Tutte le volte che osservo un fiore di Loto, quel bellissimo fiore il cui nome è, in realtà “Nelumbo nucifera” o “Lutea”, originario sia dell’Asia che dell’Australia, una pianta acquatica tipica degli stagni, che viene associata fin dall’antichità, alla “rinascita”, in quanto emblema della purezza, nonostante viva in mezzo al fango, mi torna alla mente un’altra delle tante violenze subite in passato dalle donne, note come “Le donne dai piedi di Loto”.
Sicuramente ne avrete sentito parlare, miei cari lettori, un’antica pratica di deformazione artificiale dei piedi delle donne nell’antica Cina, chiamata “chanzu”, praticata durante la dinastia Song, Ming e Qing, e durata quasi mille anni. Il suo nome era dovuto all’andatura precaria e oscillante che assumevano le donne sottoposte a quella tortura, che camminavano prevalentemente sui talloni, con piccoli passi esitanti; una pratica che nacque, molto probabilmente, agli inizi del ‘900 d. C. da una concubina dell’imperatore, la quale per accaparrarsi i favori del regnante, si era fasciata i piedi con larghe fasce di seta bianca per danzare la cd. “Danza della luna”.
E fu da quel momento in poi che molte donne iniziarono ad emulare la fasciatura usando scarpe affusolate e rinforzate di seta, provocando la rottura delle ossa che ne impediva l’allungamento delle dita dei piedi, dando luogo alla loro deformazione, con dolori lancinanti che duravano per anni, con tanti altri problemi fisici: alla postura, alla circolazione del sangue e alla schiena.
E tutto questo, perché, tradizionalmente, le donne con i piedi minuscoli fasciati, soprattutto quelle con 5 centimetri di lunghezza, erano ricercate come simbolo di estrema femminilità e venivano considerate particolarmente “erotiche”, consentendo, soprattutto, a quelle più povere, di poter sposare un marito di classe sociale più elevata. Infatti, le donne con i piedi fasciati, erano impossibilitate a svolgere lavori pesanti, e quindi, era sinonimo di ricchezza e prestigio della famiglia, perché significava che non c’era bisogno del loro contributo per sostenere gli altri componenti del nucleo familiare, ma, soprattutto, non potevano fuggire dalla casa dei loro mariti.
Anzi, in alcuni casi, molte ragazze povere, venivano vendute come “concubine” e il loro “prezzo”, variava in base alla dimensione dei loro piedi: più erano minuti e più era alto il prezzo richiesto.
Tutto questo, a significare, ancora una volta, la completa sottomissione della donna all’uomo, in quanto i piedi deformi, rendendo quasi impossibile la deambulazione delle donne sottoposte a questa pratica crudele, le condannavano ad essere completamente dipendenti dai loro mariti e quindi più docili da sottomettere.
Ancora una volta, la storia ci ricorda di tutte le sofferenze ed umiliazioni che hanno subito e, subiscono, le nostre sorelle in ogni parte del mondo: Iran, Afghanistan e in tanti altri Paesi dell’Oriente, dove le donne sono penalizzate per il solo fatto di essere nate “femmine”, e quindi, considerate “esseri inferiori”, da umiliare, castigare, maltrattare, ferire, uccidere. E continuo a farmi sempre la stessa domanda: è mai possibile che nel 2024, si continui ancora ad esercitare tanto odio nei confronti del mondo femminile? Perché certi “uomini” continuano ad avere paura delle donne?
Perché ancora tanta violenza, questa eterna ossessione di “sopraffazione” dell’uomo sulla donna, anche e, soprattutto, nei rapporti di coppia che è ormai ben radicata nel nostro vivere quotidiano?
Lascio a voi, miei cari lettori, ogni triste considerazione sull’argomento, anche se credo che su questa Terra, ormai piena di odio, guerre, distruzione, basterebbe semplicemente il rispetto reciproco, la condivisone di un minimo d’amore, affetto, amicizia, solidarietà nei confronti del prossimo, considerando che siamo qui solo di passaggio e c’è posto per tutti in questo viaggio chiamato vita e sono sempre più fermamente convinta che se non sarà l’essere umano ad eliminare tutto questo odio, sarà l’odio ad eliminare dalla Terra ogni essere umano.
E pensare che basterebbe soltanto “Immaginare di abbracciare l’immensità del tempo e l’universo, e poi paragonare all’infinito quella che chiamiamo VITA UMANA..”
“Si vis, amari, ama” (Se vuoi essere amato, ama, Lucio Anneo Seneca).
Avv. Aurora d’Errico