Amiche ed Amici carissimi, quando parliamo di stalking correliamo solitamente tale accezione al comportamento persecutorio, agìto con intento possessivo di carattere sentimentale/sessuale nei confronti della vittima designata.
Tuttavia, ahinoi, credo che l’ossessivo contegno meriti l’estensione anche alla sfera sociale, ponendo molta attenzione agli atteggiamenti esteriorizzati dalle nuove conoscenze, sin dai primi approcci.
Ho constatato personalmente una forte attinenza comportamentale con i noti segnali attribuiti allo stalker, manifestati da chi, in fase primordiale, dichiarando immenso affetto (?!) dapprima palesa la pretenziosità d’imporre un rapporto amicale – prescindendo persino dalla propedeutica fase amichevole – svelando un attaccamento morboso, una condotta controllante, accusatoria, irrispettosa, oltremodo dipendente, inopportuna e soffocante ben oltre la tollerabilità.
Se a tale situazione, l’invadente “amicizia” – pur sensibilizzata con plurime ed educate richieste di evitamento – persiste imperterrita nel molesto comportamento, è ben comprensibile l’inevitabilità del definitivo allontanamento. Allontanamento, tuttavia, non scevro da conseguenze…
lnfatti la scarsità di equilibrio, inibente l’intrattenimento di un piacevole contatto, si manifesta anche, anzi soprattutto, nella sua stessa fase di chiusura.
In effetti, quando il/la malcapitato/a comunica di porre fine all’asfissiante rapporto, genera nell’ormai ex-amico/a, quale reazione al rifiuto, comportamenti vessatori in alternanza a proclamate richieste di perdono e solenni promesse di futura irreprensibilità.
La caratteristica dominante di queste persone, inizialmente confondibile con la mera invadenza – peraltro forse ovviabile con un’opportuna forma di comunicazione – può ben presto rivelarsi il prodromo di comportamenti altamente disturbanti e destabilizzanti, cui l’opportuna autodifesa è l’allontanamento. Tuttavia, in detto contesto, la percezione del rifiuto, sollecita nel/la respinto/a l’esasperato controllo ed il desiderio di vendetta, con conseguenti soprusi, agìti non di rado anche per interposta persona.
Ne parliamo con Il Dott. Andrea Giostra – Psicologo Clinico e Criminologo.
Daniela Cavallini:
Grazie Andrea per essere con noi ad affrontare il delicato tema.
Alla luce di quanto asserito, agire tempestivamente a protezione della propria incolumità, individuando e contrastando subitaneamente le manifestazioni sospette, è dunque essenziale, pertanto ti chiedo quali sono i segnali che dobbiamo considerare alla stregua di campanelli d’allarme?
Dott. Andrea Giostra:
Innanzitutto è fondamentale osservare l’esagerato attaccamento, che spesso, soprattutto nella fase di approccio/conoscenza, può essere frainteso con un caratteriale eccesso di espansività, se non come tu dici, di mera invadenza. Diviene dunque fondamentale acquisire la consapevolezza che spropositate manifestazioni d’affetto non possono essere realistiche: o sono false o… sono “peggio”.
Daniela Cavallini:
“Peggio”, in questo contesto, assume l’accezione di pericoloso, con immediato collegamento allo stalking. Onde evitare qualunquismi e profane diagnosi, ti chiedo cortesemente di indicare alcuni esempi che aiutino a delineare il profilo del/la molestatore/molestatrice affetti dalla considerabile forma di psicopatia.
Dott. Andrea Giostra:
Dalla tua coniugazione – maschile efemminile -, colgo l’opportunità per riferire l’importante incremento dello stalking tra le donne. Quello che fino a non molto tempo fa era un disturbo di personalità attribuito quasi totalmente agli uomini, dati recenti segnalano una preoccupante diffusione anche tra le donne.
Tornando all’individuazione dei comportamenti cui porre la massima attenzione – oltre alla proverbiale millanteria – il primo in assoluto è il controllo. Controllo che lo/a psicopatico/a esercita già all’inizio della conoscenza, approcciandosi con premure eccessive, apparentemente gentilissime (il superlativo assoluto è atto a sottolinearne l’anormalità) attenzioni che ben presto si tradurranno in un atteggiamento persecutorio.
Prescindendo dall’obiettivo caratterizzante il rapporto – amicale o sentimentale -, dette subdole attenzioni, ascrivibili al controllo, manifestate immediatamente, contestualmente ai primi approcci, le possiamo riscontrare in espressioni del genere: “buongiorno mia cara, hai dormito bene? Vedo che sei collegata in rete già da un’ora, speravo in un tuo cenno… come stai?”; “tesoro, vedo che soffri d’insonnia, sono le tre del mattino e sei in chat, hai un nuovo amore di cui non mi hai parlato? Non ti fidi di me”; “ieri mi hai detto di essere molto impegnata, ma so che eri con la tua amica Barbara, se non mi vuoi non hai che da dirlo”; “tu che sei tanto amica di quella Barbara, sappi che parla malissimo di te, mi ha contattato per dirmi che sei una poco di buono”; “ah, anche Francesca, è tua amica? Ma per carità, una deficiente che non vale niente, non hai ancora capito che ti frequenta per riferire a tutti le tue confidenze e ridere con gli altri, quelli che tu consideri tuoi amici?”.
In queste poche frasi sono riconoscibili: il controllo, l’egocentrismo, l’obiettivo d’isolamento ottenibileseminando zizzania attraverso la calunnia con l’obiettivo di destabilizzare l’ignara vittima, affinché possa fidarsi esclusivamente della “fedeltà” della nuova amicizia. Si noterà altresì, che ogni affermazione di stima espressa dalla vittima stessa, nei confronti di chiunque, sarà istantaneamente (o, al massimo nell’arco di poche ore) strumentalizzata malignamente ai danni della persona ammirata. La deleteria affermazione prodotta dalla perversa fantasia del soggetto psicopatico, si protrarrà nel tempo come un mantra recitato costantemente e puntualmente aggiornato con nuove maldicenze. Ogni contatto telefonico o fisico tra psicopatico/a e perseguitato/a è generalmente afflitto da tensione e/o da malcecelati riferimenti offensivi verso la vittima oltreché caratterizzati dall’aprioristica veemente affermazione, inerente il potere salvifico della sua sincera amicizia: “io sì che ti tutelo perché di voglio bene, non quelli che ti sparlano alle spalle”.
Daniela Cavallini:
Direi che la disamina prodromica è ineccepibile, quindi non resta che identificare il comportamento difensivo meno rischioso. Come consigli di interagire per contrastare le varie manifestazioni di squilibrio, ovviamente con finalità deterrenti?
Dott. Andrea Giostra:
Partendo dal presupposto che il soggetto affetto da psicopatia è smodatamente orgoglioso e vanaglorioso, sfacciato e privo di limiti, non accetta il rifiuto e tende ad inseguire implacabilmente la vittima, nonostante il reiterato declino da parte di quest’ultima.
Se rincorrere una persona, ottenendo in risposta sempre e solo il suo manifesto fastidio, ferirebbe ed umilierebbe chiunque, nel caso specifico, la patologia infrange i freni inibitori, tanto da fungere addirittura da stimolo all’accanimento. Da qui nasce la pericolosità insita nella persecuzione.
Nella tua introduzione hai accennato allo stalking per interposta persona: purtroppo delegare ad un “attore compiacente” è un’ altra perversione finalizzata al controllo indiretto della vittima che subirà pedinamenti e/o appostamenti, talvolta silenti, altre volte con disturbanti intercessioni, sia in presenza che telefoniche o scritte. A parte i Professionisti – Detective – per quanto possa apparire inaudito, esistono persone che si prestano al perverso gioco, magari perché a loro volta coercizzate dallo/la stalker stesso/a e ne eseguono gli ordini.
Infine, è da considerasi importante anche il controllo agìto via Social -cyberstalking- oltre al continuo, tormentoso, invio di messaggi/mail, ecc.
Mi chiedi come difendersi. Innanzitutto consiglio di non rispondere alle provocazioni – siano esse richieste di pace, recriminazioni o minacce – e di conservare tutto il materiale ricevuto rendendolo così disponibile per la condivisione tra amici, parenti, eventuali terapisti, ecc.– allo scopo di costituire valide testimonianze oltreché quale prova da esibire in caso di denuncia alla Magistratura ed alle Forze dell’Ordine.