Ricordando il giudice Giovanni Falcone | Riflessioni dell’avv. Aurora d’Errico

da | 29 Marzo 2025 | Attualità, Libri

Sono trascorsi più di trent’anni dalla Strage di Capaci, in cui il 23 maggio 1992, furono uccisi il magistrato Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e i tre agenti della scorta, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifano.

Avevo visto già tante volte in tv o sui giornali, l’immagine di quella macabra realtà, rappresentata dalla teca della “Quarto Savona Quindici”, contenente i resti della Fiat Croma su cui le vittime viaggiavano, l’orrore di ciò che restava dopo la vita spezzata a cinque servitori dello Stato per opera della mafia, ma osservare i resti da vicino, sfiorare la teca con la mia mano, è stata un’emozione e un dolore ancora più straziante.

Giovanni Falcone è stato uno dei magistrati che ha dedicato ogni minuto della sua vita a combattere la mafia e uno dei primi giudici che teorizzò l’importanza della cooperazione giudiziaria internazionale e a capire la struttura unitaria di Cosa Nostra, creando un metodo investigativo unico, attraverso indagini patrimoniali e bancarie che gli hanno permesso di scovare tracce lasciate dal denaro usato dalle cosche mafiose, strumenti che gli hanno permesso, insieme al pool antimafia, di istruire il primo maxiprocesso a Cosa Nostra.

Falcone, lavorava ogni giorno con amore e dedizione per la sua Terra, per lo Stato, per rendere migliore la sua città di Palermo e la sua patria, con l’unica certezza che prima o poi, la mano della mafia lo avrebbe sicuramente raggiunto.

E ciò nonostante, ha affrontato il suo destino, senza mai retrocedere di un solo passo, andando sempre avanti, sempre oltre, perché per lui “la mafia andava combattuta non pretendendo l’eroismo di inermi cittadini, ma coinvolgendo nella lotta le forze migliori delle istituzioni”.

E, guardando quei resti di lamiera che emanano ancora l’odore acre di morte, mi è tornata alla mente la domanda che continua a rincorrersi nei meandri della mia mente: come dovrebbe realizzarsi concretamente la giustizia nello Stato ideale? Aveva forse ragione Platone quando affermava che solo la ragione e la giustizia possono dare significato e coerenza agli atti politici e dal fatto che un buon governo non dipende dalle specifiche circostanze storiche, ma dalla rettitudine dell’anima, l’ unica in grado di garantire la felicità dei cittadini? E se tutto ciò che esiste nel mondo materiale e sensibile è imperfetto, potranno detenere il potere solo quanti conoscono il bene?

Effettivamente, se ci pensiamo, solo l’educazione può infondere in modo permanente la giusta convinzione degli animi. Uno Stato sarà mosso dagli interessi collettivi, solo quando sarà stato educato a considerare la comunità un oggetto del bene.

Generalmente, chi detiene il potere, cerca di accrescerlo, di favorire i propri parenti, amici e di condurre una vita sociale discretamente felice. L’agire politico in alcuni casi obbedisce a interessi personali e alla brama di potere. Un vero Stato però, non risponde agli interessi particolari di un singolo o di una classe sociale, ma a quelli dell’intera comunità.

Pertanto, la politica utile è conoscenza dell’anima e non ricerca del profitto, è ricerca del bene comune e non del singolo individuo. La giustizia si erge quale unica virtù capace di assicurare, tra innumerevoli tensioni, la sopravvivenza della “comunità”, guidata da “guerrieri affidabili” in grado di riconoscere sempre la verità e il bene, esattamente come il sole che non crea nulla, ma illumina tutto il resto e lo rende chiaro e comprensibile.

Giovanni Falcone non si era mai sentito un eroe, ma solo un servitore dello Stato chiamato a fare il proprio dovere per la comunità.

Conoscenza personale del bene e agire morale in seno alla comunità erano le caratteristiche di un uomo che ha donato tutta la sua vita alla ricerca della verità e della giustizia, che ha combattuto contro la mafia, contro il male, la corruzione, l’illegalità perché contro il mito negativo dell’invincibilità di “Cosa Nostra”, aveva la ferma convinzione che “la mafia era un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà fine”. Una statura morale davvero incommensurabile, un mix di legalità, senso del dovere, di giustizia, moralità e amore per la sua Terra, per lo Stato.

Quell’uomo era il magistrato Giovanni Falcone.

Avv. Aurora d’Errico

Aurora d’Errico e Giovanni Falcone

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