorizzato azioni e comportamenti, ho approfondito le caratteristiche locali ed è nato il libro. Nell’estate del 2019 sono tornato sul luogo del delitto e ho presenziato ben due presentazioni, una a giugno e una ad agosto. Nella prima ho piazzato una ventina di copie, nella seconda quasi sessanta… non credevo ai miei occhi. La storia è cruda, violenta e con una morte quasi raccapricciante, ma l’ambientazione tra l’albergo dove solitamente alloggio e il bagno dove solitamente vado, ha fatto sì che tra i villeggianti sia nata la curiosità di possedere un testo che parlasse, seppure in una indagine di polizia, dei luoghi a loro cari. I sei amici vanno così in trasferta e tra una mangiata di pesce, una bevuta di bianchetti e qualche tuffo in mare… risolvono il caso e salvano l’incipiente stagione balneare. In questo numero entra a far parte dei testi un nuovo personaggio, anch’egli mio amico, un rodigino, che lo piazzo come comandante dei carabinieri di Comacchio. La sua figura salterà fuori anche in avventure successive.

 

MTDD: Anche il tuo terzo giallo – Morte al PalaMolza – ha riscosso un notevole successo e, come negli altri tuoi gialli, le indagini vengono condotte dai “Cinquepermenosei”.

Puoi dirci qualcosa sulla trama e spiegarci chi sono questi personaggi?

RR: Questo testo era quello che avevo in mente e che era stato accantonato. Devi sapere che per quasi trent’anni sono stato anche il fisioterapista di squadre di pallamano locali, dalla serie A in giù… per cui l’ambientazione di questa avventura all’interno del palazzetto dello sport è stata facile per me, conoscendolo in tutti i suoi meandri. La storia è un po’ intricata, la scena si svolge nell’arco della regione, tra giocatori, allenatori e arbitri di pallamano. Ma alla fine, come sempre, i cinqueperunosei raggiungono il loro scopo. Il successo è stato buono, ma non subito, perché questo libro che ebbe i natali nel gennaio del 2020, subì un notevole trauma. Avevo organizzato la prima in un paese limitrofo, sede di una blasonata squadra di pallamano, per il sabato 22 febbraio 2020, con l’intento poi di riproporlo a fine campionato alla mega cena di fine stagione per la HandBall Modena, piazza ambita in quanto prevedevo vendite cospicue. Orbene quella notte, causa Covid, bloccarono l’Italia e le mie velleità! Alla fine, nel tempo, ho avuto le mie soddisfazioni e mi sono rifatto delle spese subite, ma nonostante quello sia un bel giallo è stato un po’ sfigato.

 

MTDD: Morte al volo è stato il romanzo che hai pubblicato nel 2021.

Lo hai definito un “giallo fantastico”.

Senza rivelarci troppo, puoi dirci qualcosa su trama e personaggi?

RR: Questo è stato un lampo a ciel sereno. Mi ero imbattuto in soggetti che scrivevano rievocando Sherlock Holmes e mi è venuta questa idea… Grogghino prende la macchina del tempo e ritorna indietro giusto quel poco che basta per risolvere un caso della camera chiusa. Nel mentre si trova a cospetto della vittima, scopre di essere osservato: Sherlock Holmes è seduto in una poltrona. Così alla fine Sherlock diventa la spalla di Grogghino, assieme risolvono il caso. Nonostante l’ottima idea e trama, si tratta però di un racconto lungo, il mondo sherlockiano si è rivoltato contro di me in quanto il loro idolo non può essere la spalla di nessuno… così ho venduto tutte le copie e non ho portato più avanti l’idea. Peccato, ne avevo già imbastiti un paio che mi toccherà stravolgere e riportare con i piedi per terra.

 

MTDD: Perché lo hai definito “fantastico”? In che modo si differenzia dagli altri tuoi gialli?

RR: Fantastico perché in fin dei conti non è propriamente fantascienza, ma una via di mezzo. Ovviamente non fantastico nel senso che sia bellissimo, però è piaciuto, non ai puristi però. Bella l’idea della macchina del tempo per andare a ritroso nel tempo per scoprire un assassino.

 

MTDD: Morte dei 5x1_6 è stato l’altro giallo che hai pubblicato nel 2021. Il titolo lascia presumere che il gruppo di personaggi che aveva condotto le indagini nei gialli precedenti si sia estinto…

Cosa puoi dirci al riguardo?

RR: Diciamo che il gruppo di amici nella realtà si era sfaldato, per cui ho deciso toglierli dalla scena non brutalmente ma creando un’uscita decorosa. Ho quindi creato questa specie di caccia al tesoro dove in palio c’è la vita dei cinqueperunosei, una corsa contro il tempo e la morte. Il protagonista questa volta è il supplente di uno dei personaggio, un ex giornalista nella vita reale, che sostituendo il giornalista degli amici, si ritrova coinvolto in questa caccia. Ho voluto oltretutto dare una connotazione particolare alla storia, inserendovi tutti i racconti brevi che avevo scritto negli anni. Quindi, una lotta per la vita degli amici in una storia tipo Le mille e una notte…

 

MTDD: Nel 2022 con il tuo giallo Quiz mortali in Abbazia sembra tu abbia dato una virata optando anche per una diversa tipologia di titolo.

Hai cambiato anche struttura, personaggi, ambientazione o altri elementi che sono presenti negli altri tuoi gialli?

RR: Allora… ho cambiato molto: grandezza del testo, portato a 10×15, un vero tascabile; un solo personaggio principale, ovvero me medesimo, Grogghino il becchino; l’amico di sempre dei cinqueperunosei che compare alla bisogna; l’eventualità che uno per volta ricompaiano tutti i cinqueperunosei; qualche cambiamento nella polizia con l’inserimento di nuove figure che dureranno nel tempo; non ultima una puntina di “rosa” nella vita di Grogghino… non solo chiacchiere con i morti, che come ho sempre asserito parlano certe volte più dei vivi, ma una nuova figura al mio fianco!

 

MTDD: A febbraio di quest’anno è uscito il tuo nuovo giallo intitolato Rinascere!

Puoi accennarci trama e personaggi e spiegarci se e come eventualmente questo giallo si distacca dai precedenti?

RR: Questo ha una storia particolare. Pochissimi personaggi e racconto giallo su commissione. Hai capito bene, mi è stato commissionato da uno scultore modenese. Ho messo in piedi una strana storia con un finale a sorpresa, che non spoilerò.

Veloce, leggero, ambientato tra Modena e il Castello di Serravalle nel bolognese.

 

MTDD: Osservando i titoli dei tuoi gialli, mi sembra ci sia stata nel tempo una sorta di ‘evoluzione interiore’ o quantomeno un cambiamento nello stesso Roberto Roganti.

È una pura congettura da parte mia o qualcosa è realmente successo in tal senso?

RR: È proprio così. Mentre i primi avevano caratteristiche ben particolari con Morte come prima parola del titolo e dimensione 12×17, i nuovi si rimpiccioliscono e i titoli cambiano a seconda della storia. Poi mantenere un solo personaggio principale lo ritengo più consono con il genere, circondato però da una corte di inquirenti che di riffa e di raffa restano sempre quelli. Durante il periodo Covid mi sono sbizzarrito ed ho scritto oltre venti avventure nuove. Pian piano le pubblicherò. Mantengo la cronologia degli eventi nella vita dei personaggi. Le storie si possono leggere tutte staccate le une dalle altre, ma i personaggi evolvono con l’evolversi del tempo.

 

MTDD: C’è un messaggio particolare che vuoi comunicare ai tuoi lettori attraverso la stesura dei tuoi scritti, ed in modo particolare dei tuoi gialli, o l’unico tuo obiettivo è intrattenerli?

RR: In effetti me lo chiedo spesso, perché scrivo? Per chi scrivo? Scrivo perché mi piace, perché ho mille idee e non voglio perderle, scrivo perché mi piace condividere le mie storie, che non è detto piacciano a tutti. In Italia siamo in tanti a scrivere di questo genere, che io ritengo, oltre ai romanzi, un genere dove si usa la fantasia. Purtroppo oggi come oggi vanno di moda le biografie… ma scrivere una biografia non è difficile, ognuno di noi conosce la propria vita, ma inventarsi di sana pianta una storia che prenda, sia che abbia morti e assassini, o semplicemente storie di tutti i giorni, è tutta un’altra manica. Pullulano gli scrittori, ma quelli che meritano sono pochi in questa pletora di pagine battute a macchina.

 

MTDD: Ci sono degli scrittori e/o delle scrittrici di gialli che ti hanno particolarmente ispirato e, se sì, perché e chi sono?

RR: I nomi sono i soliti e anche i meno conosciuti, maschi e femmine che siano. Una cosa è certa, quello che io cerco nei miei libri è un modo di ammazzare diverso da tutti quelli proposti finora. Sicuramente qualcuno avrà descritto omicidi come i miei, ma non potendo averli letti tutti non posso sapere se la mia fantasia è stata simile a quella di un altro. Per scrivere un giallo bisogna comunque studiare. La morte deve essere plausibile, quindi non si devono inventare stupidate. Veleni, anestetici, inibitori, paralizzanti… devono esistere e vanno trattati a modo. Difficilmente faccio morire qualcuno per una revolverata, uso soprattutto fantasia nell’uccidere, ma detta fantasia deve essere per forza di cosa reale. E studio molto in questo settore!

 

MTDD: Hai qualche progetto che bolle in pentola o che hai in mente che vuoi anticiparci senza entrare nei dettagli?

RR: A settembre pubblicherò Modena-Sendai a palla avvelenata, un giallo particolare dedicato a un caro amico che ci ha lasciati prematuramente, tenendolo in vita nei mie gialli, cominciando con una avventura giapponese. A Natale ho già pronto un giallo storico/attuale, 500 anni di sangue, una faida familiare che è iniziata il 23 dicembre 1523 e conclusasi il 23 dicembre 2023. Questo avrà una caratteristica, uscirà in tempo reale. Basato sul fine vita del pittore modenese Pellegrino Munari o Aretusi, detto da Modena.

 

MTDD: Coloro che volessero acquistare le tue pubblicazioni in che modo potranno farlo?

RR: L’unico modo per trovare le mie opere è contattarmi. Trovate le mie mail ovunque, su facebook o sul mio blog o su instagram. Vi dico solo che da Rinascere! in poi basta seguire I racconti del becchino. I primi cinque numeri sono stati pubblicati da una casa editrice toscana, dal numero 6 in poi faranno nuovamente capo al sottoscritto. Ricordate Alfred Hitchcock, che oltre ai film o ai telefilm ha prodotto raccolte antologiche tipo “22 storie di terrore” oppure “Racconti per le ore piccole”? C’era anche Isaac Asimov che ha pubblicato “Le grandi storie della Fantascienza” per anni… ben 25 volumi… ebbene, io propongo una cosa più semplice, molto ma molto ridotta: I racconti del becchino, che continuano in una nuova veste: due o tre racconti ogni volta, possibilmente gialli, thriller o polizieschi; argomento, allestimento, genere, locazione nello spazio e nel tempo con il personaggio preferito dell’autore; racconti brevi o brevissimi, corti o medi, massimo 75/80 mila caratteri spazi inclusi.

 

MTDD: Grazie Roberto per aver partecipato a questa nostra intervista. Sono certa che avremo modo di farne altre insieme.

RR: Grazie a te Maria Teresa, è un immenso piacere per me “perdere tempo” rispondendo alle tue incalzanti domande. Spero che ci incontriamo di nuovo e grazie ancora per lo spazio sulla musica classica nel tuo blog.

Il concerto tutto beethoveniano agli Amici della Musica con il pianista Bertolazzi e il Quartetto Katàne

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Giovanni Bertolazzi

Pagine iconiche del catalogo del compositore di Bonn fra cui la rara versione per pianoforte ed archi del Concerto n. 5 “Imperatore” | Lunedì 20 novembre ore 17.15, Politeama Garibaldi.

Giovanni Bertolazzi

Sarà un concerto all’insegna di Ludwig van Beethoven quello che vedrà protagonisti per il secondo appuntamento della Stagione pomeridiana degli Amici della Musica, lunedì 20 novembre alle 17.15 al Politeama Garibaldi, il pianista Giovanni Bertolazzi e il Quartetto Katàne – formato dai violini di Riccardo Urbina e Dario Militano, dalla viola di Clelia Lavenia e dal violoncello di Giulio Nicolosi – saranno impegnati nell’esecuzione di tre composizioni fondamentali della produzione del genio di Bonn.

Le pagine scelte appartengono a quello che nell’arco creativo di Beethoven viene definito il “secondo periodo”, fra gli anni 1803 e 1815 in cui il compositore cerca nuove forme espressive che distorcono, rielaborano, portano ai confini le forme del Classicismo. Si inizia con la Sonata per pianoforte n. 21 in Do maggiore, op. 53 “Waldstein”, dedicata al Conte Waldstein, mecenate di Beethoven, detta anche “Aurora”. Composta nel 1804 e pubblicata l’anno successivo, in questa sonata il primo e il terzo movimento sono imponenti costruzioni musicali tra cui si pone il secondo, dal carattere più meditativo, quasi una pausa di riflessione, un attimo di fiato, fra due concitati, complessi, articolati discorsi. Con la Sonata n. 21 Beethoven ha la possibilità di portare avanti la propria ricerca estetica grazie anche alle potenzialità nuove dello strumento su cui compone, cioè il nuovo pianoforte Erard, differente da quelli prodotti a Vienna, pensato soprattutto per l’esecuzione in pubblico. La partitura esplora quindi tutti i possibili colori, le sfumature e le potenzialità tecniche dello strumento.

Si prosegue con il Quartetto per archi  n. 11 in Fa minore, op. 95, composto nel 1810, è fra i più concisi mai scritti da Beethoven, privato da tutte le ripetizioni, punta alla sostanza della musica e – questa volta sì – sarà lo stesso compositore a dargli il titolo di “Serioso”, presente anche nel terzo movimento “Allegro assai vivace, ma serioso”, da intendersi come esatto contrario di “frivolo”.

Il concerto si concluderà con il brano più raro: si tratta del celeberrimo Concerto n. 5 in Mi bemolle maggiore, op. 73 “Imperatore” per pianoforte ed orchestra che per il pubblico degli Amici della Musica si è scelto di far eseguire quest’imponente partitura nella versione adattata per quintetto d’archi da Vinzenz Lechner, rievocando così le atmosfere dei salotti in cui questi capolavori circolavano proprio grazie a queste partiture per organici più agili. Per l’occasione al Quartetto Kàtane si aggiungerà il contrabbasso di Carmelo La Manna. La grande novità che Beethoven introdusse da un punto di vista formale è la mancanza della cadenza per il solista al termine del primo movimento. «Non si fa nessuna cadenza, ma s’attacca subito il seguente», scrisse Beethoven di suo pugno e in italiano sulla partitura. Il solista, infatti, non è impegnato in un’unica grande cadenza, ma in una cadenza che oggi potremmo definire “diffusa” durante tutti e tre i movimenti, trasformandola da sfoggio di puro virtuosismo in un elemento costruttivo della partitura.

Interpreti di questo programma saranno il pianista Giovanni Bertolazzi, classe 1998, che si è imposto negli ultimi anni come uno dei talenti più interessanti del pianismo italiano, vincendo il 2° Premio e cinque  premi speciali al Concorso Pianistico Internazionale “Franz Liszt” di Budapest (2021). Bertolazzi si è già esibito con l’Orchestra Filarmonica Ungherese, l’Orchestra del Teatro la Fenice, l’Orchestra del Teatro Massimo Bellini. Nel 2022 è stato realizzato il suo disco dedicato interamente a musiche di Franz Liszt e pubblicato da Borgato Collection. Il Quartetto Katàne è un giovane ensemble che si forma a Catania nel 2018 in senso all’Istituto Superiore di Studi Musicali “Vincenzo Bellini” e da allora ha aumentato progressivamente la propria presenza nelle sale da concerto siciliane.

I biglietti del concerto, dal costo di 10€ per la gradinata fino a 20€ per la poltrona, sono in vendita sia online sul sito www.amicidellamusicapalermo.it che nei tre punti vendita convenzionati: Box Office del Mondadori Point di via Mariano Stabile 233 (tel. 091 335566), lo Spazio Cultura Libreria Macaione di via Marchese di Villabianca 102 (tel. 0916257426) e Mondadori Bookstore di via Roma 270 (tel. 091361064). Per tutte le informazioni sulle riduzioni e i dettagli dei concerti è possibile visitare il sito www.amicidellamusicapalermo.it

Di seguito il programma completo del concerto:

Ludwig van Beethoven (1770 – 1827)

Sonata per pianoforte n. 21 in Do maggiore, op. 53 “Waldstein” (25’)

Allegro con brio

Introduzione. Adagio molto

Rondò. Allegretto moderato

Quartetto per archi  n. 11 in Fa minore, op. 95 “Serioso” (22’)

Allegretto con brio

Allegretto ma non troppo

Allegro assai vivace, ma serioso

Larghetto espressivo

Allegretto agitato

***

Concerto n. 5 in Mi bemolle maggiore, op. 73 “Imperatore” (40’)

(Arrangiamento per quintetto d’archi di Vinzenz Lechner)

Allegro

Adagio un poco mosso

Rondò. Allegro

Elisabetta Barbera, vincitrice del Primo Premio Poesia della XVII edizione del Premio Letterario Nazionale Giovane Holden | INTERVISTA

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Elisabetta Barbera_Tutti i fiori del mondo

Come nasce la tua passione per scrittura, per la poesia e per i libri?

La mia passione per la scrittura è nata dalla lettura fin da ragazzina, era come vivere contemporaneamente due vite, ero così immersa da dimenticare il tempo e lo spazio per poi destarmi all’improvviso e accorgermi che erano passate ore ed era già sera. Come molte adolescenti avevo un diario segreto in cui scrivevo le mie emozioni e su cui ricamavo storie, spesso d’amore. Ma chi ha influito maggiormente è stato mio fratello più grande (il primo di tre) con cui passavo moltissimo tempo nella biblioteca di famiglia. Lui accanito lettore e futuro scrittore mi raccontava le trame dei libri rappresentandole come se fossimo a teatro, momenti indimenticabili che ricordo sempre con il sorriso e che mi spronavano a leggere sempre di più. Le mie prime letture, indimenticabili, che ricordo ancora come se fosse ieri sono, per prime, le opere di Shakespeare che ho amato alla follia ed in particolare modo Amleto, Giulietta e Romeo e i sonetti e poi Charles Dickens, David Copperfield mi ha fatto fare un viaggio straordinario e Jane Austen che amo alla follia e Emily Bronte. Il primo ha influito molto sulla mia scrittura e rimane sempre la mia musa.

Quando hai capito che saresti diventata una poetessa? Che età avevi, se ti ricordi?

In realtà non l’ho mai pensato fino a pochi anni fa, ho sempre scritto iniziando con il diario segreto in cui ricamavo storie d’amore e d’amicizia come tutte le ragazzine e brevi racconti o prese che non facevo leggere a nessuno. Tutto è iniziato quasi tre anni fa con L’approccio sui social quali Instagram e Facebook che mi hanno casualmente introdotta in salotti letterari virtuali da cui ho cominciato a tradurre i miei scritti in poesia trovando un riscontro che non immaginavo. Questo mi ha spronata a continuare in un crescendo che mi ha donato una meravigliosa gratificazione.

Chi sono stati i tuoi maestri e quali gli autori che da questo punto di vista ti hanno segnato e insegnato ad amare le poesie?

Sono molti e negli anni se ne aggiungono sempre dei nuovi, talenti che man mano emergono, per fortuna, dall’oscurità da cui spesso è difficile uscire e in cui vengono relegati poiché il talento non sempre viene premiato.  Quelli a cui sono più legata sono Shakespeare, Cesare Pavese , Alda Merini,  Rosario Castellanos, Patrizia Cavalli, Mariangela Gualtieri.

Come si fa, secondo te, a riconoscere una bella poesia, una poesia che funziona e che sa emozionare e generare riflessione nel lettore?

Una poesia deve nascere dalla propria interiorità, attingere dalle emozioni di tutti i giorni e farle proprie, tutto ciò che ci circonda può essere d’ispirazione, dalla natura all’umanità, ascoltare e guardare sono ciò che fa nascere una poesia. Penso sia essenziale essere veri, sinceri senza costruzioni di pensieri belli ricchi di paroloni, altisonanti che non arrivano all’anima, la semplicità è essenziale per arrivare a tutti, scavando nella profondità della propria anima. Essere come un diffusore d’essenze che attraverso i sensi e arriva dritto alle emozioni.

La poesia deve essere sentita e non capita questo ciò che la fa arrivare all’anima.

«Non mi preoccupo di cosa sia o meno una poesia, di cosa sia un romanzo. Li scrivo e basta… i casi sono due: o funzionano o non funzionano. Non sono preoccupato con: “Questa è una poesia, questo è un romanzo, questa è una scarpa, questo è un guanto”. Lo butto giù e questo è quanto. Io la penso così.» (Charles Bukowski, 1975). Seguendo la scia di Bukowski, secondo te, perché una poesia funzioni come deve essere scritta e cosa deve contenere?

Concordo pienamente con Bukowski, buttare giù le proprie emozioni in pensieri è l’unico modo di fare sentire la propria voce, il proprio sentire e scuotere gli animi delle persone, la scrittura d’impulso è più suggestiva, accattivante e spesso vincente. D’altra parte è molto importante sia il messaggio che si vuole inviare e, nel caso delle poesie, la musicalità dei versi che trasporta il lettore in un vortice senza sosta e di evasione di cui ha bisogno. Sono tante le componenti ma la più importante è la forza della parola che riesce a fare vivere la storia ai lettori. Non credo che ci sia un modo giusto o sbagliato di scrivere una poesia, ognuno ha il proprio stile e non deve essere snaturato copiando troppo quello degli altri. In realtà può contenere qualsiasi argomento, personale o sociale ma comunque deve scoperchiare le proprie emozioni ed offrirle così, pure, senza troppe costruzioni lessicali, io amo molto usare la simbologia e le metafore che rendono in modo vivo l’idea che si tramuta in emozione.

Come definiresti il tuo stile poetico e la tua poetica?

Il mio stile poetico è sicuramente lirico, con un linguaggio semplice percorre passo per passo la vita della gente, le emozioni, le domande e le risposte che si fanno ogni giorno, attinge all’umanità in senso ampio e al suo “semplicemente vivere“. La mia è una poesia senza schemi per lasciare ondeggiare le emozioni oltre i confini tratteggiati, aperta al sentire di ogni cuore attraverso fotogrammi immediati con una carezza di speranza finale sempre.   Oso dire una poesia per tutti, per chi ama già la poesia e la cerca e per chi vuole accostarsi ad essa per la prima volta senza trovarsi davanti a un muro impenetrabile. Amo l’uso delle figure retoriche scavando nel profondo, creando suggestioni e domande donando sempre una speranza finale.

C’è qualche poeta del passato o del presente al quale ti ispiri?

Mi ispiro più alla quotidianità, a ciò che sento, vedo e che produce in me emozioni, mi ispiro alle persone e la loro normalità nello straordinario come è la vita.

Se penso ad un poeta la mia mente va sempre a Alda Merini che nella sua semplicità è sempre riuscita ad arrivare al cuore della gente che la ricorda anche solo per una frase, un pensiero in cui ci si rivede, la si vive come propria e questa è la carta vincente della sua poesia.

Può però anche capitare che leggo una qualsiasi poesia anche non nota e mi dia l’ispirazione per scrivere, perché tutte possono avere un qualcosa che accende la fiammella dell’ispirazione.

Ci parli del tuo libro, “Tutti i fiori del mondo”, pubblicato da 4punteedizioni? Come nasce, qual è l’ispirazione che l’ha generato, quale il messaggio che vuoi che arrivi al lettore, quale le storie che ci racconti senza ovviamente fare spoiler?

“Tutti i fiori del mondo” non è nato da un progetto, l’intento di scrivere un libro, è l’insieme di tante poesie scritte nel tempo e poi raccolte grazie alla proposta del mio editore che mi ha sollecitata fino a convincermi. Ogni mia poesia nasce d’impulso da una parola che mi gira per la mente, un’immagine che ho negli occhi, un fatto vissuto o visto vivere negli altri, dopo una giornata piena di emozione, come accade a tutti, la mia mente ha la necessità di scoperchiarsi e buttarle fuori in parole con una simbologia che nasce dal desiderio di ardire, di non fermarsi di fronte alle incognite della vita. La silloge allude alla speranza che, di fronte ai travagli del mondo contemporaneo, sia possibile una nuova vita. La natura è sempre elemento fondamentale delle mie liriche, come lo svolgersi della storia di ognuno di noi. Natura e uomo, due mondi in uno, in lotta per sopravvivere.

Questa raccolta di poesie nello scorso mese di giugno ha vinto il Primo Premio della XVII edizione del Premio Letterario Nazionale Giovane Holden, sezione poesia edita. Cosa hai provato quando ti è stato comunicato questo importante riconoscimento? Quali le emozioni, i sentimenti, i flashback dell’impegno e della dedizione che hai messo in tutti questi anni per coltivare la tua passione per la poesia?

È stata un’emozione molto forte, da batticuore, non mi aspettavo assolutamente di raggiungere un traguardo simile e per questo è stato ancora più intenso. C’è stato anche un momento divertente in cui mi sono domandata se veramente fossi fra i cinque finalisti poiché il presentatore continuava a chiamare secondo la classifica dal basso verso l’alto e il mio nome non compariva, l’ho detto a mio marito che mi ha guardata stupito, quando è stato chiamato il secondo classificato ho avuto il dubbio di non essere più chiamata, d’essermi sbagliata.

Sentire il mio nome e andare sul palco per la premiazione è stato quasi surreale, non ricordo nemmeno come ho risposto alle domande, ero in preda ad un’emozione che mi guidava come un automa. Poi quando ho realizzato l’accaduto ho quasi pianto per la grande gratificazione ricevuta dalle mie poesie, finalmente apprezzate anche da persone qualificate e ho pensato che il mondo fosse giusto, che ci fosse una possibilità per tutti anche senza raccomandazioni o spinte. È stata un’emozione indescrivibile, unica e indimenticabile. Il tempo usato non era servito solo a me ma anche agli altri che hanno apprezzato e spero goduto delle mie poesie.

Se una ragazza appassionata di poesia ti chiedesse un consiglio su come diventare veri poeti, cosa le diresti?

Non credo nell’affermazione “vero poeta”, cosa significa? Esiste un vero e falso poeta? La vita stessa è poesia, c’è poesia anche nelle canzoni, la poesia è ovunque e non amo le classificazioni.

Il poeta è colui che sa esprime a parole le proprie emozioni e per questo suggerirei ad una ragazza che vuole diventare poetessa di non pensarci e aprirsi solo alle proprie emozioni e cercare di metterle in parole. La chiave è tutta lì senza pensare a ciò che diventerà o meno. Il tempo farà il resto.

Cosa vuoi dire liberamente ai nostri lettori? Chiudi con una conclusione libera…

Voglio ringraziare il mio editore, un uomo di straordinaria umanità, ad avere creduto in me e nella mia poesia fin dall’inizio spronandomi sempre in tutto, la mia famiglia che mi ha supportata e sopportata mentre scrivevo rubando tempo a loro e dandomi la forza anche nei momenti difficili e il tempo per scrivere.

Ringrazio anche tutti voi che mi leggete per il tempo che mi avete dedicato.

Un abbraccio a tutti.

Elisabetta Barbera

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Elisabetta Barbera

Il libro vincitore :

Elisabetta Barbera, “Tutti i fiori del mondo”, 4Punte edizioni, 2023

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Andrea Giostra

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Andrea Giostra alla Stazione Notarbartolo di Palermo

Patrizia Faiello intervista Andrea Giostra su “RADIO & TV web DREAM ON FLY”

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Andrea Giostra

Patrizia Faiello intervista Andrea Giostra su “RADIO & TV web DREAM ON FLY” di Torino su “Violenza adolescenziale, modelli educativi, criminologia, psicoanalisi, cultura e letteratura” | Rubrica “Dai Sogni Ai Fatti Con La Patty” ideata e condotta da Patrizia Faiello | Mercoledì 15 novembre 2023

Locandina Patrizia Faiello

«Benvenuti al podcast che trasforma sogni in realtà! 🌟 In questo episodio emozionante, la nostra incredibile conduttrice, Newlife Newlife Patrizia Faiello, ci porta nel mondo avvincente del crimine, della criminologia e dell’arte della scrittura insieme a un ospite straordinario: Andrea Giostra, Criminologo e Scrittore di talento.

Dai Sogni ai Fatti In questo podcast, esploriamo storie di successo, passione e dedizione. Patty e Andrea ci ispirano a trasformare i nostri sogni in realtà, dimostrando che dietro ogni successo ci sono impegno, determinazione e una buona dose di creatività.🔗 Collegati e Ascolta Non perdere questo affascinante episodio che unisce il mondo del crimine, della scrittura e dell’ispirazione.

Collegati ora per un viaggio avvincente con Patty e l’eccezionale Andrea Giostra! 🚀»

(La Redazione di “RADIO & TV web DREAM ON FLY”)

 «Buonasera miei cari amici e care amiche. Dopo un periodo di riposo forzato sono felicissima di riprendere, mercoledì 15 novembre alle ore 16,00, on air su Radioadreamonfly, il nostro e il vostro, “Dai Sogni Ai Fatti Con La Patty” giunto alla sua 6° edizione.

Un Ringraziamento speciale alla Redazione tutta e al nostro editore Francesco D’Alessandro per questa riconferma così tanto attesa e voluta.💯 In questa prima puntata, della nuova edizione, parleremo di criminologia, di arte, cultura e di sogni e lo faremo con il criminologo e scrittore siciliano Dott. Andrea Giostra. Non mancate! Ascoltate il podcast della puntata il cui link trovate a seguire!»

(Patrizia Faiello)

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Le mie prime 80 interviste da “Editorialista culturale” | di Andrea Giostra

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Angela Caputo, scrittrice e docente di lettere, si racconta e ci parla del suo romanzo storico… | INTERVISTA

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Angela Caputo

«La bellezza è avere il coraggio di esprimere il proprio sentire nonostante le circostanze reali mettano di fronte ostacoli, anche a costo della propria vita.» Angela Caputo

Angela Caputo

Ciao Angela, benvenuta e grazie per aver accettato il nostro invito. Come ti vuoi presentare ai nostri lettori che volessero sapere di te quale scrittrice?

Grazie per l’opportunità di questa intervista. Mi presento. Sono un’insegnante di Lettere, fin da bambina ho avuto la passione per la scrittura e la lettura. Dopo il liceo ho svolto attività di editor, correttrice bozze, ghost writer e giornalista per testate locali e in collaborazione con altri autori. Durante l’università però ho dovuto trascurare la scrittura per ovvi motivi di studio, poi ho intrapreso altre strade… Adesso spero di continuare l’attività da sola per chi avrà il piacere di leggermi.

Chi è invece Angela Donna al di là della sua passione per la scrittura, per la letteratura, per la lettura? Cosa puoi raccontarci di te e della tua quotidianità?

Nella mia quotidianità sono sempre di fretta, divisa tra lavoro, casa, impegni, ma trovo il tempo per dedicarmi a ciò che mi piace, cioè la cucina, le passeggiate immerse nella natura, il make-up, le serie tv e i programmi di approfondimento.

Qual è il tuo percorso accademico, formativo, professionale ed esperienziale che hai seguito e che ti ha portato a fare quello che fai oggi nel vestire i panni di scrittrice?

Fin dai tempi del liceo frequentato in Sicilia, avevo il pallino della scrittura che ho proseguito con collaborazioni giornalistiche. Poi è arrivata l’università e la scuola di specializzazione, pur studiando ho mantenuto la scrittura. Sembrerà strano ma ho sempre scritto, anche gli appunti delle lezioni, cercando sempre la forma e sintassi corrette. Ancora oggi durante le riunioni sono abituata a prendere appunti, è un esercizio che consiglio a chi volesse intraprendere l’esperienza di scrittore. Infatti vado in giro col block notes e la penna, anche se il percorso vero e proprio di scrittura è partito anche dalla lettura. Leggere libri oltre ad aprire la nostra mente è una palestra anche di scrittura. Il rapporto con la scrittura quindi è quasi linfatico. Svolgendo il lavoro di insegnante punto sempre tutto sulla scrittura e lettura che vanno di pari passo. Nel mio quotidiano trovo sempre un ritaglio di tempo per scrivere e annotare anche un pensiero, a volte registro sulle note del telefono se non ho carta e penna a portata di mano e quando mi trovo davanti al pc allora do libero sfogo alle mie storie.

Come nasce la tua passione per scrittura, per la letteratura e per i libri? Chi sono stati i tuoi maestri e quali gli autori che da questo punto di vista ti hanno segnata e insegnato ad amare i libri, le storie da scrivere e raccontare, la lettura e la scrittura?

Fin da piccola posso dire che ho iniziato col botto, nel senso che ho letto i classici. In particolare uno dei miei primissimi libri fu “Il diario di Anna Frank”, seguito da alcuni mostri sacri della letteratura come Charlotte Bronte, Kafka, Victor Hugo, Italo Calvino, Luigi Pirandello, Giovanni Verga. Tra quelli citati sicuramente Verga e Pirandello hanno dato il maggiore contributo alla mia formazione adolescenziale. A questi vorrei aggiungere anche due dei miei attuali autori preferiti, cioè  Stephen King e Clara Sanchez, che ho letto in una fase matura e che continuo a leggere con piacere.

Tu Angela hai scritto un romanzo storico, “Bianca vestita di nero” (2023). Come nasce questo libro, qual è l’ispirazione che l’ha generato, quale il messaggio che vuoi che arrivi al lettore, quali le storie e le emozioni che ci racconti senza ovviamente fare spoiler?

Il libro è nato strada facendo… Inizialmente il progetto di Bianca era di diversa natura: doveva essere la storia d’amore travagliata di mia nonna sotto la guerra, ma quando sono andata a cercare su Google testimonianze di sopravvissuti italiani dal campo di concentramento di Dachau in Germania partiti dai centri di raccolta italiani… Beh, non so cosa sia successo all’interno del motore di ricerca: mi sono ritrovata davanti il sito web del Campo di concentramento di Ferramonti di Tarsia, di cui così ho scoperto l’esistenza. Tra l’altro pare che avesse lo stesso architetto di Dachau. In questo modo ho preso coscienza di una lacuna nei nostri libri di storia scolastici: si parla solo dei campi tristemente famosi all’estero, eppure ci sono stati anche in Italia, per fortuna in modalità diverse. Non erano macchine di sterminio ma luoghi di prigionia e qualcuno purtroppo anche luogo di transito. “Bianca vestita di nero” è un romanzo definito ibrido, cioè a metà tra il genere storico e rosa. È ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale a Tarsia (Cosenza), in Calabria, durante l’estate del 1942, all’interno del campo di concentramento fascista di Ferramonti, dove sono internati gli ebrei stranieri arrestati in Italia subito dopo le leggi razziali emanate da Mussolini nel 1938. La storia inizia con l’imminente visita nella provincia di Cosenza del Duce e dell’ispezione al campo di concentrazione da parte della delegazione fascista e nazista. Il podestà, già impegnato col partito, nomina la nipote Bianca, appartenente alla gioventù mussoliniana fin da bambina, come sua fiduciaria e le assegna il delicato compito di organizzare l’accoglienza per gli ufficiali delle SS e di infiltrarsi, sotto le mentite spoglie di dama di carità, all’interno del campo di concentramento, al fine di destituire il comandante accusato di essere un anti fascista e amico degli ebrei. Bianca però nasconde qualche segreto dietro la sua divisa del fascio femminile: un fidanzato anti fascista al fronte, la migliore amica ebrea e una famiglia che sotto banco aiuta gli internati di Ferramonti. Il suo ingresso al campo le stravolgerà la vita: incontrerà un’umanità varia, l’accoglienza delle donne ebree nelle baracche, il maestro degenerato e censurato dai nazisti  ichel Fingesten e soprattutto lui, il medico tedesco ebreo, Goran Jacowitz. Tra i due nascerà un amore travolgente e illegale per le leggi razziali in vigore. Questo romanzo rende soprattutto omaggio agli internati di Ferramonti, il primo campo di concentramento della storia a essere liberato (dopo l’8 settembre del 1943, cioè esattamente 80 anni fa) e l’ultimo a essere chiuso nel 1945 dopo aver svolto la funzione di raccolta profughi. Le testimonianze lo ricordano come luogo di salvezza per chi è riuscito a scampare alle destinazioni tristemente note. In realtà ci sono luci e ombre su Ferramonti, sia per quanto riguarda la vita non facile degli internati sia per il popolo calabrese che ha svolto un’opera di volontariato nei riguardi dei prigionieri.

Chi sono i destinatari del tuo romanzo? A chi hai pensato mentre lo scrivevi?

Mentre scrivevo, pensavo che il romanzo fosse rivolto a un pubblico adulto considerate le tematiche trattate. Invece dopo la pubblicazione mi sono ritrovata consensi e richieste di acquisto anche da giovani e adolescenti sotto i 18 anni. La cosa più sorprendente è stata trovarmi di fronte a giovanissimi lettori come mio nipote di 10 anni e altri ragazzini di prima media, interessati alle tematiche della guerra.

Una domanda difficile, Angela: perché i nostri lettori dovrebbero comprare “Bianca vestita di nero”? Prova a incuriosirli perché vadano in libreria o nei portali online per acquistarlo.

Di recente è scoppiata la guerra tra Hamas e Israele. Una situazione, questa, che fornisce un motivo in più per leggere “Bianca vestita di nero” e approfondire la lotta per la sopravvivenza del popolo ebraico. Non sono eventi accaduti solamente 80 anni fa. Purtroppo, come possiamo vedere, la storia si ripete! Quindi vale la pena fare un confronto tra passato e presente, conoscere la resistenza e la resilienza del popolo ebraico e riflettere sul fatto che non bisogna dimenticare quanto accaduto onde evitare che tutto possa ripetersi.

C’è qualcuno che vuoi ringraziare che ti ha aiutata a realizzare quest’opera letteraria? Se sì, chi sono queste persone e perché le ringrazi pubblicamente?

Ringrazio i miei colleghi di lavoro che mi hanno aiutato a reperire materiale per le fonti storiche, in particolare la professoressa Francesca Alario, che è stata determinante e preziosa per la parte sull’antifascismo napoletano. Un grazie anche a Paolo Brieda, responsabile ANED ETS (associazione nazionale dei deportati), che mi ha fatto entrare virtualmente nei campi fascisti italiani e mi ha fornito informazioni e testimonianze sulla vita nei campi di concentramento. Ringrazio anche la professoressa Monica Pelloia, insegnante di religione cattolica, per avermi chiarito aspetti in tema di ebraismo. Rivolgo un grazie particolare anche ai coniugi Salvatore Caruso e Sabrina Cassano, cosentini doc, che mi hanno informato su Cosenza e in particolare sul dialetto locale. Un grazie anche al poeta Massimo Zecca per il dono di una delle sue poesie presenti all’interno del romanzo. Infine vorrei proprio ringraziare i lettori che si sono appassionati ai miei personaggi, sono loro i veri protagonisti!

«… mi sono trovato più volte a riflettere sul concetto di bellezza, e mi sono accorto che potrei benissimo (…) ripetere in proposito quanto rispondeva Agostino alla domanda su cosa fosse il tempo: “Se nessuno me lo chiede, lo so; se voglio spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so.”» (Umberto Eco, “La bellezza”, GEDI gruppo editoriale ed., 2021, pp. 5-6). Per te cos’è la bellezza? La bellezza letteraria, della poesia e della scrittura in particolare, la bellezza nell’arte, nella cultura, nella conoscenza… Prova a definire la bellezza dal tuo punto di vista. Come si fa a riconoscere la bellezza secondo te?

La bellezza, a mio avviso, non va legata a un discorso puramente estetico. Nemmeno nell’arte esiste la bellezza nel senso del bello artistico. Nel romanzo a tal proposito cito un artista degenerato, Michel Fingesten, arrestato e internato con l’accusa di “artista degenerato”. In quel periodo maledetto della Seconda Guerra Mondiale tanti intellettuali avevano subito ogni forma di censura, finendo i loro giorni nei campi di concentramento. Uno di questi è proprio Fingesten, che in “Bianca” diventa l’emblema dell’artista che continua la sua attività nonostante la prigionia, come accadde ad Anna Frank che di nascosto scriveva il suo Diario, come avvenne a Irene Nemirosky che non concluse di scrivere “Suite Francese” perché fu prelevata da un ufficiale delle SS e spedita al campo di concentramento. La bellezza è avere il coraggio di esprimere il proprio sentire nonostante le circostanze reali mettano di fronte ostacoli, anche a costo della propria vita.

 … come si fa a riconoscere il vero talento in uno scrittore dei nostri giorni? Quali sono gli elementi che ci fanno capire che stiamo leggendo uno scrittore di talento e non un semplice artigiano della scrittura che riesce a scrivere semplicemente “cronaca letteraria” e non “vera letteratura”?

Non è facile rispondere a questa domanda, perché un romanzo può appassionare tanto pur non avendo in sé chissà quali messaggi significativi. Ci sono trame che catturano proprio per la storia che raccontano e sono stravendute solo per quello. Un esempio è “Cambiare l’acqua ai fiori”, tra pareri discordanti è uno dei libri più venduti in questi anni. Eppure la storia in sé non ha nulla di eclatante e personalmente non mi è nemmeno piaciuta, perché a metà libro lo avrei volentieri lanciato da qualche parte quando ho scoperto chi era la persona defunta a cui la protagonista cambiava i fiori.

«La lettura di buoni libri è una conversazione con i migliori uomini dei secoli passati che ne sono stati gli autori, anzi come una conversazione meditata, nella quale essi ci rivelano i loro pensieri migliori» (René Descartes in “Il discorso del metodo”, Leida, 1637). Qualche secolo dopo Marcel Proust dice invece che: «La lettura, al contrario della conversazione, consiste, per ciascuno di noi, nel ricevere un pensiero nella solitudine, continuando cioè a godere dei poteri intellettuali che abbiamo quando siamo soli con noi stessi e che invece la conversazione vanifica, a poter essere stimolati, a lavorare su noi stessi nel pieno possesso delle nostre facoltà spirituali. (…) Ogni lettore, quando legge, legge sé stesso. L’opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in sé stesso.» (Marcel Proust, in “Sur la lecture”, pubblicato su “La Renaissance Latine”, 15 giugno 1905 | In italiano, Marcel Proust, “Del piacere di leggere”, Passigli ed., Firenze-Antella, 1998, p.30). Tu cosa ne pensi in proposito? Cos’è oggi leggere un libro? È davvero una conversazione con chi lo ha scritto, come dice Cartesio, oppure è “ricevere un pensiero nella solitudine”, ovvero, “leggere sé stessi” come dice Proust? Dicci il tuo pensiero…

A mio parere, per come vivo la lettura io, l’incontro con il libro è un modo per leggere sé stessi, come dice Proust, il grande maestro della Madeleine, la lettura è evocativa. Da lui ho appreso questo grande dono: per leggere non occorrono solo gli occhi ma anche tutti gli altri sensi. Quando un autore ti prende a livello sensoriale con la descrizione di un dolce o di un profumo o di una essenza o anche una scena d’amore o di sesso descritta in modo realistico, si è davvero l’impressione di gustare quel dolce, indossare quel profumo o vivere quell’incontro d’amore. Ecco per me, se riesco a leggere un libro vivendo tali esperienze sensoriali, allora posso dire che ho dialogato con l’autore che ha forgiato in me qualcosa di indimenticabile.

Se per un momento dovessi pensare alle persone che ti hanno dato una mano, che ti hanno aiutato significativamente nella tua vita professionale e umana, soprattutto nei momenti di difficoltà e di insicurezza che avrai vissuto, che sono state determinanti per le tue scelte professionali e di vita portandoti a prendere quelle decisioni che ti hanno condotto dove sei oggi, a realizzare i tuoi sogni, a chi penseresti? Chi sono queste persone che ti senti di ringraziare pubblicamente in questa intervista, e perché proprio loro?

Un grazie va alla mia famiglia che mi ha sostenuta nella lettura di libri, acquistandoli tra i beni di prima necessità. Tuttora acquisto sempre libri, forse un giorno finirò di leggerli tutti ma sono stati la mia compagnia in tutti i momenti della mia vita, belli e brutti. E un grazie devo dirlo anche a mio marito che è stato molto persuasivo nel consigliare di prendere la penna e scrivere: io ero titubante ma lui mi ha dato tanto forza. Se non fosse stato per la sua insistenza, forse oggi Bianca non ci sarebbe.

Ci parli dei tuoi imminenti e prossimi impegni culturali e professionali, dei tuoi lavori in corso di realizzazione? A cosa stai lavorando in questo momento? In cosa sei impegnata che puoi raccontarci?

Ho intrapreso un nuovo percorso in una web radio in cui intervisto autori e parlo di tante tematiche, poi ho continuato a scrivere racconti. In fase di realizzazione ci sono due romanzi già iniziati: il sequel di Bianca e un romance sul genere chick lit.

Dove potranno seguirti i nostri lettori?

Possono seguirmi su Facebook sia nel mio profilo Angela Caputo che sulla pagina Facebook aperta da poco Angel Life Writer e anche su Instagram Angel_Life_Writer

Come vuoi concludere questa chiacchierata e cosa vuoi dire a chi leggerà questa intervista?

Ringrazio tutti coloro che leggeranno questa intervista e li invito a seguirmi sui social. Mi piacerebbe che lasciassero un feedback, non importa se non hanno letto Bianca. Le considerazioni dei lettori e di chi ci segue sono molto importanti per migliorare e dare sempre il massimo. Grazie a tutti!

Angela Caputo

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Angela Caputo

Il libro:

Angela Caputo, “Bianca vestita di nero”, Atile ed., 2023

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Andrea Giostra

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Andrea Giostra al mercato di Ballarò a Palermo_Ph. Mapi Rizzo

Al Re Mida – Casa Cultura, “La Valigia”, la nuova commedia di Orazio Bottiglieri

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Al Re Mida – Casa Cultura, “La Valigia”, la nuova commedia di Orazio Bottiglieri

Al Re Mida – Casa Cultura, “La Valigia”, la nuova commedia di Orazio Bottiglieri. Uno strumento fondamentale per la vita di tutti i giorni. Solo che, a volte, non vi diamo la giusta importanza. Appuntamento sabato 18 novembre, alle 21:15, e domenica 19 novembre, alle 18, in via Filippo Angelitti, 32 (Piazza Campolo)

Uno strumento fondamentale per la vita di tutti i giorni. Solo che, a volte, non vi diamo la giusta importanza. Lei è “La Valigia”: si utilizza per partire, per andare in vacanza, per i viaggi d’affari o ancora per correre in ospedale quando è arrivato il momento del parto. Ed è proprio di questo che parla la nuova commedia di Orazio Bottiglieri, “La valigia”, che racconta di come questo strumento ci accompagni nei momenti spesso più importanti della nostra vita.

Appuntamento sabato 18 novembre, alle  21:15, e domenica 19 novembre, alle 18, in via Filippo Angelitti, 32 (Piazza Campolo).

Sketch indimenticabili che lasceranno il pubblico senza fiato e con le lacrime agli occhi, per due ore di sano divertimento e spensieratezza.

Il tutto rappresentato dal quartetto comico d’eccezione formato da Giuseppe Giambrone, Massimo Eugenio, Giorgio Pitarresi ed Ettore Demma.

Il biglietto d’ingresso ha un costo di 12 euro; 10 euro, invece, il ridotto. Per info e prenotazioni, basta chiamare i numeri 0917467677 e 3926393204.

LA MUSICA DELLA COLPA E DELLA PENA: ‘DA UNA CASA DI MORTI’ FIRMATA DA WARLIKOWSKI IN PRIMA TV SU RAI5

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Prove da una casa di morti_Štefan Margita (Filka)_ph Fabrizio Sansoni-Opera di Roma 2023_3927

Il capolavoro di Janáček tratto da Dostoevskij e diretto da Dmitry Matvienko messo in scena  lo scorso maggio

Carcere duro, privazione della libertà, colpa e pena. Sono i temi affrontati dall’opera Da una casa di morti di Leoš Janáček, ispirata alle omonime memorie romanzate di Fëdor Dostoevskij nelle quali lo scrittore racconta la vita dei detenuti in un campo di prigionia in Siberia, dove lui stesso era stato imprigionato per quattro anni. Rai Cultura propone, in prima TV su Rai5 giovedì 16 novembre alle 21.15, l’ultimo capolavoro del compositore ceco, messo in scena lo scorso maggio. L’allestimento, proposto in prima italiana, è firmato dal regista polacco Krzysztof Warlikowski, Leone d’Oro della Biennale Teatro a Venezia e al suo debutto operistico nel nostro Paese. Lo spettacolo è realizzato in coproduzione con la Royal Opera House Covent Garden di Londra, il Théâtre de La Monnaie di Bruxelles e l’Opéra national de Lyon. Sul podio il giovane bielorusso Dmitry Matvienko, anche lui al suo debutto operistico in Italia. Classe 1990, nel 2021 ha vinto il Primo Premio e il Premio del Pubblico alla prestigiosa Malko Competition di Copenaghen.

L’opera è un lavoro corale, in cui i personaggi emergono di volta in volta dall’anonimato per raccontare i crimini che li hanno condotti all’incarcerazione, le proprie sofferenze e le violenze subite nei gulag siberiani. A reinterpretare e restituire alla riflessione contemporanea il soggetto della detenzione punitiva del libretto, realizzato dallo stesso Janáček partendo da Memorie da una casa di morti di Dostoevskij, è ora Warlikowski che, nel corso della sua carriera, è stato insignito di numerosi premi nazionali e internazionali per la spinta riformistica del suo linguaggio teatrale. Per questo allestimento ha ricevuto nel 2019 il premio per la Miglior Nuova Produzione agli International Opera Awards di Londra.

Sul palco un cast internazionale che vede in primo piano il basso-baritono statunitense Mark S. Doss nel ruolo di Alexandr Petrovič Gorjančikov e il tenore Pascal Charbonneau nelle vesti del giovane tartaro Aljeja. Tra i tenori anche Štefan Margita (Filka Morozov), Erin Caves (Il grande prigioniero), Julian Hubbard (Skuratov), Marcello Nardis (Kedril), Pawel Żak (Il giovane prigioniero), Michael J. Scott (Šapkin), Christopher Lemmings (Čerevin) e Colin Judson (Il vecchio prigioniero), i baritoni sono Lukáš Zeman (Il piccolo prigioniero Nikita/Čekunov/Cuoco), Aleš Jenis (Il fabbro/Un prigioniero) e Leigh Melrose (Šiškov), il basso è Clive Bayley (Il direttore della prigione). Completano il cast Eduardo Niave (il prigioniero ubriaco), talento di “Fabbrica” Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma, Carolyn Sproule, unica voce femminile nel ruolo della prostituta. Maestro del coro è Ciro Visco. In linea con la produzione della Royal Opera House di Londra del 2018, la drammaturgia è a cura di Christian Longchamp e le scene e i costumi sono di Małgorzata Szczęśniak. Alle luci Felice Ross e ai video Denis Guéguin. I movimenti coreografici sono di Claude Bardouil.

Info: https://www.operaroma.it/spettacoli/da-una-casa-di-morti/

TEATRO DELL’OPERA DI ROMA

Al Salotto di Pulcinella Seby Mangiameli e Giovanni Imparato in concerto con “Artisti di strada”

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Seby Mangiameli

L’artista siciliano Seby Mangiameli, si esibirà, assieme ai suoi Tedranura, in una serata all’insegna della buona musica e della napoletanità verace, grazie anche all’ospite speciale Giovanni Imparato, Venerdì 17 Novembre alle ore 20,30 al Teatro “Il Salotto di Pulcinella” di Roma.

Un’altra bellissima ed intensa avventura si prospetta per l’artista siciliano Seby Mangiameli assieme allo special guest Giovanni Imparato, percussionista e vocalist eccezionale dell’orchestra italiana di Renzo Arbore e di molti altri grandi artisti del panorama nostrano ed internazionale.

Artisti di strada, il concerto che potrete apprezzare Venerdì 17 Novembre presso il caratteristico Teatro Il salotto di Pulcinella sito a Roma in Via Urbana 10/11, sarà un’occasione imperdibile per ascoltare la musicalità poetica di Seby Mangiameli, coadiuvato da Giuseppe Roccella alla fisarmonica e da Stefania Cianfrocca, voce.

Musiche che trasportano in mondi lontani, che inducono a riflessioni profonde ma anche a sogni ad occhi aperti… E, dato il luogo in cui si svolgerà la serata, come dimenticare quella Napoli vivace, verace, popolare, chiassosa, accogliente, colma di colori, sapori e canzoni intramontabili!?!

“La napoletanità è uno stato dell’anima, un modo di intendere la vita, di ricordare, di amare, un’attitudine allo stare al mondo in modo diverso dagli altri”: così scriveva Valentino Di Giacomo.

Quindi un omaggio alla città partenopea con classici come Luna Rossa, A città ‘e Pulecenella, Maruzzella e Napule è, è la cornice perfetta per onorare il Salotto e tutti coloro che amano queste melodie… Quando poi è Giovanni Imparato a dare quel tocco in più, tutto diviene magia!

La serata sarà inoltre occasione per Seby Mangiameli, di presentare il suo nuovo CD.

I nostri, sfideranno perfino la sorte, in questo Venerdì 17 (ma a noi piace così…!), per donarci un paio di ore intense, belle, di qualità… il concerto sarà inoltre preceduto da una degustazione di sfiziosità napoletane… E come poteva essere altrimenti!!!

Biografia di Seby Mangiameli

Nel 1992, a Carlentini, in provincia di Siracusa, Seby Mangiameli, legato alla canzone d’autore e al folk mediterraneo, argentino e irlandese, insieme al cugino e fraterno amico Piergiorgio Monaco, pianista jazz, appassionato anch’egli alla canzone d’autore, dà vita alla formazione musicale Tedranura. A loro si aggiunge subito Filippo Di Pietro, bassista, contrabassista e compagno di banco di Seby Mangiameli e Milena Sanzà, legata alla musica popolare
L’influenza di autori come Astor Piazzola, Al Di Meola, Fossati, De Andrè e Battiato, offrono lo spunto per la composizione di brani in stile etno-pop e da canzone d’autore, con testi che spesso trattano tematiche politico-sociali, come “Nivi”, in cui viene affrontato il problema della droga; “Terra Santa” e ”Il sole della notte”, che raccontano la situazione bellica del Medioriente. ”Un Angelo all’inferno” è la canzone dedicata alla grande opera umanitaria del Dott. Gino Strada.
“Il vero come soggetto, il bello come mezzo. l’utile come fine” per i Tedranura la musica, così come tutte le altre forme d’arte, questo deve essere.
Gli anni ’90 sono gli anni in cui i Tedranura raccolgono i frutti delle loro conoscenze musicali e degli sforzi organizzativi : nel 1993, si classificano terzi all’ Enna Festival, per poi vincerlo nel 1995; nel 1994, al Festival di Caltanissetta, con il brano “La gente del Sud”, si classificano terzi e viene loro assegnato il Premio per il miglior testo. Ai concerti tenuti in qualsiasi parte dell’ Isola, si aggiungono riconoscimenti vari (Festival di Recanati-Parole e Musica), Emergenza rock (Cosenza).
Il gruppo raggiunge il massimo degli obiettivi quando, nell’Ottobre del 1995, senza produttori né case discografiche alle spalle, approda alla Finale Rai del Festival di Castrocaro. La delusione per un successo sfiorato e contratti sfumati, portarono allo scioglimento del gruppo. Per anni, la musica sembra avere definitivamente abbandonato Seby Mangiameli ma, nel Febbraio del 2013, l’incontro con il chitarrista Francesco Emanuele e il percussionista Peppe Di Mauro riaccendono la passione, a loro si aggiunge l’altra mezza anima dei Tedranura, Piergiorgio Monaco e Filippo Di Pietro, bassista storico del gruppo.
Inizia così un nuovo cammino musicale che porta all’incontro con due artisti sud-americani : la danzatrice e cantante Saurina Gomez e Ricki Guarango, suonatore di charango e flauti andini.
Dal mese di Marzo del 2013, i Tedranura iniziano ad esibirsi dal vivo; vengono arrangiati pezzi del passato ed eseguiti lavori di registrazione de “Il Sole della notte”, di cui è uscito anche il CD, che contiene, tra gli altri, il brano “Amami”, con il testo della scrittrice leccese Giovanna Politi, uscito anche come singolo.

Partecipazioni negli anni, Milena Sanzà, Michele Conti, Piero Vasile, Maurizio Russo,Tony Brundo, Giacomo Lentini, Enzo e Mirko Augello, Enzo Bosco, Claudio Iuticelli, Peppe Romano, Marco Monaco.

Piccolo Teatro Il Salotto di Pulcinella

Roma, Venerdì 17 Novembre ore 20.30

Via Urbana, 10/11 Roma

Info e prenotazioni: 06 4823339 – 347 7327033. 391 1230457

I GOV’T MULE APRONO IL TOUR ITALIANO AL TEATRO CELEBRAZIONI DI BOLOGNA

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Gov't Mule performs for a sold-out crowd at the Salvage Station in Asheville, North Carolina on June 3, 2022.

I GOV’T MULE APRONO IL TOUR ITALIANO AL TEATRO CELEBRAZIONI DI BOLOGNA con Peace… Like a River | Domenica 19 novembre, ore 20.30

Alla soglia dei trent’anni di attività e con due candidature ai Grammy Awards – la prima nel 2003 per la migliore performance strumentale rock per Sco-Mule e la seconda quest’anno, con Heavy Load Blues selezionato per il miglior album blues tradizionale – i Gov’t Mule arrivano in Italia e aprono il loro “Peace… Like a River World Tour 2023” al Teatro Celebrazioni di Bologna.

Il concerto, in programma domenica 19 novembre alle ore 20.30, prevede i brani dell’ultimo disco della band statunitense, Peace… Like a River, pubblicato lo scorso giugno dalla celebre etichetta Fantasy Records.

Prodotto dal frontman della formazione, il chitarrista e cantante Warren Haynes, e dal music producer John Paterno, l’album accosta struttura e spontaneità, a cui si aggiunge una ricchezza musicale che va oltre il genere blues rock, e sino a toccare sonorità country, folk e soul.

«La nostra missione è sempre stata quella di provare a creare musica che non sfiguri accanto agli artisti straordinari che ci hanno influenzato – ha detto Haynes. La maggior parte di queste canzoni sono state scritte durante il lockdown, ma non volevo scriverle incentrate sul Covid». In Peace… Like a River il leader dei Gov’t Mule ha deciso infatti di scandagliare i cambiamenti che lui e gli altri hanno attraversato in quel periodo. Continua Haynes «volevo concentrarmi sugli aspetti positivi: ciò che stiamo imparando, e soprattutto ciò che prima davamo per scontato e abbiamo imparato ad apprezzare».

Accanto agli altri elementi del gruppo – Haynes, il batterista Matt Abts, il bassista Jorgen Carlsson e il tastierista Danny Louis – e ad alcuni storici collaboratori, il disco vede la partecipazione del cantante e chitarrista degli ZZ Top Billy F. Gibbons, dell’attore Premio Oscar e musicista Billy Bob Thornton, della pluripremiata cantautrice Ruthie Foster e dei cantanti e polistrumentisti Ivan Neville e Celisse.

PREZZI BIGLIETTI: Platea I € 60,00 – Platea II € 50,00 – Balconata e palchi € 40,00

I biglietti sono acquistabili online e nei punti vendita autorizzati sui circuiti Vivaticket e TicketOne, e presso la biglietteria del Teatro Celebrazioni.

La biglietteria del Teatro Celebrazioni è aperta dal martedì al sabato dalle ore 15.00 alle ore 19.00 e nei giorni di spettacolo a partire da un’ora prima dell’inizio (Via Saragozza 234, Bologna | Tel: 051.4399123 | E-mail: info@teatrocelebrazioni.it).

Il pubblico potrà prenotare per una cena o un aperitivo al Celebrazioni Bistrot, nel foyer del Teatro, a cura del Ristorante Biagi e del cocktail bar “10 Codivilla”, aperto da un’ora e mezza prima dell’inizio di ogni spettacolo. Info e prenotazioni: +39 329 8120861.

Teatro Celebrazioni Theatricon Srl

Via Saragozza 234, Bologna

Tel. 051.6154808

www.teatrocelebrazioni.it

“Taranto tra pistole e ciminiere, ieri e oggi” di Nicolangelo Ghizzardi e Arturo Guastella

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Nell’ultimo quarto del secolo scorso, Taranto venne annoverata tra le “città criminali”: centosessanta omicidi insanguinarono infatti le vie della città e della provincia ionica, assimilandola alla Campania della camorra, alla Calabria della ‘Ndrangheta o alla Sicilia di Cosa nostra. La feroce malavita che falcidiò tutte quelle vite non aveva tuttavia legami particolari con le grandi organizzazioni criminali, ma era legata soprattutto a famiglie malavitose. In particolare, la “cosca” di Antonio Modeo, detto il “Messicano”, e dei suoi fratelli Gianfranco, Riccardo e Claudio. Sullo sfondo Taranto, una città industrializzata ma mai davvero industriale, e protagonista in negativo anche il IV Centro siderurgico, lo stabilimento industriale più grande d’Europa, che con le sue esalazioni mefitiche di vittime ne ha mietute centinaia divenendo, per certi versi, anche un centro di malaffare e di politiche industriali che non tenevano in alcun conto la salute dei cittadini.

Il libro di Ghizzardi e Guastella ingolosisce fin dalle prime pagine il suo pubblico, mescolando insieme la puntualità della cronaca, la dovizia degli atti processuali e l’analisi sociale e politica di quelle terre. Un mix che ben racconta una storia sanguinosa capace di fotografare in maniera eccelsa l’assetto sociale e ambientale di quegli anni, ripercorrendo con minuzia di causa soprattutto gli eventi che hanno visto protagonista l’Ilva e la scia criminale tarantina.

Il testo è alla sua seconda versione, regalando un libro ancora più particolareggiato. Il saggio pone la sua attenzione maggiore sulla figura di Gianfranco Modeo. La sua è una figura controversa, approda alla criminalità fin dalla sua adolescenza. Di grande importanza l’esempio dei suoi fratelli Antonio, Riccardo e Claudio, protagonisti di una faida feroce, una spaccatura profonda all’interno della famiglia, che vide prima litigare tra loro i fratelli, e poi uccidere persino la propria madre.

La criminalità raccontata da Ghizzardi, all’epoca dei fatti sostituto procuratore della Repubblica del Tribunale di Taranto e da Guastella giornalista affermato, è feroce e cruda, capace di mostrare a pieno il viso del mostro che teneva sotto scacco l’intera Taranto. È un libro che parla di intimidazioni, pizzi, sanguinosi omicidi, raccontando una storia dove la criminalità parte da una famiglia e arriva fino alle istituzioni pubbliche come la Provincia e la Marina Militare.

A rendere il saggio maggiormente interessante rispetto alla prima edizione, è certamente l’intervista posta all’ultimo sopravvissuto della famiglia Modeo, Gianfranco, raggiunto in una località segreta, dopo aver intrapreso una collaborazione con la giustizia. Il suo è un racconto semplice, la vita di un uomo un tempo macchiata da sangue innocente, adesso trascorsa tra la quotidianità di una casa e la routine familiare.

È un saggio preciso e attento, che racconta con capacità una Taranto ormai inquadrata tra le città criminali di maggiore rilievo. Un saggio che ripercorre una profonda saga criminale, capace non solo di porre la sua attenzione sul contesto sociale, ma di farsi portavoce di una storia rosso sangue.

 

Editore: I libri di Icaro

Genere: Saggio

Numero di pagine: 324

Anno di pubblicazione: Novembre 2023

 

Link acquisto:

https://www.amazon.it/Taranto-pistole-ciminiere-Storia-criminale/dp/8895377915/ref=sr_1_2?qid=1699359126&refinements=p_27%3ANicolangelo+Ghizzardi&s=books&sr=1-2

https://www.icarolibri.com/ghizzardi-guastella-taranto-tra-pistole-e-ciminiere-ieri-e-oggi.html

 

Giuseppe Costigliola ‘Il cinema di Romolo Guerrieri’

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Questo incontro tra Giuseppe Costigliola e Romolo Guerrieri ha davvero qualcosa di speciale. Quando Costigliola mi disse che lavorava a un non meglio specificato libro su Romolo Guerrieri, confesso che prevalse in me un certo scetticismo. Non perché Romolo Guerrieri non meritasse un libro, ma perché è stato un regista di non facile collocazione. Non un maestro del cinema italiano, ma neppure un regista di serie B, requisiti essenziali, l’uno al pari dell’altro, per far parlare di sé e dei propri film.

Giuseppe Costigliola, infatti, ha scritto un libro che non è solo il ritratto di un sorprendente regista ma è una vera e propria storia del cinema italiano degna di rappresentarlo come e meglio di tante opere analoghe. Un libro che mi piacerebbe vedere un giorno sui banchi del Centro sperimentale di cinematografia.

Attraverso Romolo Guerrieri e la sua sterminata famiglia (la famiglia Girolami, zeppa di nomi e di pseudonimi), Costigliola dimostra come e perché il cinema italiano è sempre stato esso stesso una famiglia, creata da tanti piccoli e grandi eventi tutti memorabili, che hanno origine nell’epoca fascista e in una città, Roma, dove a dispetto del carattere burbero la solidarietà è sempre stata di casa.

Chi leggerà questo libro è destinato a perdersi. Lo metta pure in conto. Ma è bellissimo perdersi in questo incantesimo (chiamato cinema) come direbbe Franco Battiato, perché il libro è letteralmente scritto a strofe, e ogni strofa è un aneddoto, comico, tragico o malinconico. Aneddoti che spiegano come meglio non si potrebbe perché tutte le persone che hanno fatto la storia del cinema, dal più importante al più umile, sono tutte indissolubilmente legate.

Questo libro è inoltre di una modernità unica perché rappresenta la risposta letteraria a Google e a Wikipedia. Qui si trova tutto, e i link sono tutti di un’efficienza mostruosa perché creano un insieme perfettamente coerente pensato dall’autore e non da una stupida macchina. Se tentasse di imitarlo, l’Intelligenza Artificiale ne uscirebbe con le ossa (che neppure possiede) rotte.

Giuseppe Costigliola è giornalista, traduttore e critico letterario. Autore di racconti, scrive di cinema, teatro, musica e letteratura sul quotidiano “Globalist.it” e sulle riviste “Il Giornale dello spettacolo” e “Primissima”. È impegnato da anni nel recupero della memoria attraverso la raccolta di testimonianze di artisti e tecnici che hanno fatto la storia del cinema di genere. (David Grieco)

“SIAMO TUTTI FIGLI UNICI”: IL NUOVO LIBRO DI GIACOMO CASAULA | di Giuseppe Storti

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GIACOMO CASAULA ATTORE- CANTANTE E SCRITTORE

Giacomo Casaula, nonostante la giovane età, ha un pedigree artistico davvero notevole. Attore, cantante e non per ultimo apprezzato scrittore, già di due libri. Napoletano di nascita, vive a Cava dei Tirreni. Ha recitato in ruoli da protagonista in molteplici compagnie teatrali, interpretando ruoli complessi tratti da opere di importanti scrittori italiani quali Pirandello, nonché di autori che hanno lasciato il segno nella letteratura mondiale quali Cechov, Moliere. Laureato in Filologia moderna con una tesi  in Discipline dello spettacolo su Giorgio Gaber e il Teatro-canzone, pubblicata parzialmente sulla webzine Theatron 2.0. L’inizio della sua carriera teatrale avviene frequentando il laboratorio sperimentale del Liceo, diretto da Gaetano Stella, con l’ausilio di Antonello Ronga e di Antonello Cianciulli. Successivamente si iscrive all’Accademia teatrale Piccolo Teatro al Borgo diretta da Mimmo Venditti, sotto la cui regia recita prima in ruoli da caratterista, interpretando Giacinto Cammarota in Vado per vedove di G.Marotta, Sandrino di Torrepadula in La Fortuna con l’effe maiuscola di E.De Filippo e il Generale Irrigua ne La palla al piede di G.Feydou, e da comprimario sotto le vesti del pastore anziano Armenzio ne La cantata dei pastori, per poi assurgere quale protagonista ne Il berretto a sonagli di L.Pirandello nel ruolo di Ciampa, in Novecento di A.Baricco nel ruolo del medesimo e in Caviale e Lenticchie di G.Scarnicci e R.Tarabusi nel ruolo di Liborio Lamanna, con quest’ ultimo lavoro si diploma con il massimo dei voti. Brillante anche la sua performance artistica come cantante. Ne ricordiamo solo alcune. Da protagonista,  con il suo gruppo musicale in spettacoli come …e Berta filava, spettacolo contro la violenza di genere incentrato sulla donna e sul suo ruolo in società rappresentato al Social Tennis Club di Cava de’ Tirreni, e come Secondo me la donna…, spettacolo per le donne messo in scena al Teatro Genovesi di Salerno in occasione della giornata internazionale a loro dedicata. Ha dato corpo a una suggestiva e mistica interpretazione de La buona novella del cantautore Fabrizio De André.  Rappresentazioni ambiziose sono state Serata per G e Gaber Forever, omaggi al grande autore e compositore Giorgio Gaber, dove si è proposto in veste di cantante, attore e regista, calandosi appieno attraverso la recitazione di significativi monologhi nelle sfumature della tematica gaberiana in un’esibizione messa in scena nelle scuole, in numerosi circoli culturali campani, nonché con notevole successo Al Blu di Prussia, a Villa Di Donato, presso la Fondazione Pietà de’ Turchini, al Teatro Serra di Napoli e al Social Tennis Club di Cava de’ Tirreni. Con Gianni Mauro ha dato vita a una brillante serata, presso il Giardino Segreto del Marchese a Cava de’ Tirreni, dedicata al cantautore Rino Gaetano e intitolata Mio fratello è figlio unico. Direttore artistico di molteplici manifestazioni di rilievo regionale, inizia la carriera di scrittore con il suo primo romanzo:”Scie ad andamento lento”, pubblicato nel dicembre 2019 dalle Edizioni Mea. Di seguito, nel marzo 2022, pubblica il suo secondo romanzo “Siamo tutti figli unici” edito da Guida editori. Il libro ha da subito ricevuto lusinghieri apprezzamenti dalla critica e dai lettori. In particolare lo scrittore napoletano Maurizio de Giovanni, Presidente del Premio Napoli, nonché autore tra i più apprezzati ha definito il romanzo di Casaula:” delicato ed emozionante.”  La trama del romanzo si sviluppa sulle singole vicende di una famiglia, che vive a Roma. Due genitori: Alma e Riccardo, due figli ed una fantastica nonna: un personaggio davvero affascinante, dotata di una grande cultura, che ha un ruolo molto marcato nella narrazione. Uno dei due figli, Luca, decide di trasferirsi a Londra, interrompendo i contatti con la sua famiglia e con l’altro fratello Francesco. Un romanzo che veicola il valore della famiglia e quello della identità, e quindi delle proprie radici che non cessano mai di esistere in fondo all’animo, pur nei conflitti e nei dissidi che possono generarsi nell’ambito dei rapporti familiari. Alla fine Luca, torna a Roma, avvolto dalla nostalgia di ritrovare il proprio passato, ed anche se stesso. Sì, perché Noi non siano niente se non ricordiamo ciò che siamo stati. I personaggi descritti dall’autore sono ben delineati ed analizzati in una trama fitta, emozionante ed avvincente, che attrae il lettore dall’inizio alla fine. Altro tema di spicco narrato nel romanzo è quello della solitudine che può coinvolgere anche persone che abitano sotto lo stesso tetto. Insomma “ Siamo tutti figli unici” è un libro da leggere per emozionarsi e per comprendere che la famiglia, come afferma lo stesso autore è il punto di partendo e di approdo di tutto: un ritrovare le proprie radici, la propria identità e la propria casa del cuore. Infine la trama narrativa del romanzo di Casaula, ci riporta ad un passo di un celebre scrittore britannico Tolkien, autore del Signore degli anelli: “Non tutto quel ch’è oro brilla, non tutti coloro che vagano si sono persi; Il vecchio ch’è forte non s’aggrinza, le radici profonde non gelano mai.”

COPERTINA LIBRO SIAMO TUTTI FIGLI UNICI

Amore: energia ed istinto allo stato puro | di Daniela Cavallini

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Daniela Cavallini

Amiche ed Amici carissimi,  oggi mi permetto di parlarvi di me…

Da sempre, per quanto concerne la sfera affettiva/sentimentale, credo esclusivamente nella reciprocità dei sentimenti che, seppure palesati nelle modalità proprie di ognuno di noi, sono contraddistinti da espressioni ben percepibili. Mi riferisco all’essenza dei sentimenti ed all’atteggiamento (mentale) che individuo nelle persone che si relazionano con me, talvolta esulando dal loro stesso  comportamento. Adottando questo criterio valutativo e, conseguentemente selettivo, riscontro una grande forma di auto protezione.

Lapalissiano che l’amore corrisposto porti magia nella nostra vita, ma purtroppo, talvolta, è causa di immenso dolore quando non corrisposto. Siamo dunque condannati alla sofferenza, con la mediocre prospettiva della rassegnazione, o possiamo attingere alle nostre infinite risorse per continuare ad amare, rendendoci indipendenti da una persona?

Partendo dal presupposto che il sentimento è frutto dell’istinto, già nell’offrire spontaneamente amore, senza aspettarsi nulla in cambio, è insito il vero appagamento. Amare è la gioia più grande, tuttavia se sottomettiamo questo dono al condizionamento delle aspettative, rischiamo il dolore della delusione. E’ frustrante auspicare un riscontro amorevole pervasi dall’ansia generata dal dubbio – o certezza pietosamente mascherata – di non ottenerlo, così come chiedere maggiori attenzioni a qualcuno che non sente il desiderio di offrirle, è devastante per la nostra autostima oltre a porre l’altra persona in condizioni di disagio. Lucidamente: chi può desiderare un tale penoso stato?  Personalmente, nella sfera affettiva/sentimentale ero e sono rimasta un’istintiva, pertanto riconosco a chi si rapporta con me, lo stesso “diritto morale”. Nessuno ha l’obbligo di amare nessuno! L’amore è istinto puro, non lo possiamo reprimere e non lo possiamo estorcere. Il  nostro potere – e dovere – è  tuttavia volto a controllarne le pulsioni a livello comportamentale. L’amore non si chiede, né si elemosina, atteggiamento peraltro umiliante ed inutile, ma assai diffuso. Acquisire la consapevolezza che a tutti noi, è data per dono divino, la possibilità di avvertire l’amore dentro di noi e godere delle magnifiche sensazioni che procura, ci fortifica. Inconsciamente emaniamo le nostre sensazioni e queste fungono da calamita. L’amore attrae e genera amore. Anche in quest’ottica la Legge di Risonanza non si smentisce. Spesso ci rendiamo vittime della nostra ostinazione, procurandoci il danno della privazione. Da uno stato d’animo di “mancanza” altro non attraiamo che altra mancanza!

Se un rapporto di qualsiasi natura esso sia, ivi compresi quelli parenterali più stretti, non è appagante, per me esiste una sola soluzione, quella che non mi ha mai tradita: operare il distacco e rivolgere lo sguardo altrove, consapevole di meritare e di poter offrire di meglio. Tuttavia, considero anche un dovere morale adoperarmi per attivare  rapporti appaganti.

L’amore si presenta quando siamo pronti ad accoglierlo, non confondiamo il nostro desiderio con l’essere ricettivi.

Le agognate manifestazioni ci pervengono unicamente quando la mente conscia è allineata alla mente inconscia: questo significa “essere pronti a ricevere”.

Un abbraccio

Daniela Cavallini

Massimo Di Muzio: scrivere è intimo e personale | di Stefania P. Nosnan

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L’autore non avrebbe mai pensato di fare lo scrittore, preso dalla vita come era, pur tuttavia oggi deve riconoscere di aver scritto dei libri. A MOB Magazine ospitiamo Massimo Di Muzio.

Qual è il suo rapporto con la scrittura? Il mio rapporto con la scrittura è sempre stato del tutto personale e intimistico

Ha delle abitudini particolari durante la scrittura? Nessuna abitudine particolare: scrivo prima sotto forma di appunti su carta, poi trascrivo tutto in digitale, infine correggo una prima volta.

Ricorda il primo libro che ha letto? Nella mia infanzia ho letto molto ma non ricordo molto di queste letture: solo vaghi ricordi e tracce. Il mio primo libro, almeno quello che ritengo sia stato tale è stato sull’opera di Michelangelo edito dalla Rizzoli

La sua scrittura inizia da esperienze reali, autobiografiche o dalla sua immaginazione? Finora ho iniziato sempre da esperienze reali e autobiografiche

Quali sono i suoi generi preferiti? Non seguo dei generi, tuttavia penso che i romanzi e i saggi siano quelli che al momento seguo di più. Trovo molto interessanti i romanzi in cui i personaggi si ritrovano loro malgrado a vivere qualcosa di cui non sapevano nulla.

Cinema. Virzì (UGL): Intelligenza Artificiale non disumanizzi gli attori

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Filippo Virzì Segretario Regionale Ugl Creativi Sicilia

Nuovo fronte aperto tra gli studios di Hollywood e il sindacato degli attori americani (SAG-AFTRA), recentemente sceso in piazza per manifestare la propria contrarietà all’uso di intelligenze artificiali per la creazione di musiche dei film, sceneggiature o direttamente in scena, al posto degli attori in carne e ossa. Se su molti aspetti della vertenza, infatti, sembrava oramai che le parti fossero vicine a un accordo, l’ultimo pacchetto di offerte che gli studios hanno avanzato come “ultima e migliore offerta” per mettere fine allo sciopero è stato rispedito al mittente. Motivo? Le case cinematografiche pretendono di sfruttare l’IA per riportare sul set attori morti.

Per il sindacato americano degli attori nel fatto che le case produttrici vorrebbero poter ricreare le sembianze degli attori morti usando l’intelligenza artificiale senza però dover ottenere prima alcun consenso dagli aventi diritto, ovvero i familiari superstiti dell’artista.

Da contratto gli attori che guadagnano più di 32.000 dollari per episodio televisivo o 60.000 dollari per film dovrebbero sottoporsi a una vera e propria scansione per le IA che li ricreerebbe digitalmente, nella voce, nell’aspetto, nella mimica facciale e nelle pose.

“Se da un lato sembrerebbe una grande opportunità in America per le etichette cinematografiche –  sostiene Filippo Virzì  Segretario regionale UGL Creativi Sicilia – dall’altro rappresenta una vera e propria  minaccia occupazionale e profesionale,  le etichette cinematografiche pretendono di ingaggiare attori morti riportati sulle scene grazie all’IA senza il consenso degli eredi e senza compensi, è inaccettabile, ciò risponde a disumanizzare gli attori, no all’uso distorto e Illegittimo  dell’ Intelligenza Artificiale anche nel delicato mondo cinematografico, il comparto va urgentemente regolamentato da accordi fra le parti che garantiscano gli attori stessi e le professionalità delle maestranze di tutto l’indotto”.

Un prestigioso premio per ‘Il prezzo da pagare’

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Oggi è una buona giornata per “Edizioni Il Foglio” e per il nostro autore Stefano Tamburini. Il suo libro “Il prezzo da pagare” (Storie di donne e uomini ribelli, quando lo sport diventa lotta per i diritti umani e civili) è stato inserito fra le opere premiate al “Books for Peace 2023 International Award” per «il prezioso lavoro in favore dei Diritti Umani, per l’importante contributo Culturale e Letterario». “Books for Peace” nasce nel 2017 da un progetto di un gruppo di associazioni: FUNVIC (Fundação Universitária Vida Cristã / UNIFUNVIC) – Brasil club Unesco BFUCA-WFUCA sezione Europa, ANASPOL (Associazione Nazionale Agenti Sottufficiali Polizie Locali), IADPES International Academy Diplomatic Pax et Salus, Associazione Nazionale Giudici di Pace. Lo scopo è quello di valorizzare i libri (attraverso un concorso letterario), la cultura, le persone, lo sport, l’arte, che trattano gli argomenti della Pace a tutto tondo, non solo tra i popoli, ma dei popoli: come la violenza di genere, il bullismo, le discriminazioni razziali e religiose, l’integrazione sociale e culturale.

La consegna del premio è in programma per domenica 17 dicembre 2023 (ore 16) a Palazzo Cardinal Cesi (Curia Generale dei Salvatoriani) in via della Conciliazione a Roma.

Il libro “Il prezzo da pagare” è stato fra i semifinalisti al Premio Bancarella Sport 2023.

#FATTIESTRAFATTI “Respiro a testa in giù”, L’amore per la ginnastica artistica nel libro di Claudia Cinelli

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#FATTIESTRAFATTI: “RESPIRO A TESTA IN GIU’”, L’AMORE PER LA GINNASTICA ARTISTICA NEL LIBRO DI CLAUDIA CINELLI

Ben ritrovati cari lettori di #fattiestrafatti. Grazie per il successo che mi state attribuendo.

Oggi sono in compagnia di una giovane autrice, ma molto promettente, Claudia Cinelli.

Nasce a Brescia il 19 agosto del 1997. Cresce a Sarezzo dove coltiva la sua passione per la ginnastica artistica accanto a quella per lo studio e la scrittura. Nel 2021 conclude gli studi magistrali in Lettere e Filosofia, diventando Dottoressa in Filologia Moderna. Ogni giorno continua la sua scoperta della ginnastica a 360 gradi: dall’essere una ginnasta, passando per il tavolo della giuria alle competizioni fino al ruolo di insegnante.

“Si può fare qualcosa di grande della ginnastica, basta desiderarlo davvero.”

“Respiro a testa in giù”, Atile edizioni, è una storia piena di passione e di immediatezza, è la storia, infatti, di una ragazza che ama il suo sport, la ginnastica artistica, che vive con dedizione e non poche difficoltà.  Un libro che unisce i toni rosa, fino ad arrivare a una storia di vita dedita allo sport; una piccola autobiografia giovanile che vede alle sue radici l’amore incontrastato per la ginnastica artistica. In questa avventura ritroviamo ragazze forti, amiche e rivali, e al contempo antagoniste sportive della protagonista. Uno sport, la ginnastica artistica che poggia su tre pilastri fondamentali: organizzazione, sincronia e precisione. Il personaggio principale è una ginnasta individualista da dieci anni. Si definisce molto competitiva e desiderosa di arrivare a traguardi più alti.

  • Claudia, benvenuta a #fattiestrafatti. Innanzitutto ti chiedo di raccontarti con tre aggettivi e quanto sei #fattaestrafatta di amore per la ginnastica.

Determinata, ottimista, precisa. Tre ingredienti fondamentali della ricetta “Claudia”. L’amore per la ginnastica è incondizionato, quello che ti permette di dare senza aspettarti nulla in cambio, raro e prezioso.

  • Giovane, appassionata, sincera. Un piccolo libro, ma pieno d’amore. Tu davvero “Respiri a testa in giù” Claudia?

Non è solo respirarci a testa in giù, è proprio un modo di vivere che, come qualsiasi altra cosa, ha i suoi pro e contro. Tutto ruota sempre attorno alla mia ginnastica.

  • Quando nasce l’idea di trasportare su carta le tue emozioni e la tua vita quotidiana?

Domanda spinosa. All’università mi avvicino al mondo della scrittura un po’ per caso. Dico sempre che la ginnastica mi ha donato davvero tanto e che, in un certo senso, avevo l’obbligo di ringraziarla di tutto quel che mi aveva dato. Il mezzo più congeniale a me si è rivelato proprio la scrittura. Mi metto seduta e se il momento è buono, le parole fluiscono da sole.

  • Immagino tu abbia anche una passione per la scrittura. Dunque, ricapitoliamo, come riesci a conciliare studio, allenamenti, vita sociale?

La scrittura ha il suo tempo e va indubbiamente rispettato. Per il resto è tutto un incastro di minuti nelle giornate, ma è sempre stato così da quando sono piccola: si incastra per riuscire a farci stare tutto quello che si vuole fare.

  • “Respiro a testa in giù” colpisce per la semplicità narrativa e la verve che solo una giovanissima può avere. Che tipo di riscontro hai avuto tra le tue coetanee e colleghe rivali nel campo della ginnastica artistica?

Non è sempre stato tutto rose e fiori, così come è normale che sia. Ci sono state compagne con cui non ho mai approfondito la conoscenza e altre che sono ancora oggi parte della mia quotidianità. Tutto varia in base al rapporto, al legame che si crea. Ci sono quelle con cui la rivalità è limitata al tempo della competizione e quelle con cui non si condivide poco o nulla. Pesi e misure come con tutto.

  • Ci sono, oltre la protagonista, altri due personaggi molto interessanti, Andrea e Lucrezia. Ce li vuoi raccontare tu?

Qui si fa dura l’intervista, ma partiamo per ordine con Lucrezia. Mi riallaccio alla domanda precedente dicendo che Lucrezia è stata la compagna con cui ho condiviso tanto. Nel tempo è stata anche una rivale, ma il nostro legame ci ha sempre permesso di lasciare la competizione in secondo piano o comunque veramente limitata al momento dell’esercizio. Auguro a tutti di trovare una Lucrezia nel proprio percorso sportivo.

Andrea invece è stato un fulmine a ciel sereno, uno di quelli che non ti aspetti, ma che, quando arriva ti stravolge. Mi ha permesso di capire alcuni sentimenti che fino ad allora non avevo mai provato, ma ho anche riscoperto la mia ginnastica cercando di presentarla a lui ripartendo da zero.

  • Hai molto caratterizzato il libro con frasi all’inizio dei capitoli e iniziali che introducono direttamente alla storia. Questo modo di scrivere ti ha permesso di esprimerti meglio e di trasmettere in tutta sincerità quello che volevi raccontare?

Assolutamente sì; volevo una storia bella, ma che non fosse estraniata dalla realtà e dalla mia esperienza. Desideravo che chiunque potesse immedesimarsi nella protagonista e la scrittura semplice e diretta mi è stata sicuramente d’aiuto. La scrittura deve anche rappresentare l’autore stesso e io sono proprio come quelle parole.

  • Ma dimmi, quanto è #fattaestrafatta l’allenatrice Martina e cosa ha insegnato alle sue allieve?

Uh, qui siamo veramente sul difficile. Gli insegnanti sono sempre parte integrante della crescita di una persona, ma chiunque potrà essere d’accordo con me sul fatto che solo pochi rimangono impressi. C’è chi ricorda la severità, chi la bravura, chi l’affinità caratteriale. Io non lo so cosa mi colpì di Martina, ma so che l’ho sempre ammirata (e anche oggi che siamo colleghe la osservo sempre con un occhio di riguardo). Mi ha colpito la sua fiducia nelle mie capacità, la sua pazienza nell’assecondare le difficoltà e la condivisione dello stesso progetto che aveva come obiettivo la mia crescita come persona.

  • Claudia, quanti sacrifici ci vogliono per primeggiare nel tuo sport?

Scontato dire tanti e forse non sono la persona più adatta a rispondere a questa domanda. Io non ho primeggiato proprio quasi mai. Ma i sacrifici sono stati fatti senza pensare che stessi rinunciando a qualcosa.

  • Qual è il messaggio che vuoi far passare con questo libro?

Non serve essere una grande ginnasta per far qualcosa di grande della ginnastica.

  • I tuoi progetti futuri?

Spoiler: tra meno di un mese esce il sequel di “Respiro a testa in giù”. Cosa farà Valentina della sua vita e la ginnastica sarà ancora parte di lei?

  • Che bella notizia! Non vediamo l’ora di leggerti ancora cara Claudia.

Grazie a Claudia Cinelli per essere stata ospite di #fattiestrafatti.

Per acquistare il libro:

https://www.amazon.it/Respiro-testa-gi%C3%B9-Claudia-Cinelli/dp/B0CF4J32PX/ref=tmm_pap_swatch_0?_encoding=UTF8&qid=&sr=

 

DANIELA MEROLA

 

 

Cardellino presenta SILVIO ORLANDO in LA VITA DAVANTI A SÉ | Spettacolo vincitore del Premio “Le Maschere del Teatro Italiano” 2022 come miglior monologo | Venerdì 17 e sabato 18 novembre 2023, ore 21.00

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Silvio Orlando_La vita davanti a sé_ foto di Laila Pozzo

È l’attore pluripremiato e tra i più apprezzati da pubblico e critica nel panorama nazionale Silvio Orlando ad aprire la Stagione di prosa del Teatro Celebrazioni di Bologna con lo spettacolo La vita davanti a sé, in programma venerdì 17 e sabato 18 novembre 2023 alle ore 21.00.

Vincitore del Premio “Le Maschere del Teatro Italiano” 2022 come miglior monologo, la messa in scena è una trasposizione teatrale dell’omonimo romanzo dello scrittore lituano naturalizzato francese Romain Gary, pubblicato nel 1975 e adattato per il cinema due anni dopo.

La storia si aggira attorno al personaggio di Momò, un bimbo arabo orfano e segnato da un’infanzia difficile, che vive nel quartiere multietnico di Belleville a Parigi, nella pensione di un’anziana ex prostituta ebrea, Madame Rosa, che lo accudisce come una madre. A interpretare il protagonista Silvio Orlando, che, con la spensieratezza propria di Momò, porterà lo spettatore dentro il suo dramma, affrontando con la giusta ironia la spinosa questione della convivenza tra culture, religioni e stili di vita differenti – anche attraverso il rapporto d’amore tra madre e figlio – tematica ancora oggi molto attuale e in cui il romanzo di Gary appare antesignano del presente.

Accanto a Orlando, che ha curato inoltre la regia dell’adattamento teatrale, sul palco si esibirà l’ensemble formato da Daniele Mutino (fisarmonica), Roberto Napoletano (percussioni), Luca Sbardella (clarinetto/sax) e Kaw Sissoko (kora/djembe), per ricreare la romantica, retrò e variopinta ambientazione parigina, con melodie e ritmi ispirati a popoli lontani, ma anche tipici della capitale francese quali valzer e chansonnes. Le scene dello spettacolo sono di Roberto Crea, il disegno luci di Valerio Peroni e i costumi di Piera Mura.

Silvio Orlando_La vita davanti a sé_ foto di Laila Pozzo

PREZZI: Intero 31,00 € – Ridotto 28,00 € – Abbonati 26,00 € – Under 29 25,00 €

I biglietti sono acquistabili online e nei punti vendita autorizzati sui circuiti Vivaticket e TicketOne, e presso la biglietteria del Teatro Celebrazioni (https://bit.ly/SilvioOrlando23WEB).

La biglietteria del Teatro Celebrazioni è aperta dal martedì al sabato dalle ore 15.00 alle ore 19.00 e nei giorni di spettacolo a partire da un’ora prima dell’inizio (Via Saragozza 234, Bologna | Tel: 051.4399123 | E-mail: info@teatrocelebrazioni.it).

Il pubblico potrà prenotare per una cena o un aperitivo al Celebrazioni Bistrot, nel foyer del Teatro, a cura del Ristorante Biagi e del cocktail bar “10 Codivilla”, aperto da un’ora e mezza prima dell’inizio di ogni spettacolo. Info e prenotazioni: +39 329 8120861.

Teatro Celebrazioni

Theatricon Srl | Via Saragozza 234, Bologna

www.teatrocelebrazioni.it

Tel: 051.6154808 | E-mail: stampa@teatrocelebrazioni.it

LA VITA DAVANTI A SÉ

Venerdì 17 e sabato 18 novembre, ore 21.00

Teatro Celebrazioni di Bologna

 Una Produzione Cardellino

Traduzione Giovanni Bogliolo – edizione Biblioteca Neri Pozza

Tratto dal romanzo “La vie devant soi” di Romain Gary (Emile Ajar)

© Mercure de France, diritti teatrali gestiti dalle edizioni Gallimard con il nome di “Romain Gary” come autore dell’opera originale

Con Silvio Orlando e con Daniele Mutino (fisarmonica), Roberto Napoletano (percussioni), Luca Sbardella (clarinetto/sax), Kaw Sissoko (kora/djembe)

Scene Roberto Crea

Disegno luci Valerio Peroni

Costumi Piera Mura

Organizzazione Maria Laura Rondanini

Riduzione e regia di Silvio Orlando

“Figlio non sei più giglio con Daniela Poggi” | di Meri Lolini

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Daniela Poggi nel 2021 ha costituito una società una SRLS impresa sociale iscritta al terzo settore per promuovere e diffondere cultura “Bottega Poggi”. La parola chiave che sta alla base della creazione di questa “Bottega” è molto importante e decisiva per i nostri tempi: “inclusione”. I temi trattati sono molteplici e tutti necessari per le nostre consapevolezze. Una “Bottega” per non sprecare il proprio tempo e per ragionare di quelli, che sono i guai di una società che arranca. Una “Bottega” alla stregua di quelle degli artisti rinascimentali, dove crescevano le idee ed il genio e dove si creavano capolavori. In questi giorni è uscito il suo nuovo spettacolo teatrale, che consiste in un melologo, infatti è una composizione letteraria declamata con l’accompagnamento musicale. Lo spettacolo teatrale intitolato “Figlio , non sei più giglio” è stato prodotto dalla Bottega Poggi ed è stato scritto diretto da Stefania Sorrino con Mariella Nava e Daniela Poggi. L’autrice Stefania Porrino ha preso spunto dalla famosa lauda del pianto della Madonna nella poesia “Donna de Paradiso” di Jacopone da Todi. Questo è componimento in volgare anche chiamato” Il pianto della Madonna” ed è pensato come un dialogo ai piedi della croce, nel quale Maria mostra tutto il suo dolore per la perdita di suo figlio. Stefania Porrino delinea in questo monologo la figura di una donna moderna anche lei si chiama Maria ed anche lei vive il dolore di una spada che le ha trafitto il cuore, ma in una situazione rovesciata in cui l’amato figlio non è la vittima innocente, ma è lui l’autore della violenza su una donna anche lei madre, che come sua madre è portatrice di vita. Maria si trova impotente a doversi misurare con il dramma di quell’atto assassino compiuto dal figlio e la sua mente è attraversata da mille pensieri e milioni di domande, per tentare di ricostruire le possibili cause del gesto terribile di quel figlio e cerca di trovare uno spiraglio di speranza in una sua rigenerazione interiore, che renda possibile a lei -madre-perdonare un figlio che non è più un giglio. Affrontare un dolore è sempre molto faticoso e se questo è generato da quel figlio che hai portato in grembo, che hai cresciuto con tanta attenzione e tanto amore, questa disperazione porta ad una ricerca del perché questo sia potuto accadere e così mamma Maria cerca di arrivare ad una rigenerazione interiore, che le dia uno spiraglio di speranza per comprendere quel figlio che non è più puro come un giglio, ma è un assassino .L’ambientazione coinvolge il pubblico perché tutto lo spettacolo teatrale è recitato con la musica dal vivo scritta ed interpretata da Mariella Nava. La prima data della tournee è stata 8 novembre a Forlimpopoli e lo spettacolo ha già una bella programmazione in varie località italiane fino al 12 dicembre.