Rita Saccone, docente di lettere e poeta, ci racconta le sue poesie | Intervista

da | 17 Marzo 2025 | Interviste, Libri

Ciao Rita, benvenuta e grazie per aver accettato il nostro invito. Come ti vuoi presentare ai nostri lettori che volessero sapere di te quale docente di lettere e poeta?

Oh, grazie a voi! Rita è laureata in lettere, ha pubblicato cinque libri di poesie riuscendo ad affermarmi in vari concorsi, fra cui il Premio Luzi, dato da Google come “il maggior premio della poesia italiana”. È stato istituito per volontà testamentaria del grande poeta e senatore a vita Mario Luzi. Qui Sono stata premiata per la prima volta da Maria Luisa Spaziani, la Volpe dei testi di Montale, da Donatella Bisutti ed esponenti delle maggiori istituzioni culturali italiane come l’Accademia dei Lincei, della Crusca e della società Dante Alighieri. Il premio è sotto l’egida del Presidente della Repubblica e del Senato.

Chi è invece Rita al di là della sua passione per la scrittura, per la letteratura, per la poesia e la lettura? Cosa puoi raccontarci di te e della tua quotidianità?

Non è facile rispondere a questa domanda. Sono una persona decisamene socievole, ma probabilmente nel profondo selettiva, non del tutto realizzata. Ho avuto varie esperienze, lutti. Questo è spesso espresso nei miei libri, che hanno un “ispirazione introspettiva”, in linea con le tendenze della poesia italiana più recente, poesia di esistenza, come in Alda Merini per intenderci. Diciamo che vivo con mia madre anziana pur avendo altre case. Ho assistito da sola mio padre cerebroleso per molti anni, sono figlia unica e questi affetti per me sono profondi. Nonostante la pubblicazione di cinque libri di poesie ,Palermo è una città che mi pare difficile, marginale per la diffusione e valorizzazione della poesia e mi piacerebbe arrivare ad un pubblico più vasto ed a contatti umani ed intellettuali diversi.

Qual è il tuo percorso accademico, formativo, professionale ed esperienziale che hai seguito e che ti ha portato a fare quello che fai oggi nel vestire i panni della docente di lettere e poeta?

Ho una laurea in lettere, sono stata interna all’università in istituto di storia dell’arte con Il prof Giuseppe Bellafiore e ho pubblicato di arte. Ho lasciato per lettere la facoltà di giurisprudenza e probabilmente futuri lavori più redditizi, proprio perché presa da passione per la letteratura, sentivo il bisogno di studi regolari ed approfonditi in questo settore.

Forse questa laurea mi ha reso una scrittrice con strumenti più consapevoli. Sono stata una lettrice appassionata di classici, ora sono più anarchica e selettiva. Diciamo che ho tendenze assai eretiche e spesso non riesco a seguire le ondate mediatiche.

Come nasce la tua passione per scrittura, per la poesia e per i libri? Chi sono stati i tuoi maestri e quali gli autori che da questo punto di vista ti hanno segnato e insegnato ad amare i libri, la poesia, la lettura e la scrittura?

Ho cominciato a scrivere poesie a sette anni, ricordo proprio le maestre stupite, non credevano le scrivessi io e facevano fare il giro della scuola a questi componimenti. Poi liceo classico, of course. Ho studiato tutta la letteratura antica latina e greca, la letteratura moderna, ma anche filosofia, arti figurative. Amo i classici, il Novecento poetico. Sui poeti più attuali, non so … Trovo a volte qualcosa di interessante, ma non sempre riesco ad essere così completamente “esaltata”, come mi succede quando si incontrano poeti indimenticabili in toto.

Ci parli della tua ultima raccolta, “Anima di carne”? Come nasce, qual è l’ispirazione che l’ha generato, quale il messaggio che vuoi che arrivi al lettore, quale le storie che ci racconti senza ovviamente fare spoiler?

È una storia interiore, il racconto di una donna che vive con difficoltà, tra sogni di relazioni umane più complete e materialità e insoddisfazione della realtà. È il sogno, da un verso di Pavese, di una vita che sia anima e materia, invito alla poesia, alla profondità della comunicazione, alla spiritualità.

Chi sono i destinatari che hai immaginato mentre lo scrivevi?

È un appello a chi sente il fascino, il bisogno della profondità e del linguaggio poetico, tanto coinvolgente, ma che muore di banalità.

Poi ci sono persone reali del passato e del presente, persone a cui vorremmo dire qualcosa di più di quello che riusciamo in presenza.

Tu, Rita, hai scritto altri libri. Ci parli delle tue opere poetiche che i lettori troveranno elencati alla fine di questa intervista? Quali sono, come sono nate, quale il messaggio che contengono? Insomma, raccontaci della tua attività poetica 

Ho cominciato con un testo, Nomade di luce, che rifletteva fin dal titolo il senso dell’esistenza nomade, alla ricerca di qualcosa spesso effimero. Poi Le parole del mio sangue, un dialogo con filosofi e poeti: libro assai particolare per i dialoghi con la filosofia esistenzialista e il tema della crisi della poesia nel mondo odierno, troppo banale per accogliere testi profondi ed innovativi nel linguaggio. Spero la tendenza stia cambiando davvero, ma per decenni siamo stati non pubblicati da nessuna casa editrice importante: solo poeti classici per le edizioni Mondadori o pochissimi, molto già affermati, per le case maggiori. Tuttora le grandi testate non recensiscono e pubblicizzano facilmente la poesia. Qualche mese fa  mi sono sentita dire che la RAI non si occupa di libri di poesia, erano disponibili ad intervistarmi solo se autrice di romanzi. Non so se piangere o ridere, questo è lo scenario.

L’ora senza voce, terzo libro, è invece un diario intimissimo della pandemia, è dedicato alla memoria di amici e medici morti ed è stato presentato a Marina di libri da Renato Costa, allora commissario straordinario per la malattia.

Gli infiniti amanti racconta una storia d’amore irrisolta, ma il vero persistente infinito amore a cui fa riferimento il titolo sono i versi, in tutta una esistenza.

Una domanda difficile, Rita: perché i nostri lettori dovrebbero comprare “Anima di carne” o gli altri tuoi libri? Prova a incuriosirli perché vadano in libreria o nei portali online per acquistarlo.

È un libro che dicono abbia trovato le parole per esprimere emozioni e pensieri di molte donne, spesso nella trappola di relazioni inadeguate e comunque un libro che riflette la condizione umana di oggi. Uscito a novembre, ha già ricevuto il premio Mondello poesia, per i testi definiti molto intensi, che arrivano immediatamente e restano dentro nonostante un linguaggio ricco di trapassi irrazionali.

C’è qualcuno che vuoi ringraziare che ti ha aiutato a realizzare le tue opere letterarie? Se sì, chi sono queste persone e perché le ringrazi pubblicamente

Certo, la mia casa editrice palermitana Antipodes, guidata da due donne coraggiose, completamente gratuita per gli autori e capace di comprendere anche libri non facili per temi e linguaggio come i miei.

Tu, Rita, hai avuto tantissimi riconoscimenti letterari e poetici e hai vinto tanti premi. Ci racconti di questa tua esperienza e qual è stato il premio che ti ha fatto più piacere ricevere e dove lo hai avuto?

Sono stata felice quando sono arrivata in finale al Premio Luzi fra seimila concorrenti. Ho letto il disappunto di giurati molto illustri quando non sono arrivata prima. Non potrò mai dimenticare la faccia di Donatella Bisutti.

«… mi sono trovato più volte a riflettere sul concetto di bellezza, e mi sono accorto che potrei benissimo (…) ripetere in proposito quanto rispondeva Agostino alla domanda su cosa fosse il tempo: “Se nessuno me lo chiede, lo so; se voglio spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so.”» (Umberto Eco, “La bellezza”, GEDI gruppo editoriale ed., 2021, pp. 5-6). Per te cos’è la bellezza? La bellezza letteraria, della poesia e della scrittura in particolare, la bellezza nell’arte, nella cultura, nella conoscenza… Prova a definire la bellezza dal tuo punto di vista. Come si fa a riconoscere la bellezza

Credo ci sia bellezza interiore e in molti esseri umani spesso soffocata dalle vicende della vita e della società. I poeti, gli artisti hanno un loro mondo interno e delle loro visioni da esprimere in modo coinvolgente. Ricercare lirismo non è di tutta la poesia moderna.

Bisogna cogliere la coerenza fra intenzioni e mezzi comunicativi, questo è potenza e bellezza nell’arte. Ogni vero artista ha un suo stile personale, e se è relativamente facile riconoscere chi si muove su strade già tracciate, più complesso valutare chi tenta e ha necessità di una ricerca artistica più personale. Ci vuole attenzione, ascolto cautela. Se un’opera è coerente, ha qualcosa di vero e potente da dire, un occhio formato e predisposto la coglie istintivamente, anche se talvolta ci vuole tempo per definirla e analizzarne tematiche e strumenti. Non siamo comunque nel Rinascimento, la produzione artistica mi pare limitata.

«Appartengo a quella categoria di persone che ritiene che ogni azione debba essere portata a termine. Non mi sono mai chiesto se dovevo affrontare o no un certo problema, ma solo come affrontarlo.» (Giovanni Falcone, “Cose di cosa nostra”, VII ed., Rizzoli libri spa, Milano, 2016, p. 25 | I edizione 1991). Tu a quale categoria di persone appartieni, volendo rimanere nelle parole di Giovanni Falcone? Sei una persona che punta un obiettivo e cerca in tutti i modi di raggiungerlo con determinazione e impegno, oppure pensi che conti molto il fato e la fortuna per avere successo nella vita e nelle cose che si fanno, al di là dei talenti posseduti e dell’impegno e della disciplina che mettiamo in quello che facciamo?

Penso a Machiavelli, cinquanta per cento fortuna, altro cinquanta “virtù”, che non è proprio la virtù morale in lui. Guicciardini è ancora più pessimista, dà la prevalenza alla fortuna. Personalmente non ho purtroppo la capacità di fare molto. Vorrei i versi arrivassero, fossero diffusi e capiti, ma io non ho la vocazione della influencer e neppure riesco a fare di tutto pur di arrivare. Poi credo manchino, per i poeti, veri grandi canali ormai. Un tempo Ungaretti andava in televisione e sui grandi quotidiani si leggeva di poeti.

«La lettura di buoni libri è una conversazione con i migliori uomini dei secoli passati che ne sono stati gli autori, anzi come una conversazione meditata, nella quale essi ci rivelano i loro pensieri migliori» (René Descartes in “Il discorso del metodo”, Leida, 1637). Qualche secolo dopo Marcel Proust dice invece che: «La lettura, al contrario della conversazione, consiste, per ciascuno di noi, nel ricevere un pensiero nella solitudine, continuando cioè a godere dei poteri intellettuali che abbiamo quando siamo soli con noi stessi e che invece la conversazione vanifica, a poter essere stimolati, a lavorare su noi stessi nel pieno possesso delle nostre facoltà spirituali. (…) Ogni lettore, quando legge, legge sé stesso. L’opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, sClaudio libro, non avrebbe forse visto in sé stesso.» (Marcel Proust, in “Sur la lecture”, pubblicato su “La Renaissance Latine”, 15 giugno 1905 | In italiano, Marcel Proust, “Del piacere di leggere”, Passigli ed., Firenze-Antella, 1998, p.30). Tu cosa ne pensi in proposito? Cos’è oggi leggere un libro? È davvero una conversazione con chi lo ha scritto, come dice Cartesio, oppure è “ricevere un pensiero nella solitudine”, ovvero, “leggere sé stessi” come dice Proust? Dicci il tuo pensiero…

Entrambe le funzioni, si ritrova se stessi e si scoprono gli altri, anche lontanissimi, ed entrambe queste funzioni sono avvincenti. Purtroppo, le nuove generazioni non leggono fin da piccoli e hanno difficoltà di linguaggio, che è poi pensiero. Siamo tutti travolti dai ritmi di vita e dai sistemi di comunicazione di oggi. La lettura è un grande arricchimento e piacere, ma forse non abbiamo più così alti livelli di opere letterarie che interpretino la nostra epoca e la nostra anima. Questi bisogni sono più soddisfatti dai rapidi onnipresenti social, ma è insostituibile avere la formazione delle grandi letture.

«Non mi preoccupo di cosa sia o meno una poesia, di cosa sia un romanzo. Li scrivo e basta… i casi sono due: o funzionano o non funzionano. Non sono preoccupato con: “Questa è una poesia, questo è un romanzo, questa è una scarpa, questo è un guanto”. Lo butto giù e questo è quanto. Io la penso così.» (Ben Pleasants, The Free Press Symposium: Conversations with Charles Bukowski, “Los Angeles Free Press”, October 31-November 6, 1975, pp. 14-16.) Secondo te perché un romanzo, un libro, una raccolta di poesie abbia successo è più importante la storia (quello che si narra) o come è scritta (il linguaggio utilizzato più o meno originale, armonico, musicale, accattivante per chi legge), volendo rimanere nel concetto di Bukowski

Nessuno ha mai fatto letteratura senza autenticità di bisogno comunicativo. Nessuno solo con storie, temi avvincenti o attuali e neppure perfino solo con la profondità dei pensieri. È il modo, il talento che fa la differenza. E questo corre su strade sempre personalissime e divergenti, spiazzanti. Il successo non sempre si è associato al grande talento. Ma alla fine resta il talento.

«Direi che sono disgustato, o ancor meglio nauseato… C’è in giro un sacco di poesia accademica. Mi arrivano libri o riviste da studenti che hanno pochissima energia… non hanno fuoco o pazzia. La gente affabile non crea molto bene. Questo non si applica soltanto ai giovani. Il poeta, più di tutti, deve forgiarsi tra le fiamme degli stenti. Troppo latte materno non va bene. Se il tipo di poesia è buona, io non ne ho vista. La teoria degli stenti e delle privazioni può essere vecchia, ma è diventata vecchia perché era buona … Il mio contributo è stato quello di rendere la poesia più libera e più semplificata, l’ho resa più umana. L’ho resa più facile da seguire per gli altri. Ho insegnato loro che si può scrivere una poesia allo stesso modo in cui si può scrivere una lettera, che una poesia può perfino intrattenere, e che non ci deve essere per forza qualcosa di sacro in essa.» (Intervista di William Childress, Charles Bukowski, “Poetry Now, vol. 1, n.6, 1974, pp 1, 19, 21.). Tu da poeta cosa ne pensi in proposito? Ha ragione Bukowski a dire queste cose? Cosa è oggi la poesia per te, riprendendo il pensiero di Bukowski?

Certo ha scritto poesie così. Oggi nessuno si sconvolge per scelte tematiche e lessicali più popolari, ma nessuno è poeta facilmente, ricalcando il linguaggio convenzionale, il poeta crea sempre un linguaggio. Sul fatto che poi i poeti siano dei maledetti… è statistico. Hanno la pelle dei poeti, fragile, rarità profonda e preziosa.

«Il ruolo del poeta è pressoché nullo… tristemente nullo… il poeta, per definizione, è un mezzo uomo – un mollaccione, non è una persona reale, e non ha la forza di guidare uomini veri in questioni di sangue e coraggio.» (Intervista ad Arnold Kaye, Charles Bukowski Speaks Out, “Literary Times”, Chicaco, vol 2, n. 4, March 1963, pp. 1-7). Qual è la tua idea in proposito rispetto alle parole di Bukowski? Cosa pensi del ruolo del poeta nella società contemporanea, oggi social e tecnologica fino alla esasperazione? Oggi al poeta, secondo te, viene riconosciuto un ruolo sociale e culturale, oppure, come dice Bukowski, fa parte di una “élite” di intellettuali che si autoincensano reciprocamente, una sorta di “club” riservato ed esclusivo, senza incidere realmente nella società e nella cultura contemporanea?  

I poeti non sono misurabili con la loro capacità di essere guide sociali … ci sono stati poeti capaci di incidere sui fenomeni storici -politici, eccome… ci sono consorterie più o meno interessanti, a mio avviso poco capaci di valorizzare chi ha talento, di avere un pubblico adeguatamente formato … Ognuno ha la sua vocazione …Tutti ci colgono l’anima, ci portano nella profondità, nelle emozioni  … sono spazi di libertà e di verità dell’anima… più di così … poi il mondo ascolta chi e cosa vuole ascoltare. Ignora poeti colti, ma crea degli idoli per una canzone. Forse la canzone ha preso per lo più il posto di questo bisogno degli uomini di esprimere emozioni e pensieri in poesia. Purtroppo non tutte le canzoni hanno grandi livelli.

«Io vivo in una specie di fornace di affetti, amori, desideri, invenzioni, creazioni, attività e sogni. Non posso descrivere la mia vita in base ai fatti perché l’estasi non risiede nei fatti, in quello che succede o in quello che faccio, ma in ciò che viene suscitato in me e in ciò che viene creato grazie a tutto questo… Quello che voglio dire è che vivo una realtà al tempo stesso fisica e metafisica…» (Anaïs Nin, “Fuoco” in “Diari d’amore” terzo volume, 1986). Cosa pensi di queste parole della grandissima scrittrice Anaïs Nin? E quanto l’amore e i sentimenti così poderosi sono importanti per te e incidono nella tua scrittura, nella tua arte e nel tuo lavoro?

I miei libri non danno un’immagine semplice dell’amore e della vita … c’è una realtà umana che cerchiamo di semplificare e sinceramente razionalizzare… ma poi la nostra dimensione è spesso assai più complessa. Per me è importante immergersi in questo mondo interno, la scrittura poetica è una finestra potentissima di scoperta ed espressione di un mondo spesso altrimenti soffocato eppure essenziale.

«Lasciate che vi dia un suggerimento pratico: la letteratura, la vera letteratura, non dev’essere ingurgitata come una sorta di pozione che può far bene al cuore o al cervello – il cervello, lo stomaco dell’anima. La letteratura dev’essere presa e fatta a pezzetti, sminuzzata, schiacciata – allora il suo squisito aroma lo si potrà fiutare nell’incavo del palmo della mano, la potrete sgranocchiare e rollare sulla lingua con gusto; allora, e solo allora, il suo sapore raro sarà apprezzato per il suo autentico calore e le parti spezzate e schiacciate si ricomporranno nella vostra mente e schiuderanno la bellezza di un’unità alla quale voi avrete dato qualcosa del vostro stesso sangue» (Vladimir Nabokov, “Lezioni di letteratura russa”, Adelphi ed., Milano, 2021). Cosa ne pensi delle parole di Nabokov a proposito della lettura? Come dev’essere letto un libro, secondo te, cercando di identificarsi liberamente con i protagonisti della storia, oppure, lasciarsi trascinare dalla scrittura, sminuzzarla nelle sue componenti, per poi riceverne una nuova e intima esperienza che poco ha a che fare con quella di chi l’ha scritta? Qual è la tua posizione in merito?

Difficilmente chi legge tantissimo legge bene. È chiaro che il libro è di chi lo ha scritto, posso leggerlo e capirlo a fondo o no, documentarmi. Tutto è possibile, non ci sono che tristi percorsi obbligati, in ogni caso deve lasciare una traccia. Alcuni leggono per moda, poi resta impressione di persone comunque avulse dalla profondità originale.

Se per un momento dovessi pensare alle persone che ti hanno dato una mano, che ti hanno aiutato significativamente nella tua vita professionale e umana, soprattutto nei momenti di difficoltà e di insicurezza che avrai vissuto, che sono state determinanti per le tue scelte professionali e di vita portandoti a prendere quelle decisioni che ti hanno condotto dove sei oggi, a realizzare i tuoi sogni, a chi penseresti? Chi sono queste persone che ti senti di ringraziare pubblicamente in questa intervista, e perché proprio loro?

Ci sono stati gli amici artisti come il grande Maestro scultore Vincenzo Gennaro che mi ha regalato splendide opere originali per le copertine, tutti i miei relatori e le rare amicizie più profonde della mia vita.

Gli autori e i libri che, secondo te, andrebbero letti assolutamente quali sono? Consiglia ai nostri lettori almeno tre libri da leggere nei prossimi mesi dicendoci il motivo della tua scelta.

Non consiglio! Ma tre libri di poeti tre grandi prendeteli in mano, Ungaretti, Montale, Neruda. È un immergersi nell’anima, con un rapimento che non ha eguali e parlano di temi vari assai importanti, sempre attuali, storici ed esistenziali, veri paradigmi della condizione umana .Hanno stili potenti e personalissimi.

… e tre film da vedere? E perché, secondo te, proprio questi?

Ricordo film che raccontavano un’epoca come Hair, Gruppo di famiglia in un interno così profondo, La tregua di Francesco Rosi che magistralmente rende un capolavoro letterario ed una testimonianza che non può perire. Film del passato, come in molti ambiti mi pare oggi ci siano produzioni inferiori. Amo i film storici e le trasposizioni di opere letterarie, quando sono di alto livello il cinema produce grandi effetti. Vorrei che la poesia fosse quotidiana come il cinema, diffusa, presente.

Ci parli dei tuoi imminenti e prossimi impegni culturali e professionali, dei tuoi lavori in corso di realizzazione? A cosa stai lavorando in questo momento? In cosa sei impegnata che puoi raccontarci?

Scrivo sempre, ma non è facile arrivare ad un pubblico consapevole per me purtroppo. Tanto amo scrivere, quanto detesto apparire. Dovrebbero essere le case editrici a pubblicizzare e organizzare, ma questo avviene raramente per la poesia oggi.

Dove potranno seguirti i nostri lettori?

I libri sono presenti on line su Antipodes e tutti i principali stores come Amazon, Ibs, Mondadori Store, Feltrinelli, e in qualsiasi libreria voglia ordinarli. Poi Le poesie sono lette anche su Facebook, YouTube TikTok da artisti amici attori palermitani come Giorgio Barone, Maria Rosa Randazzo, Bibi Bianca.

Come vuoi concludere questa chiacchierata e cosa vuoi dire a chi leggerà questa breve intervista?

Vi ringrazio veramente, spero avere nuovi lettori e li invito a cercarmi. Con alcuni dei miei lettori, mai visti prima, sono nate bellissime amicizie e scambi di anima.

Rita Saccone

https://www.facebook.com/rita.saccone.90

Rita Saccone

Il libro:

Rita Saccone, “Anima di carne”, Antipodes ed., Palermo, 2024

https://www.antipodes.it/prodotti/scheda-prodotto.asp?id=397

Gli altri libri di Rita Saccone:

– Nomade di luce, ed Albatris

– Le parole del mio sangue, ed Antipodes

– L’ora senza voce -Primavera 2020, ed Antipodes

– Gli infiniti amanti, ed Antipodes

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