I libri sono come i gatti, ti scelgono.
Ci sono viaggi che dopo aver fatto ti trasformano. Ciò che ti rimane addosso attraversando alcuni posti e vivendo particolari emozioni, aderisce talmente bene alle pareti del tuo profondo essere, che ne diventa parte integrante. È come se l’anima s’affacciasse all’orizzonte e ogni linea che separa la realtà dal sogno, scomparisse portata via da soffi di ampio respiro. Shantaram è uno di quei viaggi!
Shantaram è il titolo del romanzo che in lingua marathi significa: “Uomo di pace” – soprannome del protagonista – che accompagna il lettore in un viaggio lunghissimo dove Gregory David Roberts si manifesta con molteplici facce: turista, affiliato della mafia, amante, medico e per tutta la gente che incontra diventa Linbaba – Lin.
Leggendo la narrazione si comprende dalle prime righe quale sarà l’andamento del cammino emozionale. È immediato l’impatto con l’altezza del “Monumento” che si sta per visitare… perché Shantaram É, un MONUMENTO, in tutto e per tutto!
Si parte con l’odore e il caldo di Bombay che colpisce il protagonista appena arrivato. La descrizione è talmente viva nelle emozioni da riuscire a distinguere ogni singolo odore. Il sudore lo senti scorrere sulla pelle e appiccicarsi agli abiti. Manca il fiato mentre t’immagini in quel luogo dove l’aria rovente sembra sfidarti, e ogni respiro che fai è una “piccola vittoria”, un trofeo da esibire con coraggio e rabbia quando tutto, intorno, somiglia all’ennesima condanna: “l’odore diverso dell’aria…Ora so che è il dolce aroma impregnato di sudore della speranza, che è l’opposto dell’odio; so che è l’aroma acre e soffocante dell’avidità, che è l’opposto dell’amore…È l’aroma di dei, demoni, imperi e civiltà che risorgono e decadono… Fiuti il trambusto…i rifiuti di sessanta milioni di animali, in gran parte topi ed essere umani…L’altra cosa che mi colpì fu il calore…ogni respiro era una piccola vittoria rabbiosa. L’umidità … trasforma tutti in anfibi che respirano acqua nell’aria…ti piace o te ne vai.”
Prabakar è la prima persona che incontra il protagonista sbarcato a Bombay, tra i due nasce una bellissima amicizia. Prabakar introdurrà Lin negli slum – baraccopoli dove vive la gente poverissima – lì, il protagonista eserciterà la professione di dottore facendo leva su nozioni mediche assimilate durante gli anni di tossicodipendenza. Si occuperà della gente che vive in quei posti, senza chieder nulla, proprio da quelle persone verrà soprannominato Shantaram.
Lin è un personaggio dai mille volti, ogni avvenimento si traduce in sentimento. Pena, lacrime, gioia che il lettore subisce e gode al contempo, scorrendo tra le righe il vissuto di un uomo che ama, combatte, sbaglia.
Il fascino di questo bellissimo romanzo sta anche nella capacità dell’autore di proporre a chi legge spunti di riflessione: “…penso che la felicità sia una cosa reale, che esiste veramente…la felicità fa impazzire la gente. È così strana e potente che ci fa ammalare, come un morbo. E la sofferenza è ciò che cura la felicità…il bhari vazan… “Il fardello” …il fardello della felicità può essere alleviato solo dal balsamo della sofferenza…Senza la sofferenza la felicità ci schiaccerebbe.” Quanto povera e distruttiva sarebbe quella felicità che non ha mai assaporato e goduto la sofferenza? Se tutto fosse gioia, la felicità avrebbe il valore sterile di un dialogo tra individui che parlano senza ascoltarsi. Il dolore è necessario alla gioia come la morte è necessaria per dare soccorso alla vita.
“Un mujahidin una volta mi disse che nel corso della vita il fato dà ad ognuno di noi tre maestri, tre amici, tre nemici e tre grandi amori. Ma queste dodici persone sono sempre travestite, e non possiamo scoprire la loro vera identità finché non le amiamo, le conosciamo o le combattiamo.” Sanno di vita e mistero certe parole se si considera il ruolo che alcune persone hanno avuto nella nostra esistenza. Accettiamo di vivere in loro assenza, conservando sottopelle ciò che abbiamo scoperto di noi con la loro presenza.
Un libro in cui si apprezza la densità dei contenuti. La dinamicità della scrittura consente una lettura scorrevole-fluida dalla prima alla millecentosettantasettesima pagina. Si è spettatori e al contempo protagonisti, travolti dalle suggestioni. La narrazione restituisce al lettore immagini di vicende storiche in cui ogni minuziosa descrizione, sembra proiettarlo in quei luoghi. Suoni e respiri attraversano il tempo lasciandone traccia vivida nella mente di chi legge: la resistenza in Afghanistan dove il protagonista combatte al fianco degli stati islamici, la morte di Indira Ghandi, esempi di una narrazione coinvolgente-godibile-edificante sotto ogni punto di vista.
Vorrei scrivere tanto e molto di più, ma la verità è che Shantaram non è semplice da commentare. Un po’ come descrivere il Colosseo… per quanto approfondito sia il racconto e minuziosa la descrizione di suggestioni provate visitando il monumento, nessuno sarà mai in grado di sentire la Magnificenza che vive nell’anfiteatro, finché non è sul posto ad ammirarlo con i propri occhi!
Concludo consigliando la lettura di questo romanzo a chi desidera fare un Magnifico viaggio senza sosta né ritorno, dove azione e colpi di scena spostano bruscamente la coscienza, trascinando il lettore verso un processo di introspezione assai profondo, alla fine del quale rientrerà nella propria vita… trasformato!
Buona lettura.
Namasté