Simonetta Vandone, scrittrice, editor, insegnante di lettere e storia, giornalista e sceneggiatrice | INTERVISTA

da | 20 Luglio 2024 | Interviste, Libri

«La bellezza è la magia più preziosa che abbiamo, è stupore anzitutto, vedere con gli occhi di un bambino il mondo. Stupirsi aumenta le nostre endorfine e scatena benessere interiore. La bellezza è questo. Un mondo nel quale immergersi e nuotare senza mai smettere di vederla e assaporarla.» Simonetta Vandone

Ciao Simonetta, benvenuta e grazie per aver accettato il nostro invito. Come ti vuoi presentare ai nostri lettori che volessero sapere di te quale scrittrice, editor, insegnante di lettere e storia, giornalista e sceneggiatrice?

Buongiorno Andrea e grazie per questa opportunità. Mi presento con piacere ai tuoi lettori che saluto cordialmente. Scrivo da sempre, è questa la prima cosa importante che mi rappresenta, dato che, come accade per ognuno di noi, la “missione”, in questo caso, della mia vita, è quella legata al mondo della scrittura. Lavoro come editor e ghost writer presso un’agenzia americana che opera anche in Italia, e, attraverso il mio lavoro rendo possibile il sogno di molte persone che desiderano vedere pubblicato il proprio scritto. La soddisfazione più grande è ascoltare l’emozione che vibra attraverso la loro voce quando mi ringraziano del lavoro finito. Per molti anni ho lavorato come giornalista radiofonica presso diverse emittenti (Radio Onda Ligure, Lattemiele – Radio Savona Sound – Radio Regione e News 24- e ancora altre) con mansioni di speakeraggio, ambito informazione, cultura e spettacolo. Amo il teatro, ho una compagnia teatrale “Nati da un Sogno” di cui curo la regia e la messa in scena di spettacoli tratti da alcune mie sceneggiature. Ho collaborato a livello nazionale con artisti quali Edoardo Siravo, Paolo Romano ed altri ancora. L’ambito giornalistico mi ha vista collaborare con diverse testate regionali e nazionali anche con la mansione di direttore responsabile. Sono stata consulente culturale per alcuni comuni della Liguria, come Alassio, per i quali ho ideato ed organizzato eventi a carattere internazionale, quali “Oltre lo spazio” due edizioni con la presenza di astrofisici come Franco Pacini, George Coyne, Barbara Gallavotti, Mario Tozzi ed altri ancora che hanno onorato con la loro presenza il mio lavoro. Sono tante, Andrea, le aree che mi interessano e a cui dedico il mio lavoro e spazio vitale. Ho realizzato quattro edizioni di “Progetto Donna”, caffè letterario con incontri e dibattiti nel comune di Alassio.

Chi è invece Simonetta Donna al di là della tua professione e dell’essere una scrittrice, editor, appassionata di scrittura e letteratura? Cosa puoi raccontarci di te e della tua quotidianità oltre il lavoro?

Bella domanda… Sono una donna, credo di poterlo affermare, “curiosa” della vita e delle sue manifestazioni. Amo la filosofia, la letteratura, amo l’arte. Nella mia quotidianità molto tempo lo dedico alla famiglia, sono sposata e ho due figli, altrettanti nipoti meravigliosi. Sto vivendo, in questo momento l’affanno della malattia del nipotino maschio che ha un problema di salute non facile da risolvere ma sono positiva e credo, con tutta me stessa che supereremo questa fase. Sono figlia di un ex calciatore, il portiere che prese i guanti di Valerio Bacigalupo quando l’aereo del grande Torino precipitò su Superga. Ho la fortuna di avere accanto mia madre, 92 anni, ottima forma e splendida lucidità mentale. Sono cresciuta nell’etica e nel rispetto degli altri, credo che sia corretto imparare ogni giorno qualcosa e fare “risorsa” anche dagli aspetti meno piacevoli. C’è sempre un perché, ciò che conta è imparare.

Qual è il tuo percorso accademico, formativo, professionale ed esperienziale che hai seguito e che ti ha portato a fare quello che fai oggi nel vestire i panni di scrittrice, editor, insegnante di lettere e storia, giornalista e sceneggiatrice?

Naturalmente studi nel campo umanistico, Lettere a Torino, area artistica, esperienza professionale in campo giornalistico con studi approfonditi per ricoprire ruoli e incarichi nell’ambito radiofonico, gavetta, come si suol dire, com’è giusto che sia per imparare il mestiere. Stare dietro al microfono mi è sempre piaciuto e ha sempre stimolato il mio desiderio di conoscere. Ed è stato grazie a questa esperienza radiofonica che sono venuta a contatto con tante realtà e personalità notevoli che mi hanno lasciato un bel bagaglio. Il mio grande Maestro, quando ero molto giovane è stato Giorgio Albertazzi, il primo che ha dato fiducia ai miei scritti, mi ha insegnato molto nell’ambito della scrittura teatrale. Le sue lettere, la sua amicizia sono stati un dono prezioso per me. Ho insegnato per breve tempo dato che per motivi personali ho lasciato la città dove sono nata, Torino, e mi sono trasferita in Liguria dove abito e vivo anche oggi. Alla carriera di insegnante ho preferito quella giornalistica, ma i corsi di scrittura creativa ed emozionale, quelli, ho continuato a farli. Oggi mi dedico totalmente alla scrittura personale, e, come già spiegato, lavoro come editor e ghost writer.

Come nasce la tua passione per scrittura, per i libri, per le sceneggiature, per l’editoria e per il lavoro che fai oggi? Chi sono stati i tuoi maestri e quali gli autori che da questo punto di vista ti hanno segnata e insegnato ad amare i libri, le storie da scrivere e raccontare, e il mondo letterario?

Ho sempre dedicato molto spazio alla lettura. Leggere è fondamentale per assimilare il vissuto e la profondità dell’altro, imparare a scrivere correttamente. Amo molto ri-leggere, infatti adoro i classici che puntualmente riprendo e ri-leggo, Pirandello, Calvino, ma anche Marquez, Pasolini, Svevo, Pavese… Sono davvero tanti, elencarli tutti è impossibile. La mia passione nasce dal desiderio di voler dare colore e forma al pensiero, attraverso la scrittura e la sua analisi. Non sono mai abbastanza soddisfatta e per questo divento analitica anche se amo lo stimolo istintivo della penna che scorre sul foglio.

La sceneggiatura teatrale ho imparato ad amarla con Giorgio Albertazzi, quando lui scriveva copioni, come Uomo e Sottosuolo, Antonio e Cleopatra, per citarne un paio, mi faceva parte del suo lavoro, ed è stato molto istruttivo e formativo. I corsi che frequentavo, nell’area artistica dell’università erano all’epoca interessantissimi, si poteva conoscere da vicino uomini e donne dello spettacolo che rappresentavano il fondamento dell’arte teatrale, come Romolo Valli, Rosella Falk, Vittorio Gassman, Carmelo Bene, Gabriele Lavia, per citarne alcuni.

Il mondo letterario è sempre una scoperta, un autore “nuovo” una promessa da sostenere, anche se il mondo dell’editoria è complicato in Italia.

A maggio scorso hai pubblicato “Come Petali di un Fiore. Incontri”. Come nasce questo libro, quale l’ispirazione che l’ha generato, quale il messaggio che vuoi che arrivi al lettore, quali la storia che ci racconti senza ovviamente fare spoiler? Insomma, raccontaci di questa tua ultima opera letteraria.

“Come petali di un fiore. Incontri” nasce da un lungo percorso interiore, non facile e non privo di diversi momenti metabolizzati con pause nel corso della scrittura indispensabili per arrivare fino in fondo. La storia che racconto è quella dell’”io narrante” imprigionato dentro il labirinto di sé stesso, a porsi domande, a cercare di darsi alcune rispose. In questo labirinto incontra undici personalità del passato che vengono a riproporsi con un messaggio, un momento di vita. Nel labirinto, lo spazio e il tempo assumono una visione diversa, più metafisica e meno razionale. Tutto può accadere, tutto è stimolante e possibile. Undici forme verbali, riflessioni che anticipano ogni incontro caratterizzato sempre dalla presenza di un fiore, simbolo di bellezza e caducità. Questo lavoro mi ha dato molto, in termini di crescita personale con la speranza che possa rappresentare motivo di stimolo a riflettere per il lettore. Posso, in ultima analisi, affermare che pongo domande lasciando libero spazio, a chi legge, di dare le proprie risposte.

Una domanda difficile, Simonetta: perché i nostri lettori dovrebbero comprare “Come Petali di un Fiore. Incontri”? Prova a incuriosirli perché vadano in libreria o nei portali online per acquistarlo.

Sognare? Riflettere? Pensare e lasciarsi andare al proprio mondo interiore con spontanea autenticità. Cogliere la sfida per percorrere una strada, a volte impervia, ma credo anche molto stimolante. Una persona che l’ha letto mi ha ringraziata e mi ha dedicato una bellissima frase:

“è stato come fare un viaggio dentro me stesso, con pause, sorrisi e lacrime sempre pregni di emozione. L’ho letto ma lo rileggerò, perché molti passaggi sono davvero sublimi”.

Diverse persone, che tra l’altro non conosco affatto, mi hanno inviato messaggi disparati e commoventi. Ecco perché credo che sia piacevole poter accedere alla lettura del mio libro. Inoltre, i proventi delle vendite andranno, se riuscirò a raggiungere un buon successo, al reparto di oncologia di un noto ospedale pediatrico.

In Italia ogni anno si pubblicano oltre 80 mila nuovi titoli, con le oltre 2000 Case Editrici attive nel nostro Paese. La media ponderata di vendita di ogni nuovo titolo è di circa 50 copie; mentre chi legge effettivamente tutta l’opera letteraria acquistata non supera il 10%, il che vuol dire che delle 50 copie vendute solo 5 copie vengono effettivamente lette da chi le acquista in libreria o nei distributori online. In Italia il numero di lettori assidui, che acquistano e leggono almeno 2 libri al mese, non supera il milione di abitanti. Partendo da questo dato numerico, che per certi versi fa impressione e ci dice chiaramente che in Italia non si legge o si legge pochissimo, secondo te cosa si dovrebbe fare per migliorare questa situazione? Cosa dovrebbero fare gli editori, gli autori, ma anche le Agenzie Letterarie, per far aumentare il numero dei lettori e degli appassionati ai romanzi, ai racconti, alle poesie e alle storie da leggere?

Hai toccato un tasto dolente. Credo che anzitutto sarebbe importante aprire le porte al mondo del libro. Non farne una casta, una cosa per pochi eletti. Aprire, per me significa portare il libro nelle scuole in maniera meno didattica, ma più fruibile e veloce, organizzare molte presentazioni in diversi ambiti, non pensare che le case editrici più importanti debbano detenere lo scettro. La lettura deve essere per tutti, gli autori sconosciuti devono avere la possibilità di farsi conoscere e apprezzare. La scrittura e il libro sono le armi preziose che abbiamo per vivere meglio, non hanno controindicazioni. Leggere agli anziani nelle case di riposo, giocare con i bambini con i libri, far sì che gli insegnanti siano più malleabili in tema didattico. Non credo che sia solo teoria, è necessario agire per far sì che il mondo del libro diventi pane quotidiano. Forse è più facile “non leggere”, “non pensare” … La vita è già tanto complicata, eppure tra le pagine scritte è possibile trovare stimoli e risposte e far crescere in maniera considerevole le personali potenzialità di ognuno. Editori, autori e agenzie letterarie dovrebbero smettere di pensare solo al tornaconto economico, fondamentale certo, ma non unica risorsa.

«… mi sono trovato più volte a riflettere sul concetto di bellezza, e mi sono accorto che potrei benissimo (…) ripetere in proposito quanto rispondeva Agostino alla domanda su cosa fosse il tempo: “Se nessuno me lo chiede, lo so; se voglio spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so.”» (Umberto Eco, “La bellezza”, GEDI gruppo editoriale ed., 2021, pp. 5-6). Per te cos’è la bellezza? La bellezza letteraria e della scrittura in particolare, la bellezza nell’arte, nella cultura, nella conoscenza… Prova a definire la bellezza dal tuo punto di vista. Come si fa a riconoscere la bellezza secondo te?

La bellezza è la magia più preziosa che abbiamo, è stupore anzitutto, vedere con gli occhi di un bambino il mondo. Stupirsi aumenta le nostre endorfine e scatena benessere interiore. La bellezza è questo. Un mondo nel quale immergersi e nuotare senza mai smettere di vederla e assaporarla. Nella parola c’è bellezza ed emozione e l’arte di saperla usare aiuta a scoprirla e ad assaggiarla. La bellezza è ovunque e in nessun luogo. Dipende dai nostri occhi, se sanno coglierla e vederla, appare e si manifesta piena di luce. Per me la bellezza è una farfalla che vola davanti ai miei occhi e sparisce dietro ad un fiore, è il fiore semplice che vibra sul ciglio della strada, sono gli occhi di un cane randagio che chiedono amore, la mano di una madre… Bellezza è il diaframma dell’alba quando il giorno nasce e il canto dell’usignolo saluta il risveglio… Ricordi la sindrome di Stendhal? Quando mi reco a Firenze, città che amo molto, capisco cosa abbia provato lo scrittore. Il Rinascimento è stato l’esempio di una bellezza condivisa, il respiro che eleva a vette altissime, e la prova che noi esseri umani abbiamo necessità di volare e di toccarle, almeno con lo sguardo.

«La lettura di buoni libri è una conversazione con i migliori uomini dei secoli passati che ne sono stati gli autori, anzi come una conversazione meditata, nella quale essi ci rivelano i loro pensieri migliori» (René Descartes in “Il discorso del metodo”, Leida, 1637). Qualche secolo dopo Marcel Proust dice invece che: «La lettura, al contrario della conversazione, consiste, per ciascuno di noi, nel ricevere un pensiero nella solitudine, continuando cioè a godere dei poteri intellettuali che abbiamo quando siamo soli con noi stessi e che invece la conversazione vanifica, a poter essere stimolati, a lavorare su noi stessi nel pieno possesso delle nostre facoltà spirituali. (…) Ogni lettore, quando legge, legge sé stesso. L’opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in sé stesso.» (Marcel Proust, in “Sur la lecture”, pubblicato su “La Renaissance Latine”, 15 giugno 1905 | In italiano, Marcel Proust, “Del piacere di leggere”, Passigli ed., Firenze-Antella, 1998, p.30). Tu cosa ne pensi in proposito? Cos’è oggi leggere un libro? È davvero una conversazione con chi lo ha scritto, come dice Cartesio, oppure è “ricevere un pensiero nella solitudine”, ovvero, “leggere sé stessi” come dice Proust? Dicci il tuo pensiero…

Credo entrambe le cose. Da un lato ho sempre pensato che la vita sia un grande palcoscenico all’interno del quale ognuno di noi “recita” la sua parte. Molto pirandelliano. Da un lato ho sempre anche pensato che l’altro sia uno specchio di noi, con il quale ci confrontiamo e, spesso le nostre reazioni di fronte a quel nostro sé nascosto che ci viene rivelato attraverso l’altro da noi, ci irrita, ci percuote, ci stupisce. Il libro è specchio e conversazione con chi lo ha scritto vanificandolo… Mi spiego meglio. Credo che ogni autore, offrendo la propria disponibilità alla lettura del suo testo, si comporti come un prisma capace di colorare la luce di mille sfumature. L’autore perde la sua identità, quella la manterrà solo per sé stesso, lasciando gioco all’interpretazione del lettore. Proust ha ragione, secondo il mio pensiero ha visto bene affermando come il libro sia solo uno strumento ottico in grado di svelare qualcosa che altrimenti potrebbe rimanere nascosto. Criptico. Il libro è molte cose: in realtà è un mistero così grande che tentare di svelarlo è addirittura un peccato.

«Non mi preoccupo di cosa sia o meno una poesia, di cosa sia un romanzo. Li scrivo e basta… i casi sono due: o funzionano o non funzionano. Non sono preoccupato con: “Questa è una poesia, questo è un romanzo, questa è una scarpa, questo è un guanto”. Lo butto giù e questo è quanto. Io la penso così.» (Ben Pleasants, The Free Press Symposium: Conversations with Charles Bukowski, “Los Angeles Free Press”, October 31-November 6, 1975, pp. 14-16.) Secondo te perché un romanzo, un libro, una raccolta di poesie abbia successo è più importante la storia (quello che si narra) o come è scritta (lo stile, la trama, il linguaggio utilizzato, più o meno originale, armonico, musicale, accattivante per chi legge), volendo rimanere nel concetto di Bukowski? Tu cosa ne pensi in proposito, alla luce della tua esperienza e del tuo punto di vista privilegiato?

Etichettare un lavoro e definirlo in qualche modo aiuta semplicemente a percepirlo… Il genio di Bukowski ha spazzato via questa problematica con grande semplicità, ma in fondo ha ragione, “o funzionano o non funzionano”. Tutto è importante, non solo la trama, e come è scritta, ma anche i particolari, le sfumature, il lessico. Pensiamo quanto siamo condizionati dal nome dell’autore ancora prima di leggere il suo lavoro. Sarebbe interessante rendere anonima la firma e svelarla solo dopo aver letto il suo libro. Credo che le sorprese sarebbero molte. In fondo un libro è un mosaico di complessità: emozioni, personaggi, luoghi. Penso alla incredibile capacità di Marquez di regalarci la possibilità di volare attraverso la sua visione magica della vita e delle cose. Etichettarlo serve a poco, quello che conta è la mente del lettore, la sua intelligenza, la sua irrazionale razionalità, la sua voglia di andare “oltre” ogni volta che tiene un volume fra le mani.

«Lasciate che vi dia un suggerimento pratico: la letteratura, la vera letteratura, non dev’essere ingurgitata come una sorta di pozione che può far bene al cuore o al cervello – il cervello, lo stomaco dell’anima. La letteratura dev’essere presa e fatta a pezzetti, sminuzzata, schiacciata – allora il suo squisito aroma lo si potrà fiutare nell’incavo del palmo della mano, la potrete sgranocchiare e rollare sulla lingua con gusto; allora, e solo allora, il suo sapore raro sarà apprezzato per il suo autentico calore e le parti spezzate e schiacciate si ricomporranno nella vostra mente e schiuderanno la bellezza di un’unità alla quale voi avrete dato qualcosa del vostro stesso sangue» (Vladimir Nabokov, “Lezioni di letteratura russa”, Adelphi ed., Milano, 2021). Cosa ne pensi delle parole di Nabokov a proposito della lettura? Come dev’essere letto un libro, secondo te, cercando di identificarsi liberamente con i protagonisti della storia, oppure, lasciarsi trascinare dalla scrittura, sminuzzarla nelle sue componenti, per poi riceverne una nuova e intima esperienza che poco ha a che fare con quella di chi l’ha scritta? Qual è la tua posizione in merito?

Come dicevo, sono convinta che una volta che un libro viene pubblicato non appartenga più all’autore. Ogni riga del testo è stata presa e sgranocchiata, sminuzzata, tagliata. Ogni mente legge con la sua ragione e il suo personalissimo taglio mentale. Ovviamente ci sono capolavori indiscussi nei confronti dei quali tutti si trovano d’accordo, perle nei confronti delle quali non possiamo che inchinarci per tanta bellezza. “Tanto gentile e tanto onesta pare la donna mia…” di Dante fa del Dolce Stil Novo un lieve macigno (ossimoro) in letteratura… “Sempre caro mi fu quest’ermo colle…” di Leopardi apre il cuore ai suoi quindici endecasillabi sciolti e fa di questa lirica, un dolce miele per la mente e il cuore. Ogni persona accoglie la bellezza e interpreta a modo suo un’opera pur riconoscendone l’universalità, la bellezza infinita. Credo che la parte migliore stia proprio nel poter “assaggiare” un testo, e farlo proprio. Un libro in scaffale è come un piatto nel menù di un ristorante, può piacere o meno. La bravura e la capacità dell’autore rimangono un dato di fatto ma il resto è relativo a chi si accosta a quel testo, a chi lo assaggia e lo gusta.

«Per quanto riguarda i corsi di scrittura io li chiamo Club per cuori solitari. Perlopiù sono gruppetti di scrittori scadenti che si riuniscono e … emerge sempre un leader, che si autopropone, in genere, e leggono la loro roba tra loro e di solito si autoincensano l’un l’altro, e la cosa è più distruttiva che altro, perché la loro roba gli rimbalza addosso quando la spediscono da qualche parte e dicono: “Oh, mio dio, quando l’ho letto l’altra sera al gruppo hanno detto tutti che era un lavoro geniale”» (Intervista a William J. Robson and Josette Bryson, Looking for the Giants: An Interview with charles Bukowski, “Southern California Literary Scene”, Los Angeles, vol. 1, n. 1, December 1970, pp. 30-46). Ha ragione Bukowski a dire queste cose a proposito di coloro che frequentano corsi di scrittura creativa? Cosa ne pensi in merito? Pensi che servano davvero per imparare a scrivere anche se il talento non c’è? Come si diventa grandi e apprezzati scrittori, secondo te, alla luce della tua esperienza di scrittrice e editor?

I corsi di scrittura creativa, che personalmente ho frequentato e poi proposto, li penso come “palestre” per allenarsi con la parola. Non serve, come accade per ogni cosa purtroppo, cercare di emergere e di fare meglio dell’altro dato che non c’è un meglio ma solo la propria voglia di mettersi in gioco psicologicamente con sé stesso. Il confronto è risorsa, aiuta se si ha l’umiltà di imparare dall’altro. La scuola, secondo il mio modo di vedere non ha mai aiutato in questa direzione perché la didattica e la “prigione” che l’insegnante propone, cercando l’errore per renderlo quale baluardo del suo insegnamento, deturpa la bellezza istintiva e profonda di ogni persona. Non si insegna a scrivere, si propongono temi in classe senza approcciare al modo in cui questi temi potrebbero essere scritti. Sarebbe un lungo discorso da affrontare. Come si diventa grandi scrittori? In verità credo che ci siano molti bravi e grandi scrittori perfettamente sconosciuti. Non è una società che si basa sulla meritocrazia, lo sappiamo bene… In libreria possiamo leggere titoli di personaggi dello spettacolo, cantanti, attori, calciatori e via dicendo, che si appoggiano in tutto e per tutto alla professionalità di un bravo editor se non di un ghost writer per sbandierare la propria bravura. Loro il nome lo usano per farsi pubblicare, senza intoppi e problemi dalle grandi case editrici che vedono il lato economico e lo sfruttano. Ho detto tutto…

«Io vivo in una specie di fornace di affetti, amori, desideri, invenzioni, creazioni, attività e sogni. Non posso descrivere la mia vita in base ai fatti perché l’estasi non risiede nei fatti, in quello che succede o in quello che faccio, ma in ciò che viene suscitato in me e in ciò che viene creato grazie a tutto questo… Quello che voglio dire è che vivo una realtà al tempo stesso fisica e metafisica…» (Anaïs Nin, “Fuoco” in “Diari d’amore” terzo volume, 1986). Cosa pensi di queste parole della grandissima scrittrice Anaïs Nin? E quanto l’amore e i sentimenti così poderosi sono importanti per te e incidono nel tuo lavoro e nella tua vita professionale e privata?

Mi trovo perfettamente in queste parole. Anche per me arde la fornace di emozioni e sensazioni, urla, dentro, la creatività e si dipana attraverso le parole, che sarebbero vuote e sterili se non ci fossero le legna a bruciare e ad alimentare il fuoco sacro indispensabile per dare vita ad un testo. I sentimenti sono sempre poderosi anche quando sono semplici, per il semplice fatto che esistono e si manifestano in così tante modalità che pare impossibile poterle descrivere tutte. Se uno scrittore non sente queste regole interiori difficilmente riuscirà a coinvolgere il lettore, sempre che lo stesso abbia il desiderio di “provare” a comprendere che sia necessario entrare dalla porta, la copertina del libro, e avventurarsi nei corridoi, spesso privi di finestre, ma ricchi di botole e buchi neri. Senza il sentore e l’odore dell’estasi non c’è nulla. Personalmente scrivo accompagnata sempre da questi folletti dispettosi che non posso lasciare mai chiusi nel cassetto, non nella vita, non nella scrittura.

Se per un momento dovessi pensare alle persone che ti hanno dato una mano, che ti hanno aiutata significativamente nella tua vita professionale e umana, soprattutto nei momenti di difficoltà e di insicurezza che avrai vissuto, che sono state determinanti per le tue scelte professionali e di vita portandoti a prendere quelle decisioni che ti hanno condotto dove sei oggi, a realizzare i tuoi sogni, a chi penseresti? Chi sono queste persone che ti senti di ringraziare pubblicamente in questa intervista, e perché proprio loro?

La mia famiglia, i miei genitori, mio marito, i miei figli. Sono loro le persone che hanno sempre creduto in me e mi hanno spronato ad andare avanti, a scrivere, a studiare. Giorgio Albertazzi, alcuni docenti universitari come Roberto Alonge del settore teatro area artistica. Alcuni amici con i quali ho intrattenuto piacevoli discussioni in tema, la mia compagnia teatrale, Nati da un Sogno, e poi scrittori come Calvino, Pirandello, Marqueez, Hesse, che hanno indirettamente ma profondamente formato la mia missione alla scrittura.

Gli autori e i libri che secondo te andrebbero letti assolutamente quali sono? Consiglia ai nostri lettori almeno tre libri da leggere nei prossimi mesi dicendoci il motivo della tua scelta.

Oltre agli autori che ho citato vorrei suggerire la lettura di Philip Roth, “L’animale morente”, grande esempio di una letteratura americana da non perdere, e poi Alessandro Baricco “Abel” sorprendente testo dove imparare la bellezza di una scrittura pura e capace di stupire e far pensare, pagina dopo pagina e poi il libro postumo di Marquez “Ci vediamo in agosto” dove la magia e la spensierata serietà di Gabo tornano intatte a farci sognare.

… e tre film da vedere? E perché, secondo te, proprio questi?

“Nuovo cinema paradiso” indimenticabile film del 1988 di Giuseppe Tornatore accompagnato dalle note del grande Morricone è uno tra i film più belli e commoventi, sceneggiatura impeccabile. “Bolero (Les uns et les autres) film dell’81 di Claude Lelouch, mi è rimasto nel cuore. La scansione del tempo storico, gli incroci, coincidenze tra i protagonisti che legano la loro esperienza di vita in forti e delicati momenti storici. Imperdibile. “La casa sul lago del tempo” del 2006 diretto da Alejadro Agresti si sviluppa su piani temporali diversi facendo sì che lo spettatore possa immaginare la vita con nuove aperture e possibilità, poco razionali, ma davvero stuzzicanti. E poi “Blade runner”, “Colazione da Tiffany”, “2001 odissea nello spazio” “Frankenstein Junior”….

Ci parli dei tuoi imminenti e prossimi impegni imprenditoriali e professionali, dei tuoi lavori in corso di realizzazione? A cosa stai lavorando in questo momento? In cosa sei impegnata che puoi raccontarci?

Sto lavorando a diversi testi come ghost writer e come editor. In genere lavoro su quattro, cinque testi contemporaneamente ma ad ognuno offro la massima accuratezza e serietà. Costruire romanzi per terze persone arricchisce profondamente la mia natura di donna, grazie alla possibilità di venire in contatto con la vita e le esperienze degli altri che, nella quasi totalità delle volte è davvero stupefacente. C’è molta sofferenza, dolore nelle esperienze di vita ma anche leggerezza e allegria. La soddisfazione più grande è consegnare un lavoro e sentire l’emozione di chi, leggendolo trova sé stesso e piange con gratitudine.

In autunno spero di riuscire a mettere in scena il mio lavoro teatrale “Il fuoco dentro”: un lavoro psicoanalitico molto intenso a cui tengo davvero tanto. Inoltre, vorrei mettere in cantiere la sceneggiatura tratta da un altro mio libro “Una storia semplice, un angelo per due”, che reputo un testo e una possibile pièce teatrale molto carina e interessante.

Ovviamente sto lavorando al prossimo libro… Ma è ancora presto per parlarne; tuttavia, posso anticipare che sarà un testo creato sull’onda dell’emozione che nasce dall’infanzia e si sviluppa attraverso esperienze coincidenti dei personaggi.

Dove potranno seguirti i nostri lettori e dove potranno seguire le attività e le novità della tua attività letteraria e di editor?

Non sono particolarmente “social” ma ho una pagina dedicata alla scrittura su Facebook “Scrivere che passione” e ancora “Scriviconsimo” su Instagram.

Se qualcuno fosse interessato ad un mio intervento come editor o come ghost writer sono disponibile ovviamente a valutare insieme il lavoro da fare. Il mio indirizzo mail: simo27.vandone@gmail.com

Come vuoi concludere questa chiacchierata e cosa vuoi dire a chi leggerà questa intervista?

Credo che nella vita ognuno di noi abbia la sua missione. Samo venuti con un talento e va onorato. Per me è la scrittura. Mi ha colpito molto una frase di Massimo Recalcati: “Il bene è nella realizzazione del proprio desiderio”. Spero che le persone che hanno avuto la pazienza di leggere questa piacevolissima intervista, abbiano desiderio di accostarsi al mio ultimo lavoro “Come petali di un fiore”.

A te, Andrea, un grazie di cuore per l’opportunità, un “grazie” che estendo a tutti i tuoi lettori.

Simonetta Vandone

https://www.facebook.com/simonetta.vandone

Il libro:

Simonetta Vandone, “Come Petali di un Fiore. Incontri”, Independently published, 2024

https://amzn.eu/d/03HOCCuh

Simonetta Vandone

Andrea Giostra

https://www.facebook.com/andreagiostrafilm

https://andreagiostrafilm.blogspot.it

https://www.youtube.com/channel/UCJvCBdZmn_o9bWQA1IuD0Pg

Articoli correlati

Pin It on Pinterest

Share This